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La finanza etica e sociale potra' salvare il mondo?

Ultimo Aggiornamento: 13/09/2012 09:54
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20/06/2012 17:44
 
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Interessante articolo da meditare,credo gia' ne sappiate qualcosa....e' lunghetto, in due parti....


Da Ilfattoquotidiano.it




Può la finanza essere messa al servizio dell’interesse comune? Sembrerebbe proprio di si, vediamo come.

Gabriele Zoja lavora per molti anni a Londra e in Europa come manager finanziario su strumenti derivati ed altri prodotti tristemente noti. Ma nel 2008 imprime una grande svolta alla sua vita e prima dello scoppio della grande crisi finanziaria manda tutti all’inferno. Torna in Italia, si forma come manager non profit, esplora possibili collaborazioni e sceglie di lavorare in una Ong, ACRA di Milano, nell’ Unità di Social Business e Microfinanza, come ‘Social Investment Analyst’.

“Sono entusiasta”- dice oggi- “mi occupo di diversi progetti, tengo corsi di educazione finanziaria alle comunità migranti, ricerco nuovi canali di invio e ricezione delle rimesse (tramite l’uso di tecnologia Mobile) e nuovi strumenti finanziari per trasformarle in motori per il co-sviluppo dei paesi d’origine.

Nella mia ONG stiamo anche lavorando per creare un fondo di investimento che abbia come mission il finanziamento di imprese sociali nei paesi dove siamo già presenti, sul modello di alcuni fondi stranieri non ancora presenti in Italia, come Acumen Fund. Il progetto è ancora in una fase embrionale, la raccolta dovrebbe iniziare dopo l’estate e i primi investimenti dovrebbero avere luogo entro la fine dell’anno”.

Un effetto collaterale del crollo dei finanziamenti pubblici a welfare e cooperazione internazionale è che il non profit europeo più evoluto, come nel caso di ACRA, reagisce dinamicamente cercando vere alleanze con gli altri attori sociali: aziende, fondazioni, ‘social investors’- per portare avanti e finanziare progetti e interventi sul campo.

Quindi, mentre in Italia i nostri più ricchi imprenditori si ‘buttano’ (in senso letterale!) nel calcio, sprecando il loro potenziale di impatto sociale, nel mondo si stanno moltiplicando poderose forme di ‘filantrocapitalismo’ grazie ad iniziative di miliardari americani, cinesi, indiani, decisi a ‘cambiare il mondo’ come loro sfida ‘ultima’. Come? Anche attraverso la social finance più che tramite semplici donazioni a fondo perduto, e (almeno per ora) in collaborazione con il non profit.

Pensate che la sola Fondazione Gates ha 64 mld di dollari di patrimonio al 2011 incluso l’apporto congiunto di Warren Buffet ed è il secondo finanziatore dell’ OMS- Organizzazione Mondiale della Sanità dopo il Governo degli Stati Uniti. In più, è attiva direttamente in tutto il mondo su progetti propri o in partnership.

Sarebbe un grave errore il solo rifiutare alleanze o gridare sempre al ‘social washing’: il mondo si cambia solo se i ‘big player’ lavorano insieme: certo le ONG, da sole, non lo salvano!

Tra i più impegnati artefici della ‘finanza di impatto sociale’ in Italia, Roberto Randazzo (Docente presso ASVI, Bocconi, membro di R&P Legal – Rossotto, Colombatto & Partners) approfondisce: ‘È matura la consapevolezza di dover sviluppare modelli alternativi che, traendo ispirazione anche dalle tecniche del venture capital, possano creare un nuovo rapporto tra capitali privati, organizzazioni non profit ed imprese socialmente orientate”.

Come ci ricorda Pietro Ingrao nella sua quasi centenaria saggezza ‘Indignarsi non basta’, bisogna costruire relazioni’.. anche con la finanza!

Prosegue Randazzo: ‘Negli ultimi anni, infatti, l’interesse verso gli strumenti di ‘ impact finance’ è cresciuto in maniera esponenziale, ed in alcuni paesi Europei- in particolare UK-, sono già state avviate nuove soluzioni finanziarie. Fra questi, è interessante citare i Social Impact Bonds, un “prodotto” -già sperimentato con successo nel Regno Unito e assimilabile ai titoli obbligazionari, che può essere sfruttato per lo sviluppo di progetti di interesse collettivo, assicurando un forte risparmio di spesa alla pubblica amministrazione, ed il raggiungimento di un risultato sia di carattere economico-finanziario, che sociale ed ambientale’.

Mentre aspettiamo che l’Europa si doti degli ‘Euro Bond’, il settore sociale europeo è più avanzato e li usa già!

Per riassumere in breve:
Settore sociale e settore finanziario (con i suoi specialisti) stanno iniziando a collaborare seriamente e questo rivoluzionerà gli interventi sociali, facendoli uscire da logiche di finanziamento esclusivamente pubbliche o legate alla raccolta fondi.
Grandi fondazioni internazionali e ricchi imprenditori miliardari nel mondo si sono posti la ‘sfida massima’ di combattere i mali del mondo.
Il settore pubblico giocherà sempre più un ruolo di ‘facilitatore-moltiplicatore di risorse’ che di ‘erogatore finale’.
E gli imprenditori italiani? Giocano ancora a pallone. Forse prima o poi cresceranno, e quello sarà un bel giorno per l’Italia.

20/06/2012 17:50
 
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Parte seconda:





Quanto viene?» chiede Dona Raimunda, vedova e madre di otto figli. «Sei palmas», risponde il cassiere. La donna, allora, estrae dal portafoglio delle strane banconote. Il negoziante le accetta mentre lei si allontana con le buste.

Brasile, quartiere povero di Fortaleza. Qui, nella comunità di Palmeiras, la spesa-e non solo- si fa così. Del real, la moneta corrente del paese, Dona Raimunda e gli altri ricordano poco e niente. «Compro le medicine e ciò che serve per sostentare la mia famiglia, pago il gas e tutto il resto con i palmas - afferma la donna - non ho “soldi veri”. Non so neanche come sono fatti». La Banca Palmasè una Banca di Credito Comunitario creata, sei anni fa, grazie all’idea e al sostegno di alcune ONG. Si tratta di un progetto innovativo, fondato su sistemi economici solidali, il cui scopo è superare la povertà urbana facendo circolare la ricchezza nella comunità sorta, trenta anni fa, come favela.

Le famiglie, che non riescono ad avere accesso al credito e alla valuta nazionale, possono comprare tutto ciò di cui hanno bisogno utilizzando i palmas (un palma equivale a un real), la moneta coniata dalla banca con cui vengono saldati anche i salari. I negozianti, inizialmente scettici, si sono ricreduti. «Posso retribuire i collaboratori, mandare avanti la mia impresa». L’accesso al credito ha infatti aumentato il reddito e ora i venditori possono richiedere prestiti restituendo la somma in sei rate e con un tasso di interesse inferiore. Ma questa è solo una delle tante facilitazioni. Esiste anche una speciale carta di credito, una sorta di microfinanziamento per il consumo, valido solo per gli acquisti all’interno del quartiere. Un’opportunità dal duplice beneficio – per venditori e utenti – priva di costo, con un credito iniziale di 20 reais, e che può arrivare a 100 se il titolare è puntuale nei pagamenti.

«In altre parole - spiega Joaquim de Melo Neto coordinatore della Banca Palmas – chi non riesce ad avere fiducia dagli enti di credito può ottenerla con noi e venire ricompensato per il proprio lavoro». Un impegno che crea crescita e possibilità d’impiego concrete grazie all’investimento su piccole realtà autonome:



Un gruppo di donne ha ottenuto un prestito pari a 15000 reais, con i quali sono state acquistate delle macchine da cucire. Così è iniziata la produzione del brand Palma Fashion, una linea di vestiti per uomo e donna. Per sviluppare la loro collezione hanno ricevuto la consulenza del SEBRAE (Agenzia brasiliana per il sostegno all’imprenditore e al piccolo impresario), con corsi di design e modellismo, per creare un prodotto di qualità ad un prezzo competitivo, che rispondesse alle esigenze del mercato. I vestiti sono commercializzati dentro e fuori la comunità con un guadagno per le sarte pari a 270 reais al mese. Oggi, dopo tanto impegno e dedizione, si sentono orgogliose. Imprenditrici di loro stesse e della loro attività.

Un’altra storia di successo, resa possibile grazie al finanziamento di Banca Palmas, è quella dei giovani di Palmeiras che, non trovando nulla sul mercato del lavoro formale, hanno pensato ad una valida alternativa al fantasma del primo impiego. Con l’aiuto del SEBRAE hanno assunto un chimico che li ha aiutati a sviluppare una linea di prodotti per le pulizie, distribuiti nella zona e commerciati in palmas, un’idea che ha coinvolto, in un circuito solidale e localizzato, tutti gli abitanti del quartiere che ne sono diventati convinti sostenitori.

Che una favelas diventi un… ‘Brand’? Tutto è possibile nel Brasile di oggi, ricco di innovazione sociale e in cui anche il ‘Palmas’ sta superando i confini della sola comunità: dopo un consolidato periodo di assestamento, infatti, la moneta inizia ad essere ben accetta anche in diversi istituti di credito tradizionali.

È proprio sulla “localizzazione” e sul territorio che ha deciso di puntare anche la JAK Bank, la banca etica svedese il cui acronimo significa “Terra, Lavoro, Capitale”, un istituto cooperativo con sede a Skövde che mira a valorizzare l’ambiente, l’uomo e le sue risorse attraverso un ritorno all’economia reale. Sembrava impossibile, quasi come coniare una nuova moneta, eppure 35.000 soci, solo in Svezia, si sono riuniti in questa iniziativa e oggi possiedono (realmente) la loro banca.

Ciascuno detiene una sola azione ed ha lo stesso potere decisionale nel consiglio direttivo. Tra i membri avviene il finanziamento e il prestito di denaro (senza alcun profitto per il servizio fornito o interessi), oltre le regole speculative del tradizionale mercato finanziario.

Risparmiatori per i risparmiatori, dunque, che realizzano un approccio all’impresa nuovo, etico e solidale. Perché l’innovazione sociale parte da piccole grandi scommesse. In Brasile come in Svezia.

E in Italia?"



07/09/2012 01:20
 
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Peccato, noto che nessuno ha commentato questo interessante spunto che hai dato, Ross..(i cervelloni del forum erano in ferie? [SM=g27827] )

E' la storia del microcredito, che è stata premiata dal Nobel...E giustamente..
In realtà si sta ramificando attraverso una serie di iniziative atte a sensibilizzare la società, con raccolte fondi, ad esempio...Ma non solo.
Io parlai con uno di questi operatori qualche anno fa..Erano consapevoli delle difficoltà a cui andavano incontro ma entusiasti.
Però purtroppo ho potuto notare che nessuno o quasi diede l'importanza che meritava a questa persona, nel contesto in cui la incontrai.
Quindi ne traggo che certo, è vero che questi progetti possono essere fagocitati da interessi più forti, risucchiati dalla "virtuosa" economia globale, ma è anche vero che se noi tutti facciamo gioco di squadra, l'utopia può anche trasformarsi in realtà e modificare sul serio e radicalmente i sistemi finanziari su cui si reggono i Paesi.
E' un fatto di mentalità, dobbiamo ancora fare tanta strada...


"...You're just another part of me..."


"Mai discutere con un idiota, ti trascina al suo livello e ti batte con l'esperienza!" O.W.
11/09/2012 18:52
 
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Quindi, mentre in Italia i nostri più ricchi imprenditori si ‘buttano’ (in senso letterale!) nel calcio [SM=g27829] , sprecando il loro potenziale di impatto sociale, nel mondo si stanno moltiplicando poderose forme di ‘filantrocapitalismo’ grazie ad iniziative di miliardari americani, cinesi, indiani, decisi a ‘cambiare il mondo’ come loro sfida ‘ultima’. Come? Anche attraverso la social finance più che tramite semplici donazioni a fondo perduto, e (almeno per ora) in collaborazione con il non profit.


....il mondo si cambia solo se i ‘big player’ lavorano insieme: certo le ONG, da sole, non lo salvano!


Sottolineo giusto questi due passaggi.

Interessante ma non unico l'esperimento brasiliano, sicuramente vitale in realtà circoscritte, ma non credo applicabile su larga scala.
Comunque ci sta già pensando la storia a dirci che il modello finanziario su cui si basano le nostre economie è agonizzante, e rianimarlo, cambiandolo, secondo me è la sfida più grossa che ci aspetta.
13/09/2012 09:54
 
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Yunus ha avuto problemi con la giustizia dopo il Nobel, mi sembra...
Le valute complementari comunque sono più diffuse di quanto si pensi, anche in Italia, tipo lo Scec.
Anche forme di moneta virtuale, cioè servizi (la Banca del Tempo), stanno prendendo sempre più piede...speriamo che le masse si rendano conto che il capitalismo non è l'una via percorribile, anzi è quella che ci strozza con la nostra stessa complicità.
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