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Berlusconi ricatta Bossi: il simbolo della Lega Nord è suo!

Ultimo Aggiornamento: 26/08/2010 20:28
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26/08/2010 01:03
 
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......Banca della Lega Nord, 70 milioni e il sospetto di riciclaggio
“Berlusconi ricatta Bossi: il simbolo della Lega è suo!”
pubblicato il 25 agosto 2010 alle 10:36 dallo stesso autore - torna alla home
Rosanna Sapori, ex leghista e giornalista della Padania, racconta al Riformista che il logo del Carroccio, lo spadone di Alberto da Giussano, appartiene a Silvio, che ha aiutato il Carroccio in un momento di difficoltà.

Se fosse vera, sarebbe una storia divertentissima. E non c’è motivo di dubitarne, visto che al Riformista la racconta Rosanna Sapori, ex consigliere comunale della Lega, ex membro del direttivo provinciale di Bergamo e ex giornalista famosissima di Radio Padania Libera: “Umberto Bossi vuole le elezioni? Alla fine dovrà fare quello che gli dice Silvio Berlusconi. Anche perché da qualche anno il simbolo della Lega Nord appartiene al Cavaliere”.

UNA STORIA VECCHIA – La Sapori già in altre occasioni aveva sostenuto che il famoso logo con Alberto da Giussano era nella titolarità del premier, senza ricevere mai una smentita ufficiale dal Carroccio. Nel frattempo lei è stata licenziata da Radio Padania durante un periodo di malattia, ma dice di conservare ancora un buon rapporto con Bossi. Il cui problema economico che ha portato alla vendita del simbolo è nato con la famosa storia della Credieuronord: “Quando le cose volgevano già al peggio, Bossi ha mandato Giorgetti a esaminare i conti della banca per vedere di capirci qualcosa; il consigliere finanziario del Senatùr si è chiuso una settimana nella sede della Credieuronord ed è uscito con un brutto responso: ‘qua finiamo tutti in galera”. Ma per fortuna la Lega trovò all’epoca una via d’uscita, facendo comprare la banca da quel grand’uomo di Gianpiero Fiorani e dalla sua Popolare di Lodi su consiglio di Antonio Fazio, allora governatore di Bankitalia: l’acquisto determinò il famoso cambio di atteggiamento dei leghisti nei confronti di Fazio, fino ad allora bollato come truffatore dei risparmiatori per i casi Cirio e Parmalat, e poi assurto a salvatore del sistema bancario italiano contro l’attacco dello straniero brutto e cattivo.

BOSSI IN PERDITA – La Sapori dice che fu Berlusconi a portare Fiorani da Bossi, anche se la storia finora aveva sostenuto un’altra versione. In ogni caso, anche l’Editoriale Nord versa in difficoltà, a causa dei tanti costi di gestione e delle numerose querele per diffamazione arrivate dagli avversari politici, in primo luogo il Cavaliere, che la Lega accusa senza mezzi termini di essere un mafioso. Anche le altre iniziative – il circo padano- erano andate in fumo, e le rotative e gli uffici di via Bellerio erano sotto sequestro a causa dei debiti. A quel punto scoppia la pace con Berlusconi e la Lega si avvia alla cavalcata vittoriosa delle elezioni del 2001, ma nell’occasione, per ritirare tutte le querele, Aldo Brancher suggerisce a Berlusconi di farsi dare in cambio il simbolo del Carroccio, che appartiene a Umberto Bossi, alla moglie Manuela e al senatore Giuseppe Leoni. “Fu tutto ratificato da un notaio”, dice la Sapori. E Fini sa tutto, visto che il Cavaliere si era dato pena di comunicare durante una cena che i contrasti con Bossi sarebbero stati risanati “visto che lo spadone è mio”. A Berlusconi, dice sempre la Sapori, il simbolo è costato 70 miliardi di lire. Se fosse vero, si capirebbero molte cose.

LEGA ALL’OPPOSIZIONE? – E pensare che proprio oggi il Carroccio minaccia di uscire velatamente dal governo: “E se Bossi e la Lega andassero all’opposizione?”, scrive ‘La Padania’, a poche ore dal vertice tra Berlusconi e ,Bossi. Il quotidiano dipinge uno scenario con un “Carroccio fortissimo al Nord e in grande crescita in altre regioni fino al centro e dintorni. Nessun legame particolare se non quello che deriva dallo stesso Dna della Lega, quello con il proprio territorio, con la propria gente, con la propria identita’. Un sogno di mezza estate? Non tanto, potrebbe essere anche una ipotesi molto verosimile se le cose, cosi’ come sono messe attualmente, dovessero cristallizzarsi”.’La Padania’, infatti, analizza la situazione politica e parla di un “Berlusconi tentennante”, con una “proposta molto soft”: “Andiamo avanti cosi’ anche se agonizziamo”, ma “e’ quasi certo che l’esecutivo resterebbe comunque sempre nel mirino, appeso agli umori e alla malafede di un gruppetto di…galantuomini”. Il quotidiano del ‘Carroccio‘ mette in chiaro: “Quindi, o il premier riesce a stabilire una sorta di tregua, patti chiari e amicizia lunga, cosa che sembra molto difficile, o inevitabilmente prima o poi si avra’ un governo alternativo, ricco di sconcezze politiche., caratterizzato da una fortissima impronta antileghista. Il passo successivo e’ ovvio: la Lega andra’ all’opposizione, e ci sara’ da divertirsi in vista delle elezioni 2001″. Per la ‘Padania‘ e’ tutto chiaro: “A meno che il vertice di oggi sparigli il tavolo, come ci si augura”, “Bossi e la Lega non possono assistere a questo gioco al massacro, al ritorno ai vecchi giochi Dc-Pci, alle regole democratiche calpestate. Meglio, molto meglio, stare da soli, correre da soli”. Chissà se le condizioni economiche glielo permettono.


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26/08/2010 01:05
 
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Lega e quote latte: l’ombra della Credieuronord dietro i favori di Bossi?
pubblicato il 12 luglio 2010 alle 20:48 dallo stesso autore - torna alla home
La banca del Carroccio già coinvolta in una storia di riciclaggio sui fondi ue per la produzione extra Ue. Ora Galan rivela: Berlusconi non vuole l’emendamento.


Attraverso un semplice passaggio logico, è agevole capire che Silvio Berlusconi non ha intenzione di seguire Umberto Bossi nel suo conflitto – rinnovato – con Bruxelles sul tema delle quote latte. Infatti, il ministro dell’Agricoltura, Giancarlo Galan, del Pdl, che ha effettuato una vera e propria staffetta con Luca Zaia, prima responsabile del dicastero e poi Governatore del Veneto al posto di Galan, uno dei massimi esponenti a livello nazionale della Lega Nord, è schierato su posizioni rigidissime: stop all’emendamento infilato in finanziaria che garantisce la proroga dei termini per il pagamento delle multe europee a quegli allevatori, base forte del Nord leghista, rei di aver prodotto un quantitativo eccessivo di latte rispetto a quello indicato dall’Unione Europea.

BOSSI E BERLUSCONI – “Sulle quote latte il parlamento ha deciso e quel che decide il parlamento lo si rispetta. A noi stanno a cuore gli interessi dei nostri cittadini che non le diavolerie o le mistificazioni europee, e in questo senso abbiamo agito. Tutto il resto ci avanza, dimissioni comprese”, sostiene in proposito Roberto Calderoli, rifugiandosi, comodamente, dietro la sacralità del potere legislativo. Ma evidentemente, qualcuno, ai piani più alti, non è d’accordo con lui. Parliamo, appunto, del Presidente del Consiglio, di Silvio Berlusconi, che questa battaglia non avrebbe intenzione di combatterla. “Mi sarei probabilmente dimesso”, afferma infatti Galan, “se, giovedì sera a casa di Berlusconi, prima del Consiglio dei ministri, lui mi avesse detto: ‘Giancarlo lascia perdere, sai gli accordi, gli equilibri, chiudi un occhio, cosa cosa vuoi che sia una multa in più o una in meno, o ancora, non dire niente, trova una scusa per non andarè. Se Berlusconi avesse detto così, probabilmente a quest’ora, non sarei a Bruxelles, sarei a casa”: e invece è a Bruxelles, a incassare la solidarietà del Commissario Ue all’Agricoltura, Dacian Colos, che gli consegna il suo “pieno appoggio”; e Galan non ha parlato con un Berlusconi qualsiasi, ma “col Berlusconi del 1994, quando ha cambiato la vita di tutti noi”, addirittura: segnale inequivocabile della sorpresa che ha provocato un Silvio che molla la Lega su un tema così caro.

CREDIEURONORD – Già: una battaglia da non combattere. Perchè? Innanzitutto per un discorso quantitativo: pare infatti che siano molto ridotti i numeri degli allevatori per i quali la Lega è disposta ad andare contro tutto e contro tutti (“Siamo contro l’Udc, o noi o loro: l’Udc contraria alle quote latte”, aveva detto Bossi). Staremmo parlando di un’imponente folla composta da 67 allevatori, che monopolizzano in questo modo il dibattito politico italiano: è noto infatti che il restante 95% dei chiamati in causa è disposto a pagare le multe per gli sforamenti nella produzione di latte, e anzi, supporta in toto la politica rigorista di Galan. E dunque, perchè mai tanto sforzo? Se l0 chiede anche Enrico Morando, del Pd: “Cosa induce un partito serio come la Lega a sputtanarsi in questo modo per 76 persone? Dietro ci deve essere qualcosa di enorme. Qualcuno la sta ricattando, altrimenti non si spiega. E quel qualcuno ha a che fare con CrediEuroNord”.

LA BANCA DELLA LEGA – CrediEuroNord? E che c’entra la banca della Lega, quella fondata da Gian Maria Galimberti, che doveva svilupparsi “tanto da far male alle altre banche”, e che poi morì nel giro di tre anni, lasciando a secco i 3000 contribuenti che ci erano cascati, ormai riuniti in consorzio per chiedere i danni? Saperlo è difficile. Ma in ogni caso non è la prima volta che il problema delle quote latte viene affiancato al microistituto che doveva diventare la “Banca Popolare della Lega”. Infatti, quando la pentola della Banca, rilevata in extremis da Giampiero Fiorani – l’uomo che doveva fondare la Banca del Nord, insieme all’Antonveneta, partendo dalla Popolare di Lodi, della quale era a capo – scoppiò, da quell’inchiesta (Fiorani è accusato di aver gestito i soldi dei suoi contribuenti con una certa libertà – vedi, infatti, il coinvolgimento di Aldo Brancher, che sarebbe stato pesantemente finanziato proprio dalla Popolare di Lodi) venne stralciata una seconda pista, che riguardava proprio le quote latte. Così, il polo bancario della Lega sarebbe stato usato dalle cooperative “verdi” del latte leghista per riciclare i soldi provenienti dall’eccessiva produzione lattifera, vietata dall’Europa: “soldi in nero accumulati con intermediazioni, ritenute fittizie, tra gli allevatori-produttori e i distributori finali del latte. Un sistema complesso, ora ricostruito nei dettagli dalle indagini della Guardia di finanza, che avrebbe consentito di smerciare quantitativi di latte superiori alle quote limite fissate dalle leggi comunitarie“, scriveva il Corriere della Sera. Quale il meccanismo? “Tutti i soggetti alla sbarra in questi anni hanno ceduto a terzi e a società di servizi le loro proprietà ed hanno provveduto a rendersi nullatenenti”, scriveva Il Coltivatore Piemontese, organo della locale Coldiretti, in proposito: e così “su un conto della banca, intestato all’ ex deputato leghista Giovanni Robusti sarebbero transitati i proventi di quantità di latte venduto «in nero»: i soldi, anziché essere versati alla Ue, tornavano ai produttori”, ci chiarisce meglio il quadro ancora il Corriere .

GIOVANNI ROBUSTI – “Associazione a delinquere finalizzata alle truffe ai danni dello Stato e dell’Unione europea, esercizio abusivo del credito, falso in bilancio e in scritture contabili”: questi i capi di imputazione. Al centro di questo sistema dunque Giovanni Robusti, già difensore in giudizio di molte delle società coinvolte in questo giro, e attualmente Europarlamentare della Lega; inoltre, leader della protesta dei Cobas del latte, quelli coi trattori in mezzo all’autostrada, per capirci: il Giudice di Cuneo condannò Robusti a tre anni e mezzo nell’ambito di questa inchiesta. E addirittura “fu un’ispezione di Bankitalia a indicare Robusti come uno dei «soggetti in sofferenza» premiati dai «crediti facili» di Credieuronord. Un puzzle politico-economico che solo Fiorani, nei suoi interrogatori a San Vittore, potrà ricomporre”, concludeva in proposito sempre il Corriere.

LATTE E BANCHE – Dunque, una battaglia in favore di pochi, quella della Lega. Una battaglia in favore di pochi potenti, che coinvolge il centro nevralgico della finanza Padana, prima che i lumbaard decidessero che conveniva maggiormente reclamare posti di dirigenza nelle fondazioni bancarie che gestiscono le banche locali, quelle “del territorio”. Un Silvio Berlusconi poco prono ad assecondare questi giochi: tanto da dare mandato al ministro Galan di tenere la barra dritta contro queste manovre leghiste. E i giochi, per questo, non sono ancora fatti, come vorrebbe Calderoli: il “Parlamento”, non ha ancora deciso, la norma ha solo passato il vaglio della commissione Bilancio, e il Sole 24 Ore è pronto a giurare che “è molto probabile che dal ministero del l’Economia arrivi la correzione o meglio un’integrazione alla norma alla quale si affiancherà la formula «con il consenso della Ue». A quel punto, la sospensione del pagamento sarà archiviata”. Un vero pacchetto di mischia, quindi, fra Berlusconi, Galan e Tremonti, per bloccare la strada alla “Cricca del Latte” annidata nel corpo vivo dell’ex CrediEuroNord.


www.giornalettismo.com/archives/72209/lega-credieuronord-quot...


Banca della Lega, 70 milioni e il sospetto di riciclaggio
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MILANO — Banca della Lega o banca del riciclaggio padano? Nella nuova inchiesta milanese su Credieuronord, l’istituto di credito pubblicizzato da Umberto Bossi, amministrato da parlamentari leghisti e finanziato da centinaia di piccoli risparmiatori padani (ora riuniti in un comitato per chiedere i danni), gli inquirenti indagano su una cifra quasi equivalente alla famosa «maxitangente Enimont» dei tempi di Manipulite: circa 70 milioni di euro. Al centro dell’inchiesta, che è ormai alle battute finali, c’è Giovanni Robusti, ex senatore leghista e leader dei «Cobas del latte».
Attraverso la banca Credieuronord, secondo l’accusa, sarebbero stati riciclati fiumi di soldi da decine di cooperative agricole che avrebbero truffato le leggi comunitarie: soldi in nero accumulati con intermediazioni, ritenute fittizie, tra gli allevatori-produttori e i distributori finali del latte. Un sistema complesso, ora ricostruito nei dettagli dalle indagini della Guardia di finanza, che avrebbe consentito di smerciare quantitativi di latte superiori alle quote limite fissate dalle leggi comunitarie. Gran parte di questi ricavi illeciti sarebbero stati «lavati» attraverso Credieuronord, di cui Robusti è stato consigliere di amministrazione per due mesi nel 2003, per tornare a occupare la stessa carica dall’aprile 2004, quando l’istituto ha cambiato nome in Euronord Holding.
La nuova indagine era stata rivelata dall’Espresso grazie al giornalista economico Vittorio Malagutti: ora l’istruttoria è sostanzialmente chiusa e già in gennaio la Procura di Milano potrebbe notificare i formali avvisi di fine indagine con la grave accusa di riciclaggio (fino a 12 anni di reclusione).
Per la sfortunata banca leghista si tratta di un bis. Le indagini su Credieuronord, infatti, erano partite con un altro clamoroso caso di riciclaggio di soldi «rubati ai derubati ». Questa prima inchiesta, per cui è già in corso il processo contro i dirigenti della banca, parte dal «peculato » (furto di denaro pubblico) di oltre 35 milioni di euro: soldi che un’affermata commercialista milanese, Carmen Gocini, ha confessato di aver sottratto per anni alle procedure di fallimento di cui era curatrice.
Di questo bottino, buona parte è finita ai fratelli Angelo e Caterino Borra per coprire le perdite della loro radio «101 One-o-One» (sequestrata e messa all’asta dai pm Taddei e Perrotti), mentre oltre 13 milioni di euro sono spariti con prelievi in contanti da un conto all’altro di Credieuronord. Tuttora s’ignora a chi siano finiti questi soldi, mentre i due Borra e la Gocini stanno scontando in carcere la condanna a 8 anni confermata in appello. Ora il caso Robusti, nato dall’inchiesta «black milk» (latte nero) del procuratore di Saluzzo (Cuneo)Maurizio Ascione, porta l’entità delle accuse di riciclaggio a livelli impensabili per la piccola banca leghista, che nell’autunno 2004, quando fu acquistata dalla Bpl di Gianpiero Fiorani, aveva «impieghi» per appena 47 milioni.
Proprio il «salvataggio» di Credieuronord era stato da molti indicato come il prezzo imposto a Fiorani dal governatore Fazio per ottenere l’appoggio politico della Lega. Ma il quadro ora disegnato dalle indagini del pm milanese Riccardo Targetti è più complesso: furono gli uomini di Fiorani a segnalare alla Procura i primi sospetti di riciclaggio delle quote latte (circa 150 milioni di euro) scoperti a Cuneo. E fu un’ispezione di Bankitalia a indicare Robusti come uno dei «soggetti in sofferenza» premiati dai «crediti facili» di Credieuronord. Un puzzle politico-economico che solo Fiorani, nei suoi interrogatori a San Vittore, potrà ricomporre.
P.B.
25 dicembre 2005


www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2005/12_Dicembre/24/credieurono...


Quote latte in nero: quattro a giudizio
Per quattro dirigenti della Credieuronord, la cosiddetta Banca della Lega, ora acquisita da Bpi è stato chiesto il rinvio a giudizio con l' accusa di riciclaggio. Secondo il pm milanese Riccardo Targetti, su un conto della banca, intestato all' ex deputato leghista Giovanni Robusti sarebbero transitati i proventi di quantità di latte venduto «in nero»: i soldi, anziché essere versati alla Ue, tornavano ai produttori.



Pagina 13
(20 febbraio 2007) - Corriere della Sera

archiviostorico.corriere.it/2007/febbraio/20/Quote_latte_nero_quattro_giudizio_co_7_0702200...



www.torino.coldiretti.it/RenderImg.aspx?CI=12133472



comm: ecco il vero volto della Lega Nord-----> potere e soldi!


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«Vi racconto perché Bossi è prigioniero di Berlusconi»
di Marco Sarti
«Umberto Bossi vuole le elezioni? Alla fine dovrà fare quello che gli dice Silvio Berlusconi. Anche perché già da qualche anno il simbolo della Lega Nord appartiene al Cavaliere». La storia non è nuova. Un’indiscrezione che gira da tempo a Palazzo: nel 2005 il premier avrebbe finanziato il Carroccio, a un passo dalla bancarotta. In cambio, avrebbe chiesto e ottenuto la titolarità del logo del partito. Lo «spadone» di Alberto da Giussano. A confermare la vicenda è Rosanna Sapori, già consigliere comunale della Lega, membro del direttivo provinciale di Bergamo e, soprattutto, (ormai ex) celebre giornalista di Radio Padania Libera. «Nessuna invenzione - spiega la diretta interessata - l’ho detto più volte, anche in tv. E finora nessuno si è mai permesso di smentirmi».



«Umberto Bossi vuole le elezioni? Alla fine dovrà fare quello che gli dice Silvio Berlusconi. Anche perché già da qualche anno il simbolo della Lega Nord appartiene al Cavaliere». La storia non è nuova. Un’indiscrezione che gira da tempo a Palazzo: nel 2005 il premier avrebbe finanziato il Carroccio, a un passo dalla bancarotta. In cambio, avrebbe chiesto e ottenuto la titolarità del logo del partito. Lo «spadone» di Alberto da Giussano. A confermare la vicenda è Rosanna Sapori, già consigliere comunale della Lega, membro del direttivo provinciale di Bergamo e, soprattutto, (ormai ex) celebre giornalista di Radio Padania Libera. «Nessuna invenzione - spiega la diretta interessata - l’ho detto più volte, anche in tv. E finora nessuno si è mai permesso di smentirmi». E dire che fino a pochi anni fa Rosanna Sapori e Umberto Bossi erano grandi amici. «Con lui - continua la giornalista - ho sempre avuto un rapporto bellissimo. Una relazione che, a differenza di altre donne all’interno della Lega, non aveva alcuna implicazione sessuale». Il legame tra i due termina nel 2004, quando Rosanna viene cacciata da Radio Padania. Alla base di quella epurazione, racconta lei, ci sarebbe proprio il legame con il Senatur. «La nostra amicizia aveva creato molta invidia a via Bellerio. Non è un caso che mi licenziarono proprio durante la sua malattia». Nonostante tutto, Rosanna Sapori conserva un ottimo ricordo del leader della Lega: «Nella vita di tutti i giorni non era mica quello di Pontida. Lì recitava un ruolo: urlava e le sparava grosse perché la gente lo voleva così. Ma lui era tutt’altro. Una persona furba e capace. Con una enorme lungimiranza. Figurarsi che già sei anni fa odiava Gianfranco Fini. A Berlusconi lo diceva sempre: “Vedrai che questo qui prima o poi ti tradirà”». Un politico di razza, insomma. Ma anche un padre padrone. «Era un profondo conoscitore della psiche umana e del linguaggio del corpo. I suoi erano terrorizzati. Se ne prendeva di mira uno, lo massacrava. Lo insultava, lo umiliava. Godeva nel vederli prostrati davanti a lui». La presunta compravendita del simbolo? A sentire la Sapori, i problemi per la Lega iniziarono con la creazione di Credieuronord. «Per carità - rivela la giornalista, che ha raccontato questa vicenda nel libro “L’unto del Signore” di Ferruccio Pinotti - probabilmente quell’istituto di credito è nato con tante buone intenzioni. Anche se Bossi non ci ha mai creduto più di tanto». In realtà, in quegli anni il maggior sponsor di Credieuronord è proprio il Senatur. È Bossi a scrivere una lettera in cui invita i vertici del partito a sottoscrivere le quote della banca. «Sarà - continua la Sapori - ma lui in quel progetto ci mise solo 20 milioni di lire. Calderoli, per esempio, investì 50 milioni. Ricordo che molti parlamentari, anche per paura di non essere più ricandidati, ci buttarono un sacco di soldi». Il sogno bancario della Lega sfuma in poco tempo. Il bilancio 2003 dell'istituto di credito si chiude con 8 milioni di perdite. Nello stesso anno, un’ispezione di Bankitalia fa emergere il dissesto. «A quel punto Bossi, che forse aveva perso il controllo della banca - continua la Sapori - chiamò Giancarlo Giorgetti, suo confidente in materia finanziaria. Lo ricordo benissimo. Gli chiese: “Fammi capire cosa sta succedendo”. Giorgetti si recò nella sede della banca, a due passi da via Bellerio, entrò e non ne uscì per una settimana. Quando portò i conti a Bossi, gli disse molto chiaramente che rischiavano di andare tutti in galera». Misteriosamente, la Lega trova una via d’uscita. Nel 2005, la Banca Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani interviene per rilevare Credieuronord. E Silvio Berlusconi cosa c’entra in tutta questa storia? «Fu lui a permettere l’intervento di Fiorani - spiega la Sapori -. In ogni caso i conti dissestati della Lega non derivavano mica solo dalla banca. C’erano già i problemi finanziari dell’Editoriale Nord, l’azienda cui facevano capo la radio, la tv e il giornale di partito. Il primo creditore di Bossi, poi, era proprio il presidente Berlusconi. Le innumerevoli querele per diffamazione che gli aveva fatto dopo il ribaltone del ’94, le aveva vinte quasi tutte. La Lega era piena di debiti. Si era imbarcata in un’interminabile serie di fantasiosi e poco redditizi progetti come il circo padano, l’orchestra padana. Non riuscivano a pagare i fornitori delle manifestazioni. Ricordo che allora erano sotto sequestro le rotative del giornale e i mobili di via Bellerio». Così, secondo il racconto della Sapori, il Cavaliere decide di ripianare i debiti del Carroccio. Facendosi dare, in cambio, la titolarità del simbolo del partito. «Glielo suggerì Aldo Brancher - ricorda la Sapori -. La titolarità del logo di Alberto da Giussano era di Umberto Bossi, della moglie Manuela Marrone e del senatore Giuseppe Leoni. Furono loro a firmare la cessione del simbolo. È tutto ratificato da un notaio». E aggiunge: «Fini questa storia la conosce benissimo - taglia corto la Sapori -. Qualche anno fa lui e il premier si incontrarono a cena a Milano. C’erano anche altri parlamentari del centrodestra. Quando qualcuno si lamentò del comportamento della Lega, il Cavaliere si alzò in piedi e annunciò: “Non preoccupatevi di Bossi, lui non tradirà più. Lo spadone è mio”». Secondo indiscrezioni, il simbolo del Carroccio costò a Berlusconi circa 70 miliardi di lire. Sulla cifra, però, Rosanna Sapori non si espone. «So solo che il Cavaliere tolse le querele, si preoccupò di salvare la banca. Ma non saldò tutto con un unico versamento. Non gli conveniva. Decise di pagare a rate».


www.ilriformista.it/stories/Prima%20pagina/253357/

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26/08/2010 20:28
 
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Beh, Fiorani che salva la banca della Lega è proprio un mirabile esempio di "finanza bipartisan"...

Ma ormai gli italiani.... nono, scusate, ricomincio... Ma ormai una minima percentuale degli italiani l'ha capito che i soldi e gli affaracci propri non hanno colore politico! Il problema è farlo capire agli altri 60 milioni!!! [SM=x47930]

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