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Fermiamoci un attimo a riflettere: perché ci manca così tanto?

Ultimo Aggiornamento: 10/01/2011 15:57
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10/01/2011 15:57
 
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Re:
Sfinge senza segreto., 19/10/2010 13.32:

Aggiungo a questa discussione (se sia appropriato o meno non lo so, nel dubbio azzardo) una mia riflessione scritta parecchio tempo fa, con la quale ho cercato di capire e anche di raccontare (principalmente a me stessa) quello che è successo a me e a tante altre persone nel mondo in pochi giorni, e che ha cambiato (almeno per me) le carte in tavola.


***


Jim Morrison morì per overdose a Parigi il 3 luglio del 1971. Mancavano ancora vent'anni alla mia nascita.
John Lennon fu assassinato a New York l'8 dicembre del 1980. Undici anni prima che io nascessi.
Andrea Pazienza morì per overdose il 16 giugno del 1988. Sarei venuta al mondo solo tre anni dopo. In quel momento, probabilmente, i miei genitori erano due semplici fidanzati della seconda metà degli anni '80.
Freddy Mercury morì di AIDS il 24 novembre del 1991. Due giorni dopo avrei compiuto otto mesi di vita. Troppo poco per interessarsi ai telegiornali.
Kurt Cobain si suicidò presumibilmente il 5 aprile del 1994. Allora avevo tre anni, un mese e dieci giorni di vita e non potevo capire. Avrei scoperto i Nirvana soltanto molti anni più tardi.
Il 26 giugno del 2009 avevo esattamente diciotto anni e quattro mesi ed ero abbastanza grande per capire e per rielaborare quello che di lì a poco avrei sentito; ma forse sarebbe bene che, per farvi capire con esattezza i miei sentimenti di allora, procedessi seguendo un più o meno rigoroso ordine cronologico.
Ore otto del mattino (più o meno). Mi svegliai e il primo pensiero che mi balzò in mente è "Cicerone". Quel giorno vi sarebbe stata la seconda prova dell'esame di maturità, e per noi del classico è una versione, o di latino o di greco. L'anno appena passato uscì latino, e ovviamente cedetti al gioco del cercare di indovinare quale autore sarebbe uscito (e indovinai, ah! Fu Cicerone). In ogni caso, mi alzai, mi vestii e feci la versione di greco per il corso di recupero. Poi uscii di casa con mia madre.
Mentre eravamo in macchina, con la radio spenta, mia madre mi diede un'informazione. Strano, perché di solito non parliamo mai di fatti di mondo, se non davanti al telegiornale dell'ora di pranzo. E soprattutto, cosa che mi ha fatto pensare anche più di quella appena citata, a meno che non siano cose realmente importanti non me ne parla subito al mattino. Comunque, il dialogo che ebbe luogo è il seguente:
Madre: "Lo sai? E' morto Michael Jackson."
Io: "Ah."
Madre: "Stanotte, ha avuto un infarto. L'ho sentito al telegiornale stamattina."
Io: "Mh."
Questo breve scambio di frasi (anche se forse bisognerebbe parlare di monologo) mi lasciò piuttosto interdetta. Punto primo, non avevo mai mostrato il minimo interesse, che io ricordassi, per Michael Jackson. Probabilmente, mi avessero chiesto chi era, non avrei saputo rispondere con precisione. Era qualcosa di sfocato nelle mie sinapsi. Punto secondo, mia madre non ama la musica internazionale. Mi chiesi perché avesse sentito il bisogno di dirmelo, e soprattutto con quel tono, lo stesso che usa quando muore qualcuno che non conosco bene ma che per lei è importante; analogamente alle altre volte, infatti, mentre me lo diceva non avevo la più pallida idea di cosa dire. Mentre scendevo le scale della metropolitana lessi un messaggio di mia sorella che, con tanto di faccina lacrimante, mi informava che Michael Jackson era morto. Mi dissi boh, sta andando a Milano con i suoi amici, l'avrà letto sui vari Metro o City o Leggo, o l'avrà sentito dire. La domanda però era sempre la stessa: perché dirmelo? Pensai ad Alice e ad Alessandro, entrambi grandi fan di MJ (lo abbrevio per non ripeterlo ulteriormente). Chissà come si sentivano, chissà se l'avevano saputo. Passai la mattinata facendo lezione e quando tornai a casa mi fiondai sul sito dell'Ansa con l'intenzione di scovare qualche informazione in più sulla seconda prova, ma finii quasi subito a leggere gli articoli nella categoria spettacoli, che occupavano una buona parte della home page. Però su internet girano tante cose e tante notizie, e per me la loro importanza è relativa; mi accorgo sul serio che una cosa è davvero importante quando ne parlano i telegiornali (sarà sbagliato, ma è così). Infatti, trovai una risposta alle domande che mi ero posta tra me e me quel giorno a pranzo, durante i titoli di testa del TG1. Tutti i primi servizi (nda: mi pare di ricordare che fosse così, sinceramente non ho controllato) erano dedicati alla morte di Michael Jackson, e a me sembrava surreale. L'ultima volta che avevo visto una cosa del genere era stato nei giorni seguenti la caduta delle Torri Gemelle. Li guardai stranita. La cosa che mi è rimasta più impressa nella memoria, e che forse non dimenticherò mai, è quella breve sequenza di riprese effettuate davanti all'Apollo Theatre ad Harlem. Gente di ogni età, tantissima gente, troppa per contarla, per lo più nera, ma non solo; e tutta questa gente stava cantando, ballando e piangendo nello stesso tempo, come nella scena principe di un qualche Kolossal americano candidato all'Oscar. Lo speaker m'informò che le strade di Harlem erano bloccate da ore dalla folla. Le strade di Harlem bloccate. Da ore. Dalla folla! Mi sembrò una cosa assurda, da Alice nel Paese delle Meraviglie, una cosa che nel mondo di oggi, vuoto e indifferente per la maggior parte, non poteva succedere. Le basi per capire le avrei acquisite qualche tempo dopo, ma iniziai a sentire dentro di me che non era morta soltanto una persona, non era morto soltanto un cantante: era morta un'icona, un mito. Sentivo intorno a me quell'atmosfera tragica che si respira quando muore un eroe. Nelle ore seguenti lessi tutto ciò che trovai. Ascoltai qualche canzone di MJ con un grandissimo senso di colpa: ecco, pensavo, adesso anche tu fai parte di quella gioventù frivola che disprezzi. Anche tu ti dispiaci per una persona che non hai mai conosciuto, ne scopri adesso i meriti, infanghi la sacralità della morte e i sentimenti di chi davvero soffre. Quando il clamore di questi giorni sarà passato, dimenticherai tutto e non te ne ricorderai più. Comunque, erano belle canzoni. Ascoltandone altre, mi resi conto che molte le conoscevo già, ne avevo vaghi e confusi ricordi. Forse le avevo sentite quando ero piccola, chissà. In ogni caso, quando quel pomeriggio uscii con la mia amica di sempre la prima cosa che ci dicemmo fu: "lo sai? E' morto MJ". Nei giorni seguenti i telegiornali continuarono a parlarne nei primi servizi, i giornali a pubblicare un numero esagerato di articoli e dovunque mi girassi, qualunque canale accendessi, la musica trasmessa era sempre la sua. Mi sembrava di essere entrata in una qualche dimensione parallela. Seppi che il giorno della sua morte, sia Google che Wikipedia erano andati in crash. Mi domandai con sconcerto quanti milioni di milioni di visite ci volessero per far implodere alcuni dei server tra i più potenti al mondo.
Il 7 luglio erano le sette e mezza di sera ed io stavo tornando a casa dalla scuola guida, da sola. Una telefonata alla mia migliore amica, film stasera? E film stasera sia. Pensai anche che quel giorno ci sarebbe stato il memoriale di Michael Jackson a Los Angeles. Pensai che forse alla tv ne stavano parlando. Avevo ormai capito con chiarezza che quello che stava succedendo era qualcosa di importante, e mi venne in mente quel giorno del 1997 (o 1998?) in cui avevo visto mia madre immobile davanti alla tv della cucina (strano) ad osservare i funerali di Lady Diana nell'abbazia di Westminster. Ricordavo una sola videata, con le vetrate di Westminster, non so perché. Dopo aver aperto la porta, mi accovacciai sul divano e accesi la tv sul sesto canale; come avevo immaginato, stavano trasmettendo in diretta il Memorial dallo Staples Center di Los Angeles. Dissero che in tutto il mondo c'erano più di un miliardo di persone che lo stavano guardando, ma ormai a questi numeri pazzeschi mi ci stavo abituando.
Scoppiai a piangere ascoltando Brooke Shields parlare, poco prima che cominciasse a piangere anche lei e che perfino la voce della traduttrice si incrinasse. Mi sentii un verme perché stavo piangendo per una persona che non conoscevo. All'improvviso, però, ricevetti un'illuminazione che per certi versi ha del miracoloso. In una luce abbagliante mi apparve una sera d'estate di parecchi anni fa. Mia madre stava stirando nel tinello, io e mia sorella eravamo in cucina a fare non so cosa, mio padre leggeva il giornale. La tv era accesa su AllMusic, rotazione musicale. Ad un certo punto mandarono in onda un video che aveva come scenario un qualche vicolo malfamato di una metropoli. Mia madre salta fuori dal tinello, dice: "alza il volume, è Michael Jackson! E' Billie Jean! Com'era bello." Mi ricordai che restammo in religioso silenzio a vedere il video, il che è strano visto che la mia famiglia non si può certo dire una famiglia amante della musica. Rividi quel ragazzo, quel prodigioso ragazzo, che illuminava il marciapiede sotto i suoi piedi e le cose che toccava, e mi ricordai tutt'a un tratto come mai per un certo periodo della mia infanzia avessi fantasticato di piastrelle che s'illuminavano al mio tocco. Subito dopo questo, un altro ricordo che avevo rimosso si illuminò davanti ai miei occhi. Settembre o ottobre 2006, primi mesi di quarta ginnasio, periodo buio. Stavo facendo i compiti a casa di Alice e non so perché ad un certo punto parlammo di Michael Jackson, di cui lei era fan. Forse mi fece vedere delle foto e qualche spezzone di video, e mi raccontò di quella malattia della pelle che l'aveva fatto diventare bianco e che aveva anche una persona che conosceva (questa frase, da quel giorno in poi, l'ho ripetuta pari pari a chiunque mi dicesse che si era voluto sbiancare, che l'aveva fatto apposta). Mi ricordai che aveva messo allo stereo Thriller mentre finivamo i compiti, e che le avevo detto mica male, è bella 'sta canzone! Arrivata a casa cercai il video e lo guardai non una, non due, non tre, ma miliardi di volte. Me n'ero innamorata. Poi non so perché lo accantonai, senza cercare altro. Ecco, tutto questo mi tornò in mente nel giro di una frazione di secondo e mi schiacciò come una cannonata. Per la prima volta in vita mia piansi lacrime di dolore. Non lacrime di rabbia, né lacrime di nervosismo o di tristezza; lacrime di dolore. Non del tutto lucidamente, ma piuttosto in un qual certo modo inconscio, cominciavo a capire come si sentivano tutte quelle persone fuori dall'Apollo Theatre, tutta quella gente nel mondo che non conoscevo e che stava piangendo. Sentivo che qualcosa che era nello stesso tempo mio e di tutti mi era stato strappato per sempre, qualcosa che avevo creduto incrollabile ed invincibile, e sapevo che non sarebbe mai più stato lo stesso. Capii in quel momento il significato della morte e della perdita di una persona. Più tardi avrei rielaborato quei pensieri scollegati, avrei capito perché mi aveva fatto così male, avrei motivato il pianto di tante persone diverse, avrei provato a dare a Michael Jackson il suo giusto valore all'interno di un discorso sociologico; ma in quel momento davanti alla tv, mentre sentivo i lacrimoni scendere silenziosi sul mio viso e tentavo di non singhiozzare, sapevo soltanto una cosa: che mi faceva davvero male, che Michael Jackson fosse morto.


***







è questa la cosa più incredibile che non smetterà mai di stupirci : Michael era (e sarà) anche nel cuore di quelle persone che non lo sapevano (o non sanno ancora).
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