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Cosa Nostra minacciò Berlusconi Ci metta a disposizione una tv

Ultimo Aggiornamento: 14/07/2009 18:56
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Cosa Nostra minacciò Berlusconi Ci metta a disposizione una tv

Repubblica — 03 luglio 2009 pagina 16 sezione: POLITICA INTERNA
PALERMO - Cosa nostra voleva a sua «disposizione» una delle reti televisive di Mediaset. La singolare richiesta emerge da una mezza lettera il cui mittente sarebbe Totò Riina, sequestrata nel 2005 nel garage di Massimo Ciancimino, condannato per riciclaggio e figlio del defunto ex sindaco di Palermo, Vito, condannato per mafia. Mai presa in considerazione durante l' indagine che ha portato prima al processo e poi alla condanna di Massimo Ciancimino, la missiva è stata riesumata nei giorni scorsi dai pm Antonino Ingroia e Nino Di Matteo che stanno conducendo una serie di indagini sulla base delle dichiarazioni rese negli ultimi mesi dallo stesso Ciancimino, attualmente sotto scorta perché ha ricevuto minacce di morte. La lettera,o meglio parte di essa (il foglio è strappato a metà e manca sia il mittente che il destinatario), è stata trovata in un fascicolo, emerso da una nota di sequestro del 2005 da parte dei carabinieri: «Parte di foglio A4 manoscritto contenente richieste all' on. Berlusconi di mettere a disposizione una delle sue reti televisive» scrivono i carabinieri e nel resto della lettera sono anche contenute minacce a Berlusconi. Nel verbale di sequestro emerge, infatti, l' intimidazione legata al fatto che se non si fosse dato corso alla richiesta avanzata ci sarebbe stato «il luttuoso evento» che, secondo gli investigatori, si riferisce a minacce di morte ai familiari dell' allora imprenditore Fininvest. La lettera sarebbe stata scritta tra la fine degli anni ' 80 e gli inizi degli anni ' 90. Per saperne di più nei giorni scorsii due pubblici ministeri, Ingroia e Di Matteo, hanno interrogato Massimo Ciancimino ed il verbale è stato secretato. Da indiscrezioni si è comunque appreso che Ciancimino avrebbe riconosciuto la lettera che, attraverso Bernardo Provenzano, sarebbe stata inviata da Totò Riina a Vito Ciancimino. Non è noto se sia stata mai spedita o ricevuta da Silvio Berlusconi che, prima di entrare in politica, avrebbe ricevuto minacce di morte tanto da assumere come «stalliere», su segnalazione di Marcello Dell' Utri, il defunto boss Vittorio Mangano. Sulla lettera, trasmessa ai giudici della Corte d' Appello di Palermo che stanno celebrando il processo di secondo grado a Massimo Ciancimino, c' è molta attenzione. I pm Ingroia e Di Matteo stanno tentando di accertare se esiste o meno la prima parte della lettera che non sarebbe tra le migliaia di pagine del fascicolo processuale e nei prossimi giorni Massimo Ciancimino sarà nuovamente interrogato anche dal procuratore di Catania, Salvatore D' Agata che ha avviato un' indagine sulla base di denunce di un coimputato di Ciancimino, il professor Giovanni Lapis, anche lui indagato in primo grado e di un' altra indagata, l' avvocatessa Giovanna Livreri che avrebbero accusato i magistrati di Palermo di avere svolto indagini non proprio cristalline tenendo fuori dall' inchiesta altri soci di una società del gas che avrebbe fatto capo a Ciancimino ed a Lapis e della quale facevano parte parenti acquisiti del sostituto procuratore della Dna, Giusto Sciacchitano. Ma c' è infine un' altra indagine, condotta sempre dalla Procura di Catania, che coinvolge due ex procuratori della Repubblica di Palermo ed altri magistrati (adesso tutti in pensione) che avrebbero aggiustato processi di mafiosi. Uno riguardava anche Vito Ciancimino che avrebbe tenuto legittimamente parte del suo «tesoro» grazie ad una perizia giudiziariaa lui favorevole. Massimo Ciancimino ha raccontato che suo padre, il defunto ex sindaco Salvo Lima (ucciso nel ' 92 in un agguato di mafia) e l' ex sottosegretario Mario D' Acquisto si riunivano con alcuni di questi magistrati per definire «strategie» e «protezioni» giudiziarie. - FRANCESCO VIVIANO


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