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Buonasera a tutti! :)
Finalmente ho finito di scrivere il quinto capitolo. Ho cercato di seguire il consiglio di LSButterfly: questo capitolo è più lungo e, detto sinceramente, mi soddisfa più degli altri che forse prima o poi riprenderò e migliorerò (quantomeno lo scopo è questo). Grazie per il suggerimento. :) Ringrazio tutti per l'attesa e per i commenti.
5.
Esistono un sacco di luoghi in cui Delia non vorrebbe metter piede per alcun motivo e in nessun momento: gli ospedali, per esempio, ma anche i canili, le stanze buie e vuote, i cinema quando il film è iniziato e le luci si sono già abbassate, gli ascensori che scricchiolano, le aule del liceo (cinque anni bastano e avanzano), i parchi pubblici in piena notte, i balconi d'inverno, le sale d'attesa, gli aerei e forse qualcos'altro che ora non le sovviene (parafrasando rispettosamente il Manzoni, la nostra non è certo un cuor di leone). Eppure in questo momento preferirebbe trovarsi in qualunque altro posto, qualunque, anche il più odioso per lei, piuttosto che stare in piedi immobile come una statua su quelle due mattonelle e mezza del pavimento del Black Dog, a metà strada tra il tavolino su cui è seduto Leindert e la porta d'ingresso che ha appena finito di chiudersi, lentamente e pesantemente. Anche l'uomo appena entrato è immobile come lei e forse anche di più, considerato che a causa degli occhiali scuri, del cappello e della sciarpa Delia non riesce ad attribuirgli nessuna espressione, anche se percepisce chiaramente che, dietro le lenti, un paio di occhi la sta osservando piuttosto preoccupato. Il ragazzo dietro di lei invece si schiarisce rumorosamente la gola. Il fantasma ha le spalle contratte, la mano destra leggermente sollevata. Probabilmente, suppone lei, è indeciso se guadagnare subito l'uscita o affrontare l'imprevisto. Sembra quasi che, guardandola, voglia domandarle: “cosa intendi fare? Cosa devo fare?” Delia si lascia fissare per qualche secondo, prima di inspirare una discreta quantità d'aria e di voltarsi indietro verso Leindert, la cui espressione è del tutto indecifrabile. Sembra piuttosto rilassato, ma lei non crede affatto che lo sia davvero (sul palco è un attore sufficientemente convincente). L'azzurro dei suoi occhi manda un bagliore metallico nel momento in cui si alza e si avvicina a lei, sfiorandole la mano sinistra con la sua destra. Stasera entrambi hanno una sola strada possibile ovvero quella che hanno imboccato insieme qualche ora prima, sulla quale i ripensamenti e i dubbi non sono contemplati. Il flusso magnetico degli occhi dell'uomo si sposta su Leindert, che resta perfettamente tranquillo, fintamente a suo agio.
- Salve - dice lui tutt'a un tratto, sfoderando il suo sorriso di presentazione migliore.
- Salve - replica l'altro con una voce strana, che Delia non riconosce subito.
- Si accomodi pure - continua il ragazzo, facendo strada verso il bancone. Il signore lo segue, un po' esitante. E' evidentemente a disagio, come nota Delia mentre li precede spostandosi tra i tavoli.
I due ragazzi salgono sulla pedana rialzata insieme, senza guardarsi negli occhi. Riordinano velocemente le stoviglie abbandonate nel lavandino, cercando così di avvolgere in un'aura di calma il loro ospite. Il fantasma si siede su uno sgabello, un po' discosto da loro, intento a scrutarli a turno sistemandosi meglio la sciarpa intorno al collo con movimenti perfettamente controllati ma che la ragazza percepisce come nervosi. Appena terminata la pulizia, il ragazzo gli si avvicina senza mostrare un minimo segno di nervosismo.
- Io sono Leindert - afferma ostentando sicurezza il ragazzo, scompigliandosi i capelli sulla nuca, - e sono un musicista. Chitarrista, per la precisione.
- Cosa vi porto?- domanda Delia, cercando di apparire il più banalmente normale possibile, con lo straccio per asciugare i piatti ancora in mano. Le sembrano incredibili le maniere con cui Leindert riesce ad essere educatamente precipitoso, e pensa che possa essere una buona idea offrire un contraltare decisamente più dimesso e domestico.
- Un bicchiere d'acqua - mormora l'uomo, pensosamente. E' impeccabilmente seduto senza mostrare alcun movimento, eccezion fatta per tre dita della mano destra che tamburellano pacatamente sul legno lucido. Sta cercando di valutare ciò che ha davanti, deduce la ragazza.
- Jack Daniels liscio - dice Leindert, e nella sua voce non si può non notare un pizzico di eccitazione. Mentre versa le bevande nei bicchieri e vi aggiunge alcuni cubetti di ghiaccio, Delia si ripromette di dargli un dolcissimo premio per l'assoluto autocontrollo e anche per le doti attoriali quando torneranno a casa. Cerca di fare proprio il modus operandi del ragazzo, ripetendo tra sé e sé che tutto andrà bene, perché non stanno facendo nulla di riprovevole e non hanno cattive intenzioni. Vogliono soltanto parlare un po' con un signore colto ed interessante di cui non sanno quasi nulla: quale persona sufficientemente ragionevole, del resto, non sarebbe almeno un po' incuriosita? Consegnate le richieste, prepara per sé un Vodka lemon e si appoggia al bancone accanto al ragazzo, che nel frattempo ha iniziato una fertile discussione musicale della quale lei capisce poco o niente. La sua attenzione si concentra, mentre sorseggia il suo cocktail, sugli occhi di Leindert, nei quali coglie il tentativo preciso di scoprire le carte del suo avversario, che del resto è particolarmente attento a restare sul vago pur essendo preciso e dettagliato nella sua esposizione, come al solito. Delia starebbe ad ascoltarli per ore senza sentire il bisogno di intromettersi. In effetti li ascolta senza inserirsi e senza annoiarsi per poco più di tre quarti d'ora.
- E insomma, ti occupi di musica - riepiloga Leindert alla fine, lasciando perdere le formalità (cosa che gli riesce sempre piuttosto bene, anche se non sempre lo avvantaggia).
- Possiamo dire di sì - concede l'uomo. - Potrebbe essere interessante sentire come suoni, a questo punto - continua, generando un lampo di felicità negli occhi del ragazzo che – neanche a dirlo – non aspettava altro. Il tono usato dall'uomo è vivace, interrogativo ma anche divertito. Forse Leindert col suo carattere iperattivo, allegro, espansivo e anche un po' tocco (Delia lo aggiungerebbe, per rispetto della realtà dei fatti) è riuscito a farsi strada in mezzo al suo segreto, anche se la ragazza non ci metterebbe ancora la mano sul fuoco. Per ora la partita è zero a zero e nessuno ha ancora messo a segno il punto decisivo; per quanto la riguarda vuole godersi appieno lo spettacolo in pieno svolgimento di fronte ai suoi occhi. E dire che non si è mai appassionata allo sport.
Leindert accorda brevemente lo strumento, messo a dura prova precedentemente dalla frizzante serata passata con Thomas, e inizia a suonare alcune note all'inizio scollegate tra loro, poi passa a brevi melodie e poi ad una melodia soltanto, quella di una canzone, che Delia riconosce quasi subito essere una Billie Jean un po' modificata e minimalizzata, per così dire, ma perfettamente riconoscibile. Il fantasma ha un sussulto, e d'istinto infila una mano nella tasca destra, dove la ragazza intuisce la sagoma di un cellulare. Delia beve un lungo sorso del suo Vodka lemon, che poi fatica ad ingoiare. Il blu chiaro dei capelli di Leindert splende incredibilmente sotto le luci elettriche del locale mentre lui non si cura di nulla tranne che del suo strumento che in un primo momento pizzica e accarezza delicatamente, come fosse tenuto insieme da un filo invisibile e fragile, per poi colpirlo e sferzarlo con assalti violenti e ripetuti, quasi nell'impossibilità di trattenere l'impeto. L'uomo tiene il tempo con una mano, e Delia potrebbe giurare di vederlo canticchiare a bassa voce, senza dare troppo nell'occhio. La ragazza si concentra sull'ondeggiare ritmico del liquido semitrasparente dentro il bicchiere, godendosi la musica; se guarda con attenzione l'immagine che i suoi occhi le mandano non riesce a concentrarsi sui suoni che sente, e sa che Leindert non le darebbe pace se non ascoltasse con trasporto la sua performance eccezionale. E dire che quando, l'estate scorsa, aveva fatto per breve tempo la cameriera, aveva sempre avuto pochissima considerazione per chi cantava al pianobar del locale... Sono passati sei mesi da quando ha chiuso per l'ultima volta la porta di quella casa e il sentimento che prova in questo momento non è simile alla nostalgia, giacché non c'è spazio per la nostalgia nelle valigie quando voli dall'altra parte del mondo; piuttosto, è una percezione di un qualcosa di non finito, di sospeso e per questo incomprensibile. Sa che sta soltanto rimandando un problema che prima o poi dovrà pure affrontare, se vuole continuare con questa vita: come dare notizie sulla sua esistenza ai suoi genitori e ai suoi amici, senza sentirsi richiamare con forza indietro, sapendo di non avere la forza necessaria per opporre resistenza? Le sfugge un sospiro, che per fortuna la chitarra del ragazzo copre efficacemente. Sente vicino al polso destro una lieve pressione, di brevissima durata: l'uomo le ha stretto l'avambraccio e ora, con ogni probabilità, la sta fissando, in cerca di una qualche risposta che lei non riesce a dargli, in primo luogo a causa del fatto che non vede il suo viso (e neppure, quindi, la sua domanda) ed in secondo luogo poiché era, fino a poco prima, impegnata in ben altro genere di riflessioni. In ogni caso, si sforza di donargli un sorriso sereno, cercando di comunicare un'idea di calma, di “ehi, non c'è nulla di cui preoccuparsi”. Il suo tentativo sembra sortire l'effetto sperato e l'uomo si volta, di nuovo immerso nell'esecuzione di Leindert, che ormai sarebbe giunta quasi alla fine, se riuscisse a smettere di smorzare la melodia principale in una serie di altri piccoli assembramenti di note che se fosse a casa o in studio non esiterebbe a fermare su carta. Alla fine Delia decide di intervenire con un atto di forza: si pone dietro la sua schiena e gli sfiora la spalla sinistra, spingendolo leggermente, ma non troppo leggermente da far sì che lui non se ne accorga o non la consideri. Infatti, dopo aver aggiunto ancora qualche nota, smette di suonare e posa lo strumento a terra, con la stessa premura con cui maneggerebbe i petali di un papavero. La ragazza non si stupisce per queste cure: le è già capitato di sorprenderlo nelle prime ore della mattina con uno straccio in mano, intento in una certosina opera di lucidatura.
- Davvero bravo - si complimenta l'uomo, applaudendo rumorosamente. Leindert ringrazia con un luminoso sorriso e si esibisce in un inchino pomposo ed ingessato, veramente ridicolo se confrontato con il campione umano che lo esegue; fatto ciò, afferra il suo bicchiere e lo vuota tutto d'un sorso, mentre la ragazza beve l'ultimo sorso del suo cocktail. Per contro, il bicchiere d'acqua è quasi del tutto intatto.
- Spero che la canzone sia stata di tuo gusto - esordisce Leindert, - e che ti abbia comunicato qualcosa.- L'occhiata che rivolge al signore è piuttosto eloquente.
- Direi di sì - replica l'uomo, abbassando impercettibilmente il tono della voce, come a volersi rifugiare in un angolo di sé stesso. - Cosa avrebbe dovuto comunicarmi?
I muscoli del collo del ragazzo si irrigidiscono, provocando un velocissimo scatto; rizza la testa a guardare negli occhi il suo interlocutore, lo sguardo stranamente ed improvvisamente serio.
- Un'ipotesi.
Delia tira su col naso piuttosto violentemente e si pente di aver fatto tutto quel rumore proprio in un momento così topico; è caduto infatti un assoluto silenzio. L'uomo è immobile, gli occhi fissi su Leindert. La ragazza prende un bel respiro ed inizia a collaudare nella propria mente un nutrito elenco di frasette volte a smorzare il tono della serata. Forse Leindert è stato fin troppo diretto, o forse avrebbe potuto esserlo di più: non riesce a giudicare con lucidità, perché si rende conto che qualunque sua parola, pronunciata in quel momento, potrebbe compromettere il suo azzardo. Resta quindi al suo posto, senza osare un movimento od una frase, in attesa. Passano così lunghi attimi in cui l'attenzione sua e del ragazzo si concentra sul respiro pacato dell'uomo. Infine, egli prende fiato mentre loro, un po' inconsciamente, lo trattengono.
- Poniamo l'ipotesi che io sia realmente chi voi ritenete che sia. Cosa fareste?
I due si scambiano uno sguardo interrogativo; la ragazza è veramente senza parole, ma per fortuna Leindert non lo è praticamente mai, e a lei non dispiace poi così tanto permettergli di farle da portavoce, almeno in certe occasioni.
- Suppongo che ti chiederei un sacco di cose sulla tua carriera, sui tuoi tour e sulle tue canzoni - tenta Leindert, ipotizzando ad alta voce. - E poi forse ti annoierei fino allo sfinimento nel tentativo di farti ascoltare qualche mio pezzo.
L'uomo solleva di qualche centimetro la testa e sembra piuttosto sgomento.
- Come - dice, - non tenteresti di vendere lo scoop dell'anno a qualche giornalista o, che so, agenzia? Non ne parleresti con i tuoi amici? Non lo useresti come motivo per ricattarmi?
- Sinceramente, credo di no - replica il ragazzo. - Punto primo, sono un musicista agli inizi del percorso e suppongo che farsi bollare come “quel tale completamente fuori di testa che sostiene che Michael Jackson (la mano destra dell'uomo mostra una contrazione improvvisa, osserva Delia) sia vivo e vegeto e vada abitualmente a scambiare quattro chiacchiere con la barista in un locale poco fuori dal centro di Los Angeles” non sia esattamente un buon biglietto da visita per una prospera vita nell'ambiente musicale, e anche se di pazzi con strumenti in mano ce ne sono stati tanti, non me la sento di correre questo rischio. Punto secondo, sono uno che sa tenere segreti piuttosto bene ed in genere non spiffero nulla neppure sotto i fumi dell'alcol. Probabilmente dietro tutto ciò c'è qualche grossa motivazione della quale non so nulla e sulla quale, quindi, non posso dire nulla a chicchessia; inoltre sono molto più interessato a costruire un rapporto con te che a vantarmi di averti incontrato con lo scarso pubblico di qualche concerto o con i miei amici con l'unico risultato di spingerli tutti, pubblico e amici insieme, a perquisirmi alla ricerca di LSD, mescalina, oppio in varia forma o qualche altro genere di aiutini per la fantasia. Ed infine, punto terzo: non mi interessano così tanto i soldi da scambiarli per le conoscenze fantastiche che mi potresti dare e gli scambi che – spero – potremmo avere. Detto tra parentesi, ho tutti i tuoi cd e ti ammiro molto, ma non vorrei che perché ho detto queste parole tu ora possa pensare che io sia una specie di aspirante tuttofare al tuo servizio - conclude, arrossendo un poco. L'angolo sinistro della bocca della ragazza si solleva di qualche millimetro, ed anche l'uomo forse si sta concedendo una risatina sommessa, sotto la sciarpa.
- E tu - esordisce all'improvviso il nostro fantasma, cogliendola di sorpresa, - tu che cosa ne pensi?
- Io? Io... Io sottoscrivo quello che ha detto Leindert, sì, lo sottoscrivo pienamente, anche l'ultima frase - balbetta. Non è mai stata molto dotata nel dare risposte a tono quando si trova in una situazione di confusione mentale, ma evidentemente al signore il suo pigolio sconnesso basta per comprendere che le sue intenzioni sono sincere quanto quelle del ragazzo.
- Va bene – concede – voglio fidarmi di voi due. Piacere, sono Michael – conclude, porgendo la destra a Leindert, che spalanca gli occhi di colpo come se si rendesse conto solo ora della realtà della vicenda, nonostante ci abbia lavorato per tutta la giornata; stringe la mano con la sua fredda e un po' tremula. Delia trattiene il riso: riesce quasi a sentire il sibilo dell'aria che fugge dai polmoni collassati del ragazzo e questa ilarità la aiuta ad essere più tranquilla di lui nel presentarsi nuovamente e nello stringere la mano di Michael, che è calda e un po' ruvida. Fatto ciò, l'ex-fantasma inizia a svolgere la sciarpa (che abbandona su una sedia), poi si toglie il cappello e gli occhiali scuri e li guarda con un gran sorriso, a cui entrambi rispondono con un altro gran sorriso. Davanti a loro appare un distinto signore di mezza età mediamente alto (Leindert lo supera di alcuni centimetri, Delia è forse di qualche centimetro più bassa) e piuttosto magro con grandi e comunicativi occhi scuri e una testa di capelli neri moderatamente ricci, abbastanza lunghi da poter essere raccolti in una coda.
- Vieni dall'Olanda, vero? - dice a Leindert, scrutandolo con sguardo attento.
- Sì, ma lei come fa a saperlo? - risponde lui, ancora un po' allucinato.
- Oh, mi sono basato sul suono. Però per favore, non tornare a darmi del lei. Ora che io ho abbassato tutte le barriere, non tornare a metterne tu.
Il ragazzo si blocca per un secondo, poi esplode in una risata liberatoria e si avvicina a Michael per dargli una lieve pacca sulla spalla.
- Ok amico, nessun problema.
L'uomo gli sorride, poi si rivolge a Delia: - sai suonare le percussioni?
Lei resta interdetta: non capisce il motivo di tale domanda in tale momento.
- In realtà no, non ho mai suonato nessuno strumento. Sono musicalmente passiva: ascolto tanto quanto non suono.
- Via – minimizza lui, mentre le si avvicina – non esiste persona che non sappia suonare, soprattutto se giovane come te. Prova a battere un ritmo sul bancone.
- Ma uscirà un'insensatezza!
- Tu prova. Concentrati sul ritmo, non pensare ad altro.
Delia fa un respiro profondo e e prende tempo, posizionandosi in un modo secondo lei adatto a quello che sta per fare (schiena dritta, gomiti paralleli, mani appoggiate al legno freddo). Lascia che la propria mente vaghi tra le note, i battiti, le pulsazioni elettriche; infine, si lascia trasportare da un ritmo che si muove pigro e serpeggiante come un flusso di sangue. Quando smette di battere, si rende conto di essersi focalizzata su quel ritmo per una quarantina di secondi. Si volta verso Leindert, che la guarda sereno (la ragazza nota che ha provveduto a versarsi un bicchiere di Coca-Cola), poi verso Michael, che tiene gli occhi chiusi ancora per qualche istante prima di aprirli.
- Visto? Non era poi così difficile.
- No, in effetti no – ammette lei. - Ma perché ho dovuto farlo?
- Perché adesso qualcuno dovrà tenere il tempo – rivela lui. - Te la sentiresti di suonare con me, ragazzo?
Neanche il tempo di ascoltare per intero la domanda e Leindert ha già la chitarra in mano.
- Che cosa suoniamo? - domanda lui.
- Non ne ho idea – replica l'altro, sfiorandosi il mento con le lunghe dita della mano destra, anche se è evidente che sa benissimo cosa suoneranno. - Seguimi, scegli tu con quali note. Delia, tu dovresti battere questo ritmo – e, appoggiando a sua volta le mani sul bancone, le mostra il ritmo da tenere.
- Ci proverò – risponde la ragazza, poco speranzosa sul risultato. Michael le sorride incoraggiante.
Delia continua a battere mentre l'uomo prende fiato e si lancia in alcuni vocalizzi a bassa voce, poi sempre più forti, limpidi e melodiosi; lei sente i suoi occhi pizzicare, tanto sono belli. Leindert ascolta con attenzione, cercando di cogliere il senso d'insieme; ci mette una dozzina di secondi, poi attacca a suonare una melodia potente, morbida, un po' diversa da quelle che suona di solito. Michael inizia a pronunciare alcune parole, probabilmente una canzone che parla di amore e di perdono. Continuano per qualche minuto, fino a quando lui non smette di cantare. Entrambi volgono lo sguardo verso di lui, un tacito quesito negli occhi. Lui li guarda con un'espressione soddisfatta sulla bocca.
- Siete stati bravi, tu – e indica la ragazza – nonostante non abbia mai suonato, e anche tu – ora indica il ragazzo, che si sta spettinando i capelli. – Si sente che sei un musicista. Da quanto suoni?
- Più o meno da quando avevo quattordici anni.
- Mh – mugugna, prendendo un biglietto da visita del Black Dog tra quelli appoggiati in ordine sparso vicino alla cassa. - Avete per caso una penna?
- Un secondo – dice Delia, mentre si piega sulle ginocchia e inizia a frugare nei recessi della propria borsa. - Eccola! - esclama, mentre gliela porge. Michael ringrazia, poi inizia a scarabocchiare in stampatello alcune indicazioni stradali. Leindert e Delia lo guardano senza pensare a niente, principalmente perché non sanno cosa pensare.
- Ecco – mormora l'uomo – fatti trovare in questo posto domani pomeriggio. Verremo a prenderti, anche se saremo costretti a bendarti, spero che tu capisca – spiega, rivolgendosi a Leindert. Lui fa un cenno affermativo scuotendo il capo, poi domanda: - dove vuoi portarmi?
- In uno studio privato che si trova all'interno della mia casa, ed è proprio per questo che purtroppo dovremo accompagnartici bendato.
- Nessun problema, capisco – afferma il ragazzo – devo portare qualcosa in particolare?
- Te stesso e la tua chitarra acustica basteranno, suppongo. Là dovrebbe essercene una elettrica, se non sbaglio.
- Perfetto, così almeno mi risparmierò la sfacchinata. Camminare per Los Angeles con due chitarre in spalla è un'esperienza che vorrei risparmiarmi il più a lungo possibile – sospira lui, sollevato. Delia a volte si stupisce di come Leindert possa preoccuparsi di dettagli come questi. Deve far parte del carattere un po' infantile che qualunque essere umano di sesso maschile nasconde.
- Lieto di evitartela – sogghigna Michael, divertito. - Allora ti aspetto domani - dice, alzandosi dallo sgabello su cui si era seduto e preparandosi ad andarsene rimettendo addosso la sciarpa, il cappello e gli occhiali.
- Vi auguro buonanotte – saluta, ed intanto allunga un braccio a stringere la mano sinistra di Delia; un gesto che a lei pare tanto un muto ringraziamento per quello che ha fatto, e che la rincuora e le fa nascere senza sforzo un riso lieve in fondo alla gola.
- Buonanotte – rispondono entrambi in tempi diversi.
Mentre l'uomo si avvia verso l'uscita, Leindert comincia una breve ricerca volta a trovare la custodia della sua chitarra e Delia si china dietro il bancone a lavare e sistemare i bicchieri nell'apposito scompartimento.
- Certo che è strano – esordisce Michael all'improvviso, un piede già fuori dal locale. Tutti e due si girano a guardarlo. - Vi conosco da pochissimo eppure non ho nessuna remora nel lasciarvi oltrepassare la barriera che ho attorno.
- Davvero, non c'è proprio niente da temere da noi, lo giuro. Non sto scherzando. Forse è anche per questo che ci lasci entrare con tanta facilità – dice Delia.
L'uomo la osserva attentamente.
- Mi fido di voi – sussurra, mentre scivola nella notte. Pochi minuti ed il silenzio piombato sul locale le sembra soffocante, ed è proprio per spezzarlo che si rivolge a Leindert.
- Che ne pensi?
Il ragazzo riflette per qualche attimo.
- Penso che siamo stati immensamente ed oscenamente fortunati. Ti rendi conto? Domani suonerò davanti ad un genio della musica moderna! Sono terrorizzato ed entusiasta nella stessa misura – esclama lui, abbracciandola stretta.
- Certo che è piuttosto curioso – considera lei, - che abbia finto la propria morte. Mi piacerebbe sapere come ha fatto.
- Prima o poi glielo chiederemo – concede il ragazzo, caricandosi la chitarra in spalla.
- Vorrei parlarci di più.
- E di cosa?
- Non so, ma sento che dovrei.
- Immagino che c'entri il sesto senso femminile.
- Indovinato. Raccontami tutto, domani sera, ok? Tanto è lunedì sera e io non devo lavorare, quindi mi avrai tutta per te e per le tue chiacchiere.
- Come vuoi tu, bellezza – afferma lui, sfiorandole le labbra col respiro mentre insieme tirano giù la serranda e si avviano verso casa.
- Un'altra cosa strana - continua lei dopo qualche minuto - è che alla fin fine non abbiamo parlato molto. Mi stupisce che ci dia così tanta fiducia.
Il ragazzo si morde il labbro e fissa con apparente interesse l'insegna di un negozio di abiti vintage davanti al quale stanno passando.
- Vedi - dice, e sembra che stia pensando ad alta voce - è una cosa da musicisti. Non abbiamo parlato molto, è vero, ma per quel poco che abbiamo parlato - e che avete parlato - abbiamo parlato per la maggior parte di musica, e per un musicista non c'è modo più chiaro di comprendere una persona che suonando insieme. Lui è un grande artista e quindi è capace di capire molto più di quel che tu pensi dal modo in cui tu ti approcci al suono, anche se non hai mai preso in mano uno strumento. Io riesco a farlo, ma in misura molto minore. Domani dovrò attivare al massimo tutte le mie capacità di assorbimento: non mi lascerò sfuggire una singola parola, neanche mezza. Ho un sacco da imparare, diamine! - conclude, l'aria assurdamente seria.
- A volte mi meraviglia moltissimo il modo in cui sai essere profondo e frivolo in egual misura - ride lei, prendendolo per mano ed appoggiando la testa sulla sua spalla.
- Ehi! E' un insulto o un complimento?
- La seconda – risponde lei, mentre si immettono nella via dove si trova la loro casa, nella quale tra poco si addormenteranno.
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