"Lifes' Fragments - When Everything Change". Terminata: 8 capitoli (brevi racconti). Rating: arancione

Ultimo Aggiornamento: 12/07/2010 12:17
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14/11/2009 18:53
 
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Grazie mille, ragazze... sì, lo so, anche a me ha fatto molto male scrivere queste cose... ma tanto tutto si è sistemato, no? Anche se un po' tardi...

X GioTanner: spero che il tuo malumore non sia nulla di grave... dai, segui gli insegnamenti di Mike: SMILE...

Grazie ancora per tutti questi complimenti... vi voglio un bene nell'anima...
Alla prossima col capitolo "Ben"! [SM=g27823]


Michael Jackson, l'unico Re che meritava di essere studiato nei libri di storia...
15/11/2009 23:44
 
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I tuoi racconti sono bellissimi, brava!!! Questo secondo capitolo xò è stato molto duro da leggere, so che hai descritto la realtà, nel senso che molta gente (purtroppo), pensa quelle cose di MJ proprio x causa dei giornalisti e di ciò che scrivono, gente che pur di avere una notizia sarebbe capace (come nella tua storia) di infangare anche il proprio cugino, gente senza coscienza, che purtroppo ha fatto soffrire molto il nostro MJ, praticamente l'hanno distrutto, tutte le volte che ci penso mi sale una rabbia...tornando alla tua FF...la parte dei ricordi di Susie e la scena finale mi hanno fatto piangere, davvero, sei stata bravissima, ah, dimenticavo, bello il personaggio del tassista che fa le veci della coscienza, magari ci fosse più gente come lui...Aspetto il tuo prossimo capitolo. Baci

It's all for Love...L-O-V-E - Michael Jackson




The Dancer on the Moon - our Michael Jackson Blog.

16/11/2009 16:20
 
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3 CAPITOLO
3. BEN

Ben, the two of us need look no more
We both found what we were looking for
With a friend to call my own
I'll never be alone
And you my friend will see
You've got a friend in me
(You've got a friend in me)

Ben, you're always running here and there
You feel you're not wanted anywhere
If you ever look behind
And don't like what you find
There's something you should know
You've got a place to go
(You've got a place to go)

I used to say, "I" and "me"
Now it's "us", now it's "we" (X2)

Ben, most people would turn you away
I don't listen to a word they say
They don't see you as I do
I wish they would try to
I'm sure they'd think again
If they had a friend like Ben
Like Ben
Like Ben


Dicono che il destino non esiste… e do loro ragione. Ma a volte succede qualcosa che ti fa cambiare idea. Tipo quando lo vidi per la prima volta; non potevo credere che fosse accaduto tutto per caso. Quando ascoltai per la prima volta il Re del Pop mi trovavo nel pancione della mamma. Quando tremai per una sua canzone avevo poco più di quattro anni. Quando Michael Jackson entrò nella mia vita… beh, semplicemente non sapevo che era lui.

Mia madre aveva in mano un pezzo di stoffa nera. Lo manteneva solo con due dita, il pollice e l’indice, come se ne avesse paura.
Mio padre era… spaventato. E anche stupito. Sì, o almeno credo. A dieci anni non riesci a decifrare tutte le emozioni della gente…
Io guardavo la scenetta da dietro la porta della stanza da letto dei miei; non capivo nulla di quello che stava accadendo, ma sentivo che quella situazione non era molto bella… era come se avessi un qualcosa dentro di me che mi sussurrava: “Scappa… andrà a finire male…”.
Ma per qualche insolito motivo decisi di restare. E non mi pentirò mai della scelta che feci quel giorno.
-Cosa ci fa questa nel mio letto?-, mormorò mia madre indicando lo strano oggetto che aveva in mano. Solo allora mi accorsi che era una mutandina di pizzo nero. Ma perché era così arrabbiata? E perché papà stava sudando così tanto?
-Hannah… lasciami spiegare…-, disse lui, avvicinandosi a lei e posando le sue mani sulle sue spalle. Lei si scostò.
-Voglio sapere cosa cazzo ci fa questa mutanda nel mio letto-, ripeté.
Ma prima che lui potesse rispondere, mia madre iniziò a gridare.
-Come hai potuto? Hai una famiglia a carico! Un figlio! E hai preferito portarti a letto un’altra!-.
Trattenei il respiro.
-I…io… mi dispia…-.
-Non dire quella parola! Se davvero eri “dispiaciuto” non ti scopavi una puttana!-, lo interruppe lei.
-Non gridare, ti prego…-.
-No, io grido quanto mi pare e piace, invece! Che tutti sentano! I vicini, l’altro quartiere, tutta la città… tutti devono sapere che sei uno STRONZO!-.
Iniziò a prendere a calci la poltrona e il letto.
-Ferma! Ferma, cosa fai?-, urlò mio padre. L’agguantò da dietro, ma lei si liberò dalla stretta e lo spinse verso la porta.
-Via! Via da qui! Non ti voglio più vedere qui! Tu. Non. Sei. Mio. Marito!-, disse, mano a mano che lo portava fuori dalla stanza da letto.
Mi scostai evitando per un pelo di essere travolto da mio padre, che cadde con la faccia a terra. La porta si rinchiuse. Io rimasi a fissarlo ancora per qualche secondo, guardandolo alzarsi a fatica e sospirare di resa. Poi i suoi occhi incontrarono i miei.
-Michele…-, sussurrò.
Mi voltai e mi avviai verso la porta d’ingresso.
Sentii mio padre gridare, e subito dopo la sua stretta. Mi aveva preso prima che potessi raggiungere l’uscita. Non ricordo quello che mi disse: pensavo solo a staccarmi dalla sua stretta, perché per lui provavo solo odio.
Riuscii a scrollarmelo di dosso e aprii la porta di casa. Uscii fuori e iniziai a correre. Corsi fino a star male, fino a non sentire più le gambe, pur di andare il più lontano possibile da quella casa.
Avrei continuato a correre per ore, ma mi fermai. Mi guardai indietro. Di mio padre nessuna traccia.
Tirai un sospiro di sollievo e alzai gli occhi. Di fronte a me si ergeva in tutta la sua imponenza il Colosseo.
Cavolo, ero arrivato fin lì? Da casa mia al monumento ci voleva come minimo un quarto d’ora… a piedi… ah, allora non avevo fatto molta strada.
Sospirai e mi sedetti su una panchina.
Mio padre aveva tradito mia madre. Non sapevo bene cosa significasse, ma di sicuro era una cosa cattiva se aveva fatto piangere mia madre. Rividi quelle guance bagnate quando disse a mio padre di andarsene… presi le ginocchia fra le mani e vi immersi il volto.
Poi, inaspettatamente, sentii un tocco caldo sulla spalla.
-Why are you crying, child?-.
Alzai la testa e vidi tre uomini davanti a me. Uno aveva i capelli biondo scuro e occhi azzurri, l’altro era moro e l’altro ancora aveva i capelli corti biondo platino e portava un berretto e gli occhiali da sole.
Scossi la testa.
-You don't understad me, right?-, mi chiese quello col berretto. Solo allora mi accorsi che la sua voce era tenera e cristallina come quella di un bambino.
-Vi capisco-, risposi in inglese. –Non preoccupatevi, sto bene-.
-Non mi pare. Stai piangendo-, mi fece notare il tizio che aveva parlato prima.
Mi asciugai in fretta le guance.
-No, queste non sono lacrime!-, risposi.
-Certo… è pioggia, giusto? A fine giugno è normale-, disse ironico.
Abbassai la testa.
-Che volete da me?-, gli chiesi.
-Eravamo preoccupati, tutto qui. Ti abbiamo visto… ehm… bagnato per colpa della pioggia e ho pensato che sarebbe stato bello se ti avessi dato un ombrello-.
Lo guardai stupito.
-Eh?!-.
-Okay, parlo normalmente, però non ti lamentare. Ti abbiamo visto piangere e abbiamo pensato che sarebbe stato bello se ti avessimo… consolato-.
Sorrisi.
-Grazie mille, ma adesso passa tutto-, risposi.
-Sicuro?-.
Annuii.
-Grazie-, dissi di nuovo, e mi alzai dalla panchina.
Li sentii borbottare fra loro.
Non capii quello che dicevano, ma per un attimo mi parve di sentire il mio nome.
Mi voltai.
-Mi avete chiamato?-, chiesi, e li vidi scambiarsi occhiate strane.
-No…-, rispose quello moro.
-Non avete detto Michele?-, domandai dubbioso.
Quello con il berretto aveva un’espressione strana.
-Ti chiami Michele?-, mi chiese.
Annuii.
Lui sorrise.
-Il mio cantante preferito si chiama come te! Michael, però…-, disse.
Gli occhi mi luccicarono.
-Non dirmi che stai parlando di Michael Jackson! Perché anche a me piace tantissimo! Sono fiero di chiamarmi come lui!-, esclamai tutto d’un fiato.
Le due persone dietro s’irrigidirono e il tizio sorrise; chissà perché, ma per un attimo ho creduto che fosse felice.
-È bello vedere come un cantante così conosciuto possa piacere anche ai bambini-.
-Ma a tutti piace! La sua musica entra nell’anima! O almeno, è quello che mi dice mia madre…-, dissi io, e per un attimo ricordai perché ero scappato. Stavo per piangere di nuovo, quando sentii di nuovo la voce del tizio col cappello.
-Anche tua madre è una fan di Michael Jackson?-.
Annuii, frenando le lacrime.
-E mio padre. Si sono conosciuti ad una festa e hanno scoperto di avere gli stessi gusti musicali. Mia madre si trovava in Italia da due mesi, e conosceva solo la ragazza che aveva fatto la festa. Mio padre, che sa parlare bene l’inglese, l’aveva vista sola e le aveva fatto un po’ di compagnia, e così…-.
-Ah, allora tua madre non è italiana… ecco perché sai parlare così bene la nostra lingua!-, esclamò lui.
-Sì, infatti, è americana. Viene da Phoenix-.
Lui fece un cenno con la testa. –Arizona… ci sono stato un paio di volte. È molto bello lì-.
-Mia madre me lo dice spesso. E voi di dove siete?-, chiesi, curioso.
-Di Los Angeles-, rispose il moro.
Rimanemmo un po’ in silenzio, fin quando il tizio col berretto mi chiese: -Ti va un gelato?-.
Lo guardai per un attimo. In fondo non c’era niente di male, no?
-D’accordo. Grazie-.
-Ah, comunque mi chiamo Thomas-, disse lui.
Gli sorrisi e lo presi per mano.
-Piacere di conoscerti, Thomas-, risposi, e ci avviammo al chiosco.

Il Colosseo era un monumento sensazionale. Era enorme, stabile… in tutti quegli anni era rimasto in piedi per infondere paura e timore ai nemici e a farsi ammirare da coloro che venivano in pace nella sua terra.
Desideravo da anni di venire a Roma e poter dire che anche io, il famoso Michael Jackson, ho visto il Colosseo e sono rimasto colpito dalla sua grandezza e dalla sua magnificenza. Era come se mi fossi prostrato davanti a lui e gli chiesi di rendermi grande, forte e coraggioso, e di farmi vivere per sempre proprio come lui. Eterno, saldo e capace di infondere ammirazione fra gli animi di tutte le persone. Ecco come mi immaginavo. Ma in quel periodo le cose non andavano proprio a meraviglia. E non si trattava dei dischi, “Bad” in pochi mesi aveva raggiunto le milioni di vendite… anche se non avrebbe mai superato “Thriller”. No, il problema era un altro. Il problema era che da quando avevo cambiato colore della pelle i tabloid non facevano altro che attaccarmi. Approfittavano di ogni mia minima azione per ingigantirla e trasformarla in articolo di prima pagina, per cui dovevo stare molto attento a quello che combinavo.
Ma quella volta era diverso. Io dovevo andare a Roma. Lo dissi categoricamente ai miei produttori, e loro non ebbero nulla da ridire. Restava solo da decidere come sarei sopravvissuto a Roma. Se i miei fans lo avrebbero scoperto addio giri turistici, benvenuti al bagno di folla e all’orda di giornalisti. Per cui, avevamo attuato un piano di riserva: mi sarei travestito.
Ci volle meno di un’ora per fare in modo che i miei tratti somatici cambiassero con il trucco. Poi indossai altri accessori, in modo da rendermi praticamente irriconoscibile.
Per tutta la mattinata non ci fu alcun problema, e finalmente riuscii a vedere il Colosseo. Mi guardai attorno per cogliere ogni minimo particolare di quella città stupenda, quando vidi un bambino dai capelli biondi rannicchiato su una panchina con la testa fra le ginocchia.
Senza fregarmene delle due guardie del corpo accanto a me, mi avvicinai a lui. Solo allora mi accorsi che singhiozzava.
No, perché sta piangendo?, pensai.
Non sapevo cosa fare, anche perché molto probabilmente era italiano e non capiva l’americano…
Oh, ma che t’importa, Michael? Sta piangendo! Ed è solo un bambino!
Così mi feci coraggio e gli chiesi con un filo di voce: -Why are you crying, child?-.

-Allora, quale gusto vuoi?-, mi chiese Thomas.
-Ehm… io non ho soldi…-, mormorai imbarazzato.
Lui mi guardò stupito. Poi mi sorrise. Ma perché mi sembravano così familiari quei gesti?
-Secondo te ti faccio pagare un gelato? Ad un bambino? Naturalmente te lo offro!-, esclamò. –Quindi? Il gusto?-, aggiunse.
Stetti un attimo a pensare se era il caso o no. Di certo non potevo tornare a casa, non volevo rivedere il volto triste di mia madre. Ma i miei genitori mi ripetevano sempre: -Non accettare mai nulla da uno sconosciuto!-. Però… era strano, non riuscivo a spiegarlo… eppure, mi sembrava che conoscessi Thomas da una vita, sebbene durante il tragitto fino al chiosco io abbia parlato solo di me. Sospirai.
-Tiramisù e nocciola-, risposi. Poi, dopo una breve pausa:-Con la panna-.
Thomas mi guardò divertito.
-Ah, allora non sei poi così timido!-, rise lui.
Sorrisi fingendo di essere imbarazzato e mi misi le braccia dietro la schiena.
Vidi Thomas che si avvicinava a me correndo e mi spaventai. Poi mi abbracciò.
Io ricambiai la stretta e ridemmo entrambi. Mi trovavo proprio bene con lui: saremmo diventati ottimi amici, lo sentivo.
-Perché piangevi prima?-.
Eravamo seduti su una panchina non lontana dal chiosco con i gelati in mano – a parte i due amici strani di Thomas che stavano in piedi e si guardavano attorno come se stessero cercando qualcuno.
Abbassai la testa.
-Nulla…-.
-Se è qualcosa che ti fa soffrire, scusami. Però io credo che ti servirebbe proprio sfogarti con qualcuno. Ovvio, se non vuoi parlare nessuno ti costringe-, disse Thomas.
Lo guardai e vidi il mio riflesso nei suoi occhiali.
-Sono scappato di casa-.
Non disse nulla.
-Mio padre ha tradito mia madre-, continuai.
-Ah-, disse solamente.
-Non so bene cosa significhi…-, mormorai pensieroso, -…ma mi sa tanto che non è una cosa bella…-.
-No, infatti-, rispose Thomas. –Ma sono convinto che tutto si sistemerà-, aggiunse, rassicurante.
Annuii.
-No, non piangere…-, mormorò asciugandomi una lacrima. Poi si batté la testa con una mano. –Ah, già! È pioggia, vero?-, domandò sorridendo.
Risi.
-Visto? Sono riuscito a farti ridere!-, esclamò trionfante.
Gli feci una boccaccia e lui iniziò a farmi il solletico.
-No! No, ti prego!-, lo implorai fra una risata e l’altra.
-Ah, lo soffri?-, e continuò più veloce.
-Sì! Ti prego, smettila!-.
-E tu promettimi che non piangerai più!-, esclamò.
Non riuscivo a parlare, mi stavo soffocando. Lui fraintese il mio silenzio in un segno di testardaggine e iniziò anche a pizzicarmi.
-NO! Lo prometto! Lo giuro!-.
-Cosa giuri?-, domandò lui senza fermarsi.
-Giuro che non piangerò più!-, gridai alla fine, esasperato.
Mi lasciò.
-Bravo. Così si fa. E mi raccomando: mantieni la tua promessa, altrimenti verrò a punirti fin dentro casa tua-.
Annuii.
-E adesso torna a casa, perdona tuo padre e sta’ vicino a tua madre, ha bisogno di te-, mi disse.
Abbassai la testa, ma non piansi. No, gli avevo promesso che non l’avrei fatto.
-D’accordo-, e lo abbracciai.
Lui mi accarezzò la schiena e i capelli.
-Adesso siamo amici?-, gli sussurrai all’orecchio.
-Fin quando mi vorrai accogliere-, rispose.
Non capii la sua risposta, ma non ci pensai più di tanto. Thomas mi capiva e mi voleva bene, e saremmo rimasti attaccati anche se lui viveva lontano. Avevamo trovato entrambi ciò che cercavamo: un amico vero. E io non l’avrei mai tradito.

-Michele? Michele, è per te!-.
Mia madre mi chiamava dalla cucina. La sua voce era più viva, più rilassata. Da quando lei e mio padre avevano divorziato si sentiva più serena. C’era stato un periodo in cui credevo che non avrebbe mai superato il dolore, ma mi sbagliavo: ormai stava bene. E io anche. Era passato qualche mese dall’incontro con Thomas, e l’unica notizia che avevo da lui era una lettera in cui diceva che era appena partito e che voleva sapere se stavo bene.
Io gi risposi di sì, che ormai i miei stavano per divorziare, che soffrivo – quello è ovvio – ma che non ho mai pianto, perché gliel’avevo promesso.
Aspettavo con ansia qualche sua notizia, ma non era arrivata nemmeno una cartolina. Col tempo ho cercato di non pensarci più, ma ogni mattina mi svegliavo con la speranza di trovare nella cassetta della posta una sua lettera, o foto, o anche uno straccio di carta con la sua firma. L’importante era sapere che stava bene.
Quando mia madre mi chiamò non pensai a nulla. Tuttavia, quando la vidi con un pacco in mano, mi incuriosii. Me lo porse e io guardai il foglietto attaccato sopra. C’era scritto “Los Angeles”.
Trattenei il fiato rumorosamente e presi velocemente un taglierino dal cassetto alla mia sinistra. Aprii il pacco e guardai dentro.
C’era carta.
La tolsi.
Cellophane.
Tolsi anche quello.
Poi lo vidi.
In fondo alla scatola c’era qualcosa.
Un altro pacco.
Lo presi e lo aprii tremante.
C’erano due pezzi di carta e un rettangolo incartato.
Guardai prima i pezzi di carta.
E mi si fermò il cuore.
Erano due biglietti per la prima fila al “Bad Tour” di Michael Jackson a Roma.
Aprii il rettangolo.
C’era la figura di un uomo con i ricci e addosso una giacca nera di pelle con borchie varie.
Il vinile di “Bad”.
Lo girai.
Sul retro era appeso un biglietto. Quando lo lessi, iniziai a piangere.

Al mio fan numero uno,
a cui ho offerto un gelato ai sensazionali gusti tiramisù e nocciola con panna.
Con l’augurio che ora non soffra più e che
Verrà a trovarmi al mio concerto.
Un bacio, il tuo grande amico
Thomas / Michael Jackson


Strinsi a me quei meravigliosi regali mentre piangevo di gioia e mia madre mi abbracciava.
Sì, grazie a lui quel frammento di vita stava per cambiare. Per sempre.



Beh... so che è breve... ma spero che vi sia piaciuto lo stesso...
X BEATIT81: Grazie mille per i complimenti!!! [SM=g27821]
Un bacio a tutti voi e... GOD BLESS YOU!!!! [SM=g27817]
[Modificato da MichaelInTheHeart 16/11/2009 16:24]


Michael Jackson, l'unico Re che meritava di essere studiato nei libri di storia...
16/11/2009 17:13
 
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Prego ;-))))), ma quello che ho scritto ieri è la pura verità...bellissimo anche questo tuo terzo racconto...Brava!!!

It's all for Love...L-O-V-E - Michael Jackson




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16/11/2009 18:28
 
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MichaelInTheHeart è stupendo questo capito, troppo dolce e tenero!
Bravissima!!! [SM=g27822]
Bellissimi questi raccontiiiiiiiiii! [SM=g27819]

"Now we pray for rain and with every drop that falls we hear, we hear your name..." ♥ (Elton John)

16/11/2009 18:51
 
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Grazie mille... *.*
Non sapete quanto mi rendano felice questi vostri commenti positivi... cavolo, e adesso vorrei tanto postare il prossimo... però poi non lascio quella "suspence" tipica degli scrittori... [SM=g27822] sese, una scrittrice io... [SM=x47954]
Vabbè, comunque grazie mille a tutti voi... siete meravigliosi, davvero, vi voglio un mondo di bene!!! :'] Beh, se questi vi hanno fatto piangere... voglio proprio vedere il prossimo... [SM=g27825]
Okay, non anticipo altro... solo una cosa: preparatevi mentalmente!
Un bacione!!! [SM=x47938]



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16/11/2009 19:14
 
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Re:
MichaelInTheHeart, 16/11/2009 18.51:

Grazie mille... *.*
Non sapete quanto mi rendano felice questi vostri commenti positivi... cavolo, e adesso vorrei tanto postare il prossimo... però poi non lascio quella "suspence" tipica degli scrittori... [SM=g27822] sese, una scrittrice io... [SM=x47954]
Vabbè, comunque grazie mille a tutti voi... siete meravigliosi, davvero, vi voglio un mondo di bene!!! :'] Beh, se questi vi hanno fatto piangere... voglio proprio vedere il prossimo... [SM=g27825]
Okay, non anticipo altro... solo una cosa: preparatevi mentalmente!
Un bacione!!! [SM=x47938]



eh si, preparetevi mentalmente *sisi* perchè giuro, io leggendolo su EFP (li ho letti tutti oggi xD mi è piaciuto molto emn..posso dire il titolo? Baby be Mine, ok? Spero di non aver tolto emn..la suspence che volevi anche nei titolo, altrimenti scusami x°) comunque ritornando a questo capitolo che postarai, lo devo dire, io con te riesco solo che a piangere, ma a piangere in modo positivo! [SM=g27821] [SM=g27822] [SM=g27836]

17/11/2009 15:08
 
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Oh, GioTanner... davvero li hai letti tutti?? [SM=g27827] *me emozionata* [SM=g27821] [SM=g27819]
D'accordo... allora... bando alle ciance...
ecco a voi il quarto capitolo... mi raccomando, però... preparatevi...





4. GONE TOO SOON

Like a comet
Blazing 'cross the evening sky
Gone too soon
Like a rainbow
Fading in the twinkling of an eye
Gone too soon
Shiny and sparkly
And splendidly bright
Here one day
Gone one night
Like the loss of sunlight
On a cloudy afternoon
Gone too soon
Like a castle
Built upon a sandy beach
Gone too soon
Like a perfect flower
That is just beyond your reach
Gone too soon
Born to amuse, to inspire, to delight
Here one day
Gone one night
Like a sunset
Dying with the rising of the moon
Gone too soon
Gone too soon


Il centro commerciale non era molto affollato quel giovedì mattina. Io e le ragazze ci eravamo messe d’accordo per farci un giro e festeggiare la fine della scuola. Era una giornata tersa, serena, tipica di fine giugno, e il centro commerciale la rispecchiava perfettamente: era tutto così splendente e allegro e meraviglioso… il nostro gruppo sembrava un insieme di creature nate direttamente dal sole dalla felicità e l’allegria che sprizzavano dai nostri pori. Ero spensierata e felice, quel giorno più che mai. Strano, per me che ero sempre la più timida, riservata e malinconica del gruppo. Stavo bene e non sapevo nemmeno io perché. Ma in quel momento non m’interessava il motivo di cotanta positività. Avrei respirato il favoloso profumo della contentezza per il resto della giornata.
-Ambra?-.
Mi voltai sentendo il mio nome. La ragazza dai capelli e gli occhi scuri che mi aveva chiamata guardava una vetrina.
-Dimmi, Joanne-, le risposi.
-Vieni a vedere-, mi disse solamente indicando una vetrina.
Mi avvicinai a lei e guardai ciò che indicava.
-Mio Dio…-, mormorai.
Davanti a me si ergeva in tutta la sua bellezza un poster a grandezza naturale che raffigurava un uomo dai lunghi capelli neri e ricci che mi sorrideva. Per un attimo mi si fermò il cuore. Non capivo cosa mi succedeva, né tanto meno quello che accadeva attorno a me. Ero completamente assorbita dai suoi occhi neri, profondi e dolcissimi.
-Mio Dio-, ripetei, questa volta più forte. –Ma è vero?-, chiesi, scioccata.
-Certo che no, Bra! Secondo te Michael Jackson si fa trovare così facilmente? In una vetrina di un negozio? E poi adesso ha i capelli lisci, non ricci!-, osservò intelligentemente Dora, un’altra mia amica dai corti capelli platinati.
-Ah-, dissi, delusa.
Ovvio che non è lui, Ambra… mica ti aspettavi che venisse da te a braccia aperte?, mi domandai.
Cavolo, stavo di nuovo precipitando nel mio stato di perenne malinconia. No, dovevo essere allegra, allegra!
Entrai di corsa nel negozio.
-Ambra, che fai?-, chiese Kate.
-Un po’ di spesa-, risposi, e mi diressi al bancone.
-Salve-, mi salutò il commesso, un uomo sulla quarantina. –Posso fare qualcosa per lei?-.
-Sì. Quanto costa quel poster gigante di Michael Jackson in vetrina?-, chiesi.
-15 euro-, rispose.
Sorrisi maliziosa.
-Lo compro-.

-Ambra, sei cosciente del fatto che questo poster non ti farà dormire la notte, vero?-.
Annuii.
-Certo, Joanne, ma saranno notti trascorse in paradiso con lui che mi sorride-, risposi sognante.
Joanne scosse la testa.
-Spero di non arrivare ai tuoi livelli, un giorno…-, mormorò.
Io risi.
-Allora quando ci vediamo?-, chiesi.
-Questo sabato James ci ha invitati ad una festa a casa sua. Vieni?-, mi domandò Kate.
-Uhm… credo di sì… devo chiedere, ma non credo che ci siano problemi! Allora a sabato!-.
-Okay, a sabato! Ciao!-.
Ci salutammo e mi diressi a piedi a casa.
Durante il tragitto non facevo altro che pensare a come sarebbe stato bello guardare quel poster accanto il mio letto al mio risveglio, con che gioia avrei iniziato la giornata… sorrisi felice e presi l’mp3. Mi infilai gli auricolari e dopo alcuni secondi le note di “Thriller” riempirono le mie orecchie.
Che giornata meravigliosa…, pensai, felice mentre mi rinchiudevo la porta di casa alle spalle.
-Mamma, sono tornata!-, urlai.
Nessuno rispose, stranamente, alla mia chiamata.
-Mamma? Papà? Ci siete? Maria?-, chiamai.
-Ambra?-, era la voce di mia madre.
-Sì, sono qua-, risposi.
Entrai in cucina, dove c’era tutta la famiglia davanti il televisore.
-Guardate cosa ho comprato!-, esclamai, prendendo il mega poster e mostrandolo a tutti.
Mi guardarono strabiliati e mamma scoppiò a piangere.
-Che succede?-, chiesi preoccupata, e mia madre mi abbracciò forte.
-Non hai saputo?-, mi domandò.
-Saputo cosa?-.
Mi guardò con quei suoi splendidi occhi blu uguali ai miei e indicò la televisione.
Non avevo fatto caso al fatto che fosse accesa. Trasmettevano l’edizione straordinaria del telegiornale. Alla mezza? Strano. Cosa ancora più ambigua era il fatto che parlavano di Michael. Ma che diavolo…
-Michael Jackson è morto circa mezz’ora fa per arresto cardiaco. Inutili i soccorsi dell’ambulanza: quando è arrivato all’ospedale il suo cuore non batteva più. Grande il dolore dei fans che aspettavano il suo ritorno a luglio col suo ultimo tour “This is it”. I testimoni della sua morte…-.
Il poster mi cadde da mano.
No…
Non sentii il resto del telegiornale.
Non è possibile…
È indescrivibile ciò che provai in quel momento.
Non può essere vero...
Un misto di emozioni negative cancellarono perfino la felicità provata fino ad allora.
-NON È VERO! NON PUÒ ESSERSENE ANDATO, NON È POSSIBILE! NON È VERO!-.
Scoppiai a piangere e mi accasciai sul divano.
-Non è vero…-, mormorai, coprendomi il volto con le mani.
Pensai al suo sorriso. Pensai alla sua voce. Pensai ai suoi passi. Pensai alla malvagità di chi lo aveva attaccato per tutti quegli anni.
E sentii qualcuno che mi abbracciava.
Alzai la testa, convinta che fosse stato lui che mi stringeva forte e che mi avrebbe sorriso dicendomi: “Sto bene, non preoccuparti”.
Ma dovetti ricredermi. Era mia madre che aveva preso posto accanto a me, non Michael.
Ovvio che non è lui, è morto, disse una vocina nella mia testa.
Non ce la feci più. Mi alzai e corsi di sopra.
Volevo stare da sola, in quel momento più che mai.
Entrai nella mia stanza e sbattei la porta.
Poster, cuscini, dvd, cd, foto, perfino un fotomontaggio di me e lui abbracciati.
C’era dappertutto.
Mi aveva fatto sempre compagnia e consolata nei momenti più bui.
E io gli avevo voltato le spalle.
Stavo bene e lui si sentiva male.
Ero allegra e lui soffriva.
Ero felice e lui moriva.
Mi gettai sul letto e continuai a piangere.
Non poteva essersene andato, e invece era proprio così.
Di solito sentivo la sua presenza, invece ora… l’unica cosa che provavo era dolore, tristezza e un’angoscia che venivano direttamente dal cuore.
Presi l’mp3 dalla tasca del pantalone e misi “Gone too soon”.
Sentivo il bisogno di piangere.
Era l’unico modo che avevo per far passare il dolore.
Far passare?
No, non avrei mai smesso di soffrire, né avrei mai dimenticato tutto quello che era successo, tutte quelle immagini terribili che avevo visto poco prima in televisione.
L’ambulanza…
I fans in lacrime…
Quel corpo ricoperto da un telo bianco che veniva portato nell’elicottero…
-Te ne sei andato troppo presto… proprio come l’arcobaleno dopo un giorno di pioggia…-.

Buio. Buio pesto. Totale. Non vedevo assolutamente nulla.
Credo che mi guardai intorno, ma non ne sono tanto sicura, perché era tutto così uguale e maledettamente tenebroso.
Mi sentivo oppressa, i polmoni reclamavano aria… pensai, per un millesimo di secondo, che io stessi per morire.
Tristezza, sopraffazione, tenebre… se quella non era la morte…
Poi, un luccichio lontano.
Era piccolo, ma mi ridiede la speranza.
Corsi verso quello spiffero di paradiso e il buio non fu più tale. Al mio fianco si aprivano strade, case ed edifici. Era scuro, sì, però c’era quella luce. Correvo a perdifiato verso di essa, non potevo perderla. La città sfrecciava accanto a me.
Mi stavo avvicinando, ed esultai. Vidi una sagoma in quel fascio di speranza. Una persona.
Corsi più veloce, e le gambe iniziarono a dolermi.
Ancora un po’, ci siamo quasi.
Lo vedevo. Vedevo chi era. Quel volto l’avevo ammirato ogni giorno della mia vita, ogni secondo della mia esistenza… non potevo crederci… eppure qualcosa non andava: perché era girato di spalle? Perché si stava allontanando? Perché fuggiva da me?
Provai a chiamarlo, ad urlare il suo nome, ma dalla mia bocca non usciva alcun suono.
No! No! Torna qui!
Correvo, ma non sentivo più le gambe. E lui si allontanava… lontano, lontano, sempre di più…
Non potevo fermarmi, perché se l’avessi fatto lui sarebbe scappato… ed io non potevo vivere senza di lui…
Improvvisamente, non sentii più la terra sotto i piedi. Precipitai nel vuoto, ma in alto potevo ancora vedere la sua luce. Non potevo gridare, non potevo chiamarlo… non esistevano suoni. Nulla.
Ma allora cos’era quel bisbiglio nelle mie orecchie che ogni secondo si faceva più insistente?
“Lasciami andare”, diceva.
Addio.

Mi svegliai urlando e con le lacrime agli occhi.
Guardai la sveglia digitale sul comodino. Erano le cinque di pomeriggio.
Mi portai le mani nei capelli e le lacrime continuarono a scorrere.
Era solo un sogno, ma mi aveva scossa profondamente.
Perché in fondo quell’incubo nascondeva una verità che, per quanto dolorosa, era realmente accaduta.
Se n’era andato. Si era allontanato da me.
-Ambra!-, urlò mia madre entrando nella stanza.
Mi vide piangere e si sedette sul letto. Mi abbandonai sul suo ventre.
-E Prince? Paris? Blanket? Come faranno senza un padre, eh? Come faremo noi fans senza di lui? Come farò io?-, singhiozzai mentre continuavo a piangere.
-Non serve a nulla essere tristi… prova a pensare che adesso lui sta bene…-.
-Bene? Bene!? Mamma, lui è morto! Morto! E io… io…-.
-Tu non potevi saperne nulla, bambina mia…-.
-Io credevo che quando succede qualcosa di brutto ad una persona che ami tu senti qualcosa… tipo dolore fisico o psicologico… invece io non ho provato niente. Niente. Anzi, vuoi sapere una cosa? Ero felice. Sì, felice, e invece lui stava malissimo… lui è morto, e io non ho mai fatto nulla per fargli capire che non era mai solo, non potevo aiutarlo, non potevo dirgli di stare più attento alle persone che lo circondavano…-.
Mi sdraiai sul letto, afflitta.
-Lasciami stare-, dissi, una frase così simile a quella con cui lui mi aveva pregato nel sogno… lasciami andare
Mia madre mi carezzò i capelli.
-Sorridi perfino quando il tuo cuore si spezza-, mormorò accanto al mio orecchio, per poi poggiare qualcosa sul letto e andarsene.
Rimasi qualche secondo immobile; decisi infine di alzarmi e vedere cosa mia madre aveva posato sul letto. Era il poster che avevo fatto cadere a terra quel pomeriggio e che avevo dimenticato di riprendere.
Adesso dimenticavo perfino il suo poster?
Non contava più nulla per me lui?
Era questo quello che era accaduto?
Avevo smesso di amarlo?
No, non era possibile!
Non avrei mai potuto fare una cosa del genere!
Mi passai nuovamente le mani nei capelli.
Posai il poster nel cassetto. Non ce la facevo a guardare il suo sorriso. Era troppo doloroso.
Mi sedetti sul letto e sospirai.
-E adesso?, mi chiesi. –Cosa faccio?-.
Ascoltare le sue canzoni mi avrebbe solamente provocato maggior dolore. Vivere senza di lui però era assolutamente impensabile.
L’intero mondo era vuoto e inutile senza la sua voce e il suo sguardo da bambino.
Ma allora?
Che senso aveva una vita piena di dolore? Che senso aveva continuare a respirare se la persona che ami non l’avrebbe più fatto?
Mi alzai e presi un biglietto e una penna.
Se questa è l’unica soluzione…

Cara mamma,
so che sarà troppo tardi quando leggerai questo biglietto.
Sappi che ti ho voluto bene e te ne vorrò per sempre, a te, papà e Maria.
Siete stato un punto fermo nella mia vita, ma non mi basta. Non basta perché il dolore si plachi. Addio.

P.S. Non giudicatemi: non riesco a vivere senza di lui.
Non posso vivere senza il suo sorriso.
E adesso lo rivedrò finalmente risplendere solo per me.


Piegai il biglietto e mi diressi alla porta.
Guardai un’ultima volta la mia stanza con i suoi occhi dappertutto, ma non piansi.
Tanto lo avrei rivisto tra poco.
Scesi giù.
Feci il giro della casa , ma non c’era nessuno.
Poggiai il foglio sul tavolo in cucina e aprii la porta d’ingresso.
Addio, pensai, e uscii fuori da quella casa, fuori dal mondo.

La città sfrecciava al mio fianco.
Correvo, correvo perché ero impaziente, correvo per non sentire la sofferenza, correvo per non farmi raggiungere da nessuno che mi conoscesse e che avrebbe potuto fermarmi.
Correvo e correvo.
Le gambe mi dolevano, ma non m’interessava.
Ora avevo qualcosa di più importante a cui pensare.
-Michael, aspettami-, mormorai.

La vedevo correre per la città con le lacrime agli occhi. Quanto dolore c’era nel suo cuore… una sofferenza enorme ed unica. Aveva tante altre cose da imparare, tante altre esperienze da vivere in quel mondo, tanto tempo da trascorrere felice e spensierata…
-La prego, lasci che io l’aiuti-, lo pregai.
In un attimo fu accanto a me.
-Ci tieni così tanto a lei?-, mi chiese.
Non so descrivere la sua voce, è come se tentassi di mettere insieme il rumore della pioggia, del vento, del fuoco, dei fiori, delle rocce, delle foglie e delle altre meraviglie del mondo con il verso di una fenice o di un unicorno… assolutamente indescrivibile.
-Gli altri non sono riusciti a salvarli semplicemente perché io non ero ancora qui. Ma quella ragazza… posso fare qualcosa per salvarla. Almeno ora. La prego-.
Sospirò, ma a me quel rumore parve più quello che faceva il vento passando fra le foglie.
-Va’-, mi disse, e io volai sulla Terra.
Altri dodici erano appena morti per causa mia… no, non potevo permettere che se ne andasse anche lei.


Il cuore batteva forte.
Il vento mi scuoteva i capelli.
Era tutto così piccolo dall’alto.
Un altro po’ riuscivo a toccare le nuvole con un dito.
I fidanzati avrebbero trovato il tutto piuttosto romantico, ma quello non era il momento adatto per pensare alle sdolcinerie.
Era tutto così calmo… così silenzioso…
Riuscivo a sentire il rumore del vento…
Sembrava che mi stesse chiamando…

Poi la vidi. Si trovava su un grattacielo e aveva gli occhi chiusi.
-Ambra! Ambra!-, urlavo, ma non mi sentiva. Ancora non l’avevo raggiunta.
-Ambra, non farlo!-.


Ambra… Ambra…
Sì, il vento sussurrava proprio il mio nome…
Mi stava dicendo che mi avrebbe cullata… che non avrei dovuto avere paura…
Chiusi gli occhi e feci un piccolo passo avanti, verso il cornicione.

-Ambra! No! Non farlo! Aspettami!-.

Aspettami… cosa avrei dovuto aspettare?
Che la polizia mi impedisse di ritrovare il mio Michael?
Che mia madre leggesse il biglietto prima che io avessi potuto coronare il mio sogno?
No… ormai avevo deciso. Nulla e nessuno mi avrebbe impedito di tornare indietro.
Lasciai scorrere l’ultima lacrima sulla mia guancia.
-Questo è per te, Michael…-.
Presi un bel respiro, aprii le braccia e mi tuffai nel vuoto.

La vidi abbandonarsi fra le braccia del vento con un’espressione serena sul volto.
Rimasi pietrificato.
Non poteva averlo fatto realmente…
No…
-Ambra!-, urlai più forte. –AMBRA!-.


Era stupendo.
Il vento che sembrava cullarti, la sensazione di libertà…
Poi, qualcosa andò storto.
Aprii gli occhi e vidi il cielo che si allontanava sempre di più.
Ma allora… non serviva a nulla… non l’avrei mai raggiunto…
Alzai il braccio verso le nuvole… solo allora mi accorsi che non le avrei mai toccate…
Rividi i volti di tutti i miei familiari e, per ultimo, quello di Michael.
Sentii una voce.
Solo quella.
Mi chiamava.
Gridava il mio nome come un ossesso.
Poi il buio.

Vidi il terrore e il dolore nei suoi occhi… aveva capito che non mi avrebbe mai incontrato…
Alzò il braccio verso il cielo… verso di me.
-Ambra! Ambra!-.
Mi avvicinai velocemente a lei.
La raggiunsi, finalmente.
E le nostre mani si incrociarono.

Luce.
Luce bianca.
Allora era il Paradiso…
Aprii gli occhi… o li avevo già aperti?
Mi guardai attorno.
-Ma che…-.
Mi trovavo di nuovo sul grattacielo.
Mi ero immaginata tutto?
Non mi stavo suicidando?
Mi sedetti.
Poi sentii un tocco sulla mia spalla.
Mi voltai, impaurita.
E mi bloccai.
Era lui.
Ed era bello, bello come il sole, bello come l’avevo sempre immaginato.
La sua pelle era candida e i suoi capelli nero carbone avevano la stessa consistenza delle nuvole. Gli occhi avevano dentro tutta la bellezza dell’arcobaleno.
Inoltre, cosa che non stonava affatto con il suo volto, aveva le ali. Ali bianche, da angelo.
-Stai bene, Ambra?-, mi chiese con una voce che assomigliava ai cori del Paradiso e che mi riempì il cuore di gioia.
-Sì… ma sono morta?-, chiesi, titubante.
Lui sorrise, e il mio cuore si fermò.
-No… a meno che io non sorrida di nuovo-.
Abbassai lo sguardo. Mi sentivo così… strana.
-Sei un fantasma?-, chiesi.
-No-.
Sospirai.
-Menomale… perché ho un po’ paura dei fantasmi… quando ho visto il video di “Ghost” se non ci fossi stato tu sarei scappata via terrorizzata…-, balbettai senza sapere il perché di quella rivelazione.
-Sì, lo so-.
Lo guardai scettica.
-Davvero?-.
Mi sorrise.
-Lascia perdere. Non è di questo di cui volevo parlare-.
La sua espressione divenne improvvisamente seria e severa. Non potevo guardarlo, e abbassai lo sguardo.
-Perché stavi per buttarti?-.
-Volevo solo incontrarti…-.
-E io no-, rispose secco lui.
Quelle parole mi pugnalarono, e iniziai a piangere.
Come poteva dire una cosa del genere?
-Non in quel modo-.
Mi bloccai e lo guardai.
Sorrideva.
-Ti sei mai chiesta perché tu ti sia sentita felice durante tutta la mattinata?-, mi chiese.
Io scossi la testa.
-Perché io ero felice. Non è vero che tu non hai sentito nulla. Quando hai visto il mio poster, io stavo esalando il mio ultimo respiro e tu ti sei sentita malinconica: io in quel momento pensavo a voi, e ai miei figli. Ho provato un po’ di dolore, ma poi sono diventato felice. E tu lo sei stata con me. Poi hai saputo la notizia e sei rimasta sconvolta. Io in quel momento stavo trapassando e sentivo tutte le emozioni di coloro che mi avevano amato, quindi ero in balia di milioni di sensazioni messe insieme. Poi tu ti sei fatta trascinare dall’oblio e dal dolore, e non ti ho sentita più. Così ti ho “spiata” dall’alto, visto che ormai mi trovavo nell’aldilà e avevo capito le tue intenzioni. Sono sceso sulla Terra apposta per salvarti e... menomale che ci sono riuscito!-, concluse trionfante.
Io lo guardavo allibita.
-Allora io non ti ho mai abbandonato…-, mormorai.
-Mai. Nessuno di voi l’ha mai fatto. E io non vi ho mai persi di vista. Beh, a parte…-.
Abbassò il capo e tirò un sospiro.
-A parte?-, lo incitai.
Lui alzò lo sguardo incrociandolo con il mio.
-Dodici ragazzi hanno preso la tua stessa decisione oggi, ma non sono riusciti a salvarli-.
Una lacrima brillò sul suo volto lucente.
Io l’asciugai prontamente.
-Non piangere-, gli dissi.
Lui sorrise.
-Questo dovrei dirlo io a te…-.
-Ma tu sei solo un bambino e devi essere consolato. Io sono più grande e devo assumermi questa responsabilità-.
Mi accarezzò una mano. Era la prima volta che mi toccava, e mi sentii la ragazza più felice della Terra.
-Ma tu sei solo una mortale e devi essere vegliata. Io sono un angelo e devo assumermi questa responsabilità-, rispose lui, dolce.
-Se sei tu a proteggermi allora mi fido-.
-Devi farlo, perché non ti lascerò mai-.
Strinse la mia mano, ma non mi sentivo a disagio pensando che stavo parlando con una persona morta. Strano, ma il suo tocco era caldo, e non freddo come tutti immaginavano.
-Come farai a capire che ho bisogno di te?-.
-Lo so e basta-, rispose semplicemente.
-Spiegati meglio-.
Iniziò ad accarezzarmi la mano con il pollice.
-È difficile da descrivere… ogni tanto “vedo” quello che fanno tutti coloro che mi amano… è come se avessi delle visioni. Per esempio, so che in Germania due ragazzi – Gustav e Viktor – si stanno abbracciando e piangono perché alla radio hanno appena ascoltato “Childhood”. So che in Francia una bambina di nome Charlotte sta intonando le note di “Heal the world”, e che in Cina una ragazza chiamata Ko-Ni ha appena dato un soldo ad un bambino povero dedicando questo suo gesto a me. So che fra due mesi circa in Italia due mie grandi fans – Orsola ed Elena – mi dedicheranno delle storie, e diverranno grandi amiche insieme ad una ragazza che ha il tuo stesso nome-.
Lo fissai allibita.
-Wow-, dissi solamente.
Lui annuì.
-Quindi mi basterà pensarti...-, mormorai.
-Beh, allora dovresti proprio aggiungere un letto nella tua stanza, perché tu mi pensi ogni secondo di ogni minuto di ogni ora di ogni giorno!-.
Scoppiai a ridere, e lui si unì a me.
Che bella sensazione la sua voce nelle mie orecchie!
-Basterà che tu mi nomini, o che mi dedicherai una buona azione, o che tenterai di ballare come me, e io sarò lì a ringraziarti, perché senza di voi ora non sarei proprio nulla-.
Gli sorrisi.
-Senti anche i tuoi figli?-.
-Ovvio. Loro sono la mia vita. Però è diverso, perché riesco a sentire e vedere tutto quello che fanno, dalla mattina alla sera, 24 ore su 24. Non li perdo mai di vista, insomma. Invece coi fans solo a volte. Però è stupendo vedere quante persone mi vogliano bene anche se non i hanno mai conosciuto di persona-.
-Noi sappiamo quello che traspare dalle tue canzoni. È come se ti conoscessimo da una vita, alla fin fine-.
Lui annuì.
-Spero che i piccoli non soffrano a lungo…-, mormorai.
-È dura perdere un padre, ma ce la faranno. Supereranno questo momento. Io sarò con loro sempre, ogni giorno. Neanche la morte può separare persone che si vogliono bene-.
Annuii.
Quanto era dolce quando pensava ai figli… erano davvero la sua vita…
Mi balenò un’idea in mente, ma chissà se lui sarebbe stato d’accordo. Beh, tanto valeva chiederglielo, no?
-C’è una cosa che ho sempre voluto fare…-, iniziai, arrossendo.
-E cioè?-.
Mi avvicinai a lui finché non rimasero cinque centimetri di distanza fra il mio volto e il suo.
I suoi occhi non tradivano alcuna emozione, erano innocenti e puri come sempre.
Sorrisi.
-Once all alone I was lost in a world of strangers, no one to trust on my own, I was lonely…-, iniziai ad intonare la prima strofa di “You are my life”, ma Michael mi guardava come se non capisse quello che stessi dicendo.
Sospirai e mi voltai.
-You suddently appeared, it was cloudy before, now it’s so clear. You took away the fear, you brought me back to the life…-.
La sua voce mi arrivò inaspettata e meravigliosa nelle orecchie. Era ancora meglio che sentire quella canzone dalle cuffie. Quel suono magnifico sembrava impregnare l’aria e riempirti il cuore.
Mi avvicinai a lui.
-Insieme?-, chiese.
Lo guardavo dritto negli occhi. Nessuna visione era più bella.
-Insieme-, risposi.
-You are the sun, you make me shine, or more like the stars who twinkle at night. You are the moon that glows in my heart. You’re my daytime, my night time, my world…-.
Sorridemmo entrambi.
-…you are my life…-.
Conclusi quel duetto felice come non lo ero mai stata prima.
Ma c’era un’altra cosa che volevo fare. Un’ultima cosa prima che se ne andasse.
Michael vide quello che avevo intenzione di attuare e sorrise.
-Ovvio che puoi, piccola-, disse, precedendo la mia domanda.
Io sorrisi e lo abbracciai.
Poi alzai il volto e gli lasciai un piccolo bacio sulle labbra.
-Questo non era previsto, però…-, disse lui.
Arrossii.
-E… ehm… è stata un’improvvisata…-, mentii. Da tutta la vita aspettavo quel momento.
Temevo però che si fosse offeso, ma – riusciva sempre a stupirmi – Michael iniziò a ridere.
-Improvvisata… sicuro…-.
Anche io risi. Come poteva offendersi?
Quando finimmo, sospirò.
-Ora devo proprio andare. Devo consolare… ehm… almeno qualche milione di persone-, terminò sorridente e modesto come sempre.
Io gli sorrisi.
-Certo. Ti capisco. Ma tanto sarai sempre vicino a me, vero?-, domandai, anche se sapevo benissimo la risposta.
-Contaci, piccola. Sempre accanto a te. Ah!-, esclamò improvvisamente. Si avvicinò a me e mi prese le spalle. I nostri volti si avvicinarono di nuovo.
-Ricorda: “Ora mi sveglio ogni giorno con il sorriso sul mio volto. Niente lacrime, niente dolore, perché tu mi ami”. Ogni volta che sarai triste, Ambra, tieni sempre in mente queste mie parole, chiaro?-.
Annuii.
-Lo farò per te. Promesso-, dissi.
Si librò in cielo e – dovevo aspettarmelo – attorno a sé si creò una splendente luce bianca.
-Sorridi perfino quando il tuo cuore si spezza-, mormorò salutandomi con una mano.
Ricambiai il saluto e lo vidi sparire fra la luce.
-Prega per noi da lassù, Michael-, mormorai. –E continua a proteggerci come hai fatto finora-.
Mi parve di sentire la sua risata da bambino diffondersi nel cielo, e per un attimo una nuvola prese la forma del suo volto.
Sorrisi e tirai un profondo sospiro.
Sì, tutta la mia vita stava per cambiare. Ora più che mai.




Ehm... ci siete?? Spero proprio che questo capitolo non vi abbia fatto piangere troppo... davvero, già mi sento in colpa per quelli precedenti, ora non sopporterei proprio di vedere le vostre lacrime... dovete sorridere, sorridereeee!!!! [SM=g27828] Fatelo per lui... per Michael...
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Michael Jackson, l'unico Re che meritava di essere studiato nei libri di storia...
17/11/2009 15:38
 
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MichaelInTheHeart, mi hai fatto rivivere quel momento. Quei giorni...oddio, piango... [SM=x47964]
Fa male, eccome se fa male...

Bravissima comunque, scusami se ho poche parole da dedicare alla tua FF, ma quello che hai scritto mi ha fatto rivivere quei giorni, e piangere è inevitabile...non ho parole, scusami...
Sei davvero brava e la tua FF è molto bella...

"Now we pray for rain and with every drop that falls we hear, we hear your name..." ♥ (Elton John)

17/11/2009 15:46
 
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Micheal'sNewFan, 17/11/2009 15.38:

MichaelInTheHeart, mi hai fatto rivivere quel momento. Quei giorni...oddio, piango... [SM=x47964]
Fa male, eccome se fa male...

Bravissima comunque, scusami se ho poche parole da dedicare alla tua FF, ma quello che hai scritto mi ha fatto rivivere quei giorni, e piangere è inevitabile...non ho parole, scusami...
Sei davvero brava e la tua FF è molto bella...



No, ti prego, non fare così... no non piangere... cavolo, ma perchè ho postato questo capitolo??? [SM=x47926]
Maledetta me, adesso tu stai male!!! No, non voglio che tu stia male, non voglio!!!!!!! [SM=x47964]


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