Premetto che l'intervista e il video sono in spagnolo e non esiste in inglese altrimenti l'avrei affidata a mani migliori
Ho provato a tradurre
michaeljacksonmusicandme.blogspot.com/2009_08_01_archive.html
La prima volta che la pittrice aragonese Nati Cañada vide Michael Jackson in persona fu il 23 di settembre di 1992 nel madrileno stadio di calcio Vicente Calderón, ma i due li separava un enorme scenario e migliaia di fans impazziti.
Due anni prima, gli avevano incaricato un ritratto del re del pop ed ella voleva vedere come si muoveva e che cosa trasmetteva questo artista di masse sopra allo scenario. 'Jacko' era immerso nella suo tour Dangerous World Tour e l'immagine che trasmise a Cañada fu quella di "una persona aggressiva e forte."
Un'opinione che cambiò completamente quando lo conobbe a Los Angeles il giorno che posò per lei, nel 1993. La fitta agenda della star aveva ritardato quasi l'incontro due anni, ma finalmente ebbe luogo in casa del 'responsabile' che questo appuntamento fosse possibile, il chirurgo plastico Steven Hoefflin, gran amico del cantante e Cañada che aveva dipinto anni addietro.
"Michael conobbe il mio lavoro grazie al dottore. Io gli feci un ritratto in bianco e quando egli lo vide disse che quello è quello che stava cercando, un quadro dove apparisse tutto bianco", ricorda Cañada, chi non può evitare di sorridere davanti ai commenti che questa dichiarazione poteva suscitare.
L'appuntamento lo programmò la rappresentante dell'attore, Evy Tabaschi, in casa di questo chirurgo, responsabile dei ritocchi di artisti tanto conosciuti come Elisabeth Taylor o Sofía Loren e che, nonostante essere amico personale del cantante, non ebbe mai niente a che vedere nei suoi interventi plastici.
Una breve seduta
Michael arrivava da un viaggio alle sette della mattina ed alle nove doveva registrare negli studi. Due ore era il tempo del quale disponevano per questa prima ed unica seduta, al quale arrivò vestito con un cappello ed un paio di occhiali di colore nero ed un impermeabile chiaro. La sua chioma riccia era raccolta in un codino, benché dopo nel quadro originale l'artista appaia coi capelli sciolti.
In appena due ore, l'autore di 'Thriller'si è cambiato i vestiti e si mise una camicia bianca ed un paio di jeans, discorse con la pittrice, videro fotografie di altri ritratti e si lasciò fotografare durante vari minuti, nonostante la negazione iniziale dei suoi rappresentanti che permettevano di fargli una sola foto. Alla fine, Nati Cañada potè tirare una bobina intera di foto "che non vedranno mai la luce perché io gli diedi la mia parola e rimarranno per sempre nascoste nella mia casa."
Durante la sessione, parlarono un po' di pittura mentre egli posava seduto in una poltrona con le braccia penzoloni. "Stemmo appena venti minuti soli, e per quello tempo fu molto gentile con me. Mi sembrò una persona molto educata, ma che non respirava allegria che non era felice", ricorda Cañada.
Agli inizi dell'anno 1996, Nati Cañada si recò a Los Angeles per consegnare il quadro all'artista. Un ritratto in colori bianchi dove vicino all'immagine di Jackson appare in un riquadro piccolo una foto del cantante con cappello ed un spirito che ella dipinse al di sopra dell'artista, in uno degli estremi di quella tela di 120 x 90 centimetri.
Accompagnata dal suo autista, Cañada andò a consegnare il quadro. "Dovetti andare ad un hotel e chiedere di Gari Horne che fu la persona che mi ricevè e salì con me per un ascensore secondario. Tutto molto misterioso. Ma quando arrivo alla stanza e bussai alla porta uscì a ricevermi proprio Michael con suo figlio maggiore in braccia, ed in fondo si sentiva piangere ad un altro bebè che doveva essere la sua bambina. Di nuovo fu amabilísimo con me, disse che il ritratto gli piaceva e che l'idea di mettere lo spirito gli era sembrata molto azzeccata", dice Cañada.
Le sue paure che il quadro non potesse essere di suo gradimento sparirono in un attimo, proprio come gli avevano fatto notare già il dottore Hoefflin e la sua squadra medica a cui gli mostrò l'opera finita un giorno prima, col fine di conoscere la sua opinione.
"You ari great artist, you ari great artist", Tu sei un gran artista, tu sei un gran artista. Così salutò Jackson Cañada dopo l'avere invitata a passare un giorno a Neverland, quel paradiso infantile dove il cantante si trasformava nel bambino che non potè essere mai.
Neverland, il paradiso
Tempo dopo, e davanti all'impossibilità che l'agenda di ambedue coincidesse, Cañada decise di accettare l'invito e visitare Neverland il 28 di settembre di1996. Gayle Gofort si incaricò di servirla in questo percorso per il 'L'isola che non c'è' "Il personale del parco mi disse che Michael aveva ordinato che tutto stesse in funzionamento per quando arrivasse, la ruota, la macchina di popcorn... Mi dissero anche che era un'eccezione aprirlo per una sola persona", sfuma.
Lì, la pittrice percorse il parco in un treno speciale e potè comprovare quel mondo di magia e fantasia che tanto piaceva a Jackson che normalmente lo condivideva con bambini di scuole e centri ospitali. "Era una specie di Disney in miniatura, pieno di caramelle e giocattoli per i piccoli. Un posto magico, tale e come lasciato nel libro di firme, dove ringraziai a Michael per la sua gentilezza", dice Cañada, chi sta scrivendo un libro coi ricordi del suo incontro con Jackson ed altri personaggi influenti che ha ritratto durante la sua vita.
Il ritmo di lavoro dei due artisti ostacolò più incontri, ma dopo il processo per abusare di un minorenne in cui Jackson fu assolto, la pittrice aragonese gli inviò una lettera di appoggio. Benché i cambiamenti costanti di direzione dell'artista provocassero che la missiva fosse restituita.
La settimana scorsa, quando Nati Cañada aveva appreso della morte dell'artista, gli vennero in mente le due volte che si videro. "Io ebbi la fortuna di conoscere la persona ed il personaggio e posso dire a voce alta che ho sempre creduto in lui e che quella persona rara e distante della quale la gente parlava ebbe la gentilezza di darmi la mano in quattro occasioni, di firmarmi un autografo e di preoccuparsi per la mia opera e le mie inclinazioni", conclude l'artista.