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Michael Jackson's This is it: commenti dei vip e recensioni

Ultimo Aggiornamento: 18/06/2011 22:06
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29/10/2009 17:41
 
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Michael Jackson's This is It - Recensione
Inviato il 29/10/2009 da Andrea Cassaro
Una delle uscite più curiose degli ultimi tempi sicuramente è This is it, un inedito documentario sulla preparazione di quello che sarebbe stato l'ultimo, grandioso tour di Michael Jackson. Curioso per diversi motivi. Il primo evidentemente è quello etico. Ci si può ancora stupire dello sfruttamento commerciale di un'icona? O forse non possono stonare più di tanto queste operazioni "finanziarie" che tentano di commemorare ed al contempo regalare le ultime performace al pubblico oceanico di MJ? Difficile sciogliere il nodo, ma pare che i fan vadano soprattutto per la seconda opzione, nonostante alla prima losangelina alcuni dimostranti abbiano contestato il film, reo di sfruttare l'immagine di un uomo già sofferente e cagionevole.
In realtà si vede un MJ molto lucido e calibrato nella mente, un vero leader che dirige centinaia di collaboratori, tra tecnici e ballerini, nonostante un fisico scheletrico, debolissimo, ma sostanziato, non tanto dalla carne quanto dall'energia del ballo - e pertanto le critiche di alcuni, suddetti fan non posso esser dette distorte, ma sicuramente opinabili.

MJ avrebbe dovuto tenere una cinquantina (e forse più) di concerti, per quello che sarebbe stata l'ultima sua grande performance. Scopo di questo prodotto registico è mostrare cosa sarebbe stato; quanto lavoro, dedizione (circa 4 mesi serrati) Jacko ed il suo staff avessero dedicato a questo progetto che, per quel che si può arguire, appare, o meglio sarebbe apparso, come qualcosa di veramente strepitoso.
Un enorme dispiacere per tutti i fan che moltiplica, evidentemente, quello di cordoglio per la fine prematura del Re del pop, questione che nel film, sia detto in modo chiaro, non si tange minimamente.
This is it è quindi un grande documentario girato allo Staples Centre di Los Angeles, mesi di lavoro curato nelle più minute particolarità, alleggerito da diverse interviste dei suoi collaboratori, agiografiche, ma certo non ipocrite. La stima sincera del suo staff è veramente intensa e percepibile.
Si capisce come nelle prove, nel duro lavoro con Jacko, si scherzi poco e ci si impegni molto. L'ambizione del grande protagonista emerge in ogni movimento, la volontà di preparare uno dei più grandi show musicali di sempre è quel fuoco che lo porta alla pignoleria; un'intervista particolarmente ficcante di un suo collaboratore rivela come MJ sia uno dei pochi artisti che conosce a menadito la propria musica, sa riconoscere chi, lavorando con lui non "ha studiato" a fondo i suoi dischi, e sa esattamente cosa vuole, seguendo non un progetto di ingegneria, ma l'intensa profondità di chi riesce a sincronizzare visione personale con volontà del pubblico, quale difatti viene sempre pensato nelle prove, sia come entità vivente al di là del palco, sia come entità esigente nella scelte spettacolistiche.
L'immagine di Jacko, da questo lavoro, ne esce migliorata (e d'altro canto non avrebbe potuto essere altrimenti). Non intendiamo tergiversare nei gossip e nelle malelingue ricorse, ma è innegabile che MJ sia stato screditato negli ultimi anni agli occhi di molti per questioni soprattutto extra-musicali, ebbene This is it ci restituisce un performer nel pieno delle sue cognizioni, capace di calarsi perfettamente nelle sperimentazioni tecnologiche in 3D che avrebbero animato il proscenio, interagendo senza problemi con musicisti, tecnici, assistendo personalmente alle selezioni dei ballerini; insomma un MJ, tutto sommato e fisico adusto a parte, ben lontano da un ipotetico stato di sofferenza. Colpisce la capacità di rimproverare i suoi collaboratori senza un filo di arroganza, non si esageri però parlando di umiltà, ma sicuramente di umanità.
Un uomo ispirato che mette constantemente Dio e amore al centro delle sue frasi, risultando in prima battuta retorico e mielosamente idiomatico, ma scoprendo dopo che probabilmente quelle che in bocca d'altri risulterebbero tali, da lui sembrano invece sincere e quasi ingenue nella sua spontaneità. Altra peculiarità che motiva discorsi dall'aureola quasi evangelica, sentimenti talmente buoni da spiazzare, come la necessità di fare uno show che "porti un messaggio d'amore", quasi si sentisse un missionario nella musica, impegnato anche nella salvaguardia del pianeta alla quale, nelle prove dello show, sono state dedicate filmati, coreografie, musiche e quant'altro potesse, seguendo le sue intenzioni, sensibilizzare la gente a questo argomento che pareva stargli molto a cuore.

Si vede spesso Kenny Ortega lavorare al fianco di MJ, direttore artistico dello show e qui regista di questo lavoro. Capace di seguirlo in ogni esigenza professionale nonchè di montare benissimo questo documentario, perfetto nei passaggi che legano le prove di una canzone all'altra, ben armonizzato con le interviste ed altro materiale da making of. La pecca però pare proprio questa: ogni tanto si ha la sensazione di assistere ad un "dietro le quinte" di Mtv, programmetti che solitamente banalizzano lavori magari seri come questo. Il rischio c'è, ma fortunatamente, il carisma metallico che profonde Jacko su tutti i suoi collaboratori allontana il pericolo di frivolezza.
Scendendo più nel merito di "ciò che sarebbe potuto essere", queste immagini faranno male davvero. Si perchè ciò che si intuisce è la preparazione di uno spettacolo grandioso che mai si vedrà. Per ogni singolo pezzo sono stati costituiti spezzoni tratti da film rielaborati nella figura di Michael o creati appositamente per l'occasione, scenografie tridimensionali, effetti pirotecnici strepitosi, palchi mobili, braccia meccaniche che lo avrebbero portato a cantare sopra la folla, ballerini catapultati da trampolini, chitarristi d'eccezione, costumi che cambiano da pezzo a pezzo particolarmente elaborati - a tal uopo si ascolti con attenzione l'intervista al costumista rivelatore di chicche impensabili. Il tutto coordinato con coreografiche ad hoc e perfettamente calibrato, dai gesti scattosi di Michael sincronizzati con la musica che lui stesso intende fermare, lanciare con le sue mosse, dal tema con i costumi, dall'architettura cangiante, dagli effetti a sorpresa.
Le scenografie, in primis quella cimiteriale di Thriller, sono francamente oleografiche, ma sono talmente curate e perfette da riuscire a far superare il complesso di manierismo, che spesso investe il senso americano dello spettacolo.
E' interessante assistere al passaggio dalla creazione alle prove concrete, dalle prove concrete a quelle definitive o quasi.
Anche nelle sole preparazioni si riesce a dare una capacità dell'intrattenimento davvero notevole, ma tutto sarebbe vano se al centro non ci fosse lui. Effigiato in questo lavoro come un demiurgo magico, capace di volgere in genialità artistica ogni pensiero. La sua presenza scheletrica, l'abbigliamento personalizzato, sembrano avere un'ascendenza profonda su tutti quanti. Certo commuoverà vederlo danzare quasi solo su quel palco, la capacità di avvitarsi nello spazio come nessuno, l'esigenza di perfezionismo, l'entusiasmo di chi pretende da sè stesso e dagli altri il massimo. Il suo corpo stupisce così flessibile da farne un'onda in continuo moto, quasi rendendo problematica l'uscita di una voce cristallina, ma tenuta cautelativamente a risparmio per tutte le prove. Questo fa specie perchè il canoro è comunque adamantino, alto, squillante, pur non cantando a pieni polmoni...arrivando a delle ottave impensabili anche per voci femminili.
E' questo un lavoro estremamente elogiativo, quasi potrebbe dirsi apologetico...così tutto si muove attorno a lui e per lui; il resto in fondo sono solo proiezioni del suo volere, sono lì per eseguire e concretare la sua sensibilita artistica e per quanto lui riesca ad essere molto umano e coinvolgente, rimane solo sul palco a creare ed interpretare la sua musica, gli altri lo seguono a volte senza capire, si ha l'impressione che i sofferenti siano proprio loro e non lui, che persegue il suo sogno di spettacolo grandioso.





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