Brava Rossi, è bene metterle in evidenza queste notizie. Spero tanto che i loro elettori capiscano di che pasta sono fatti in realtà i "secessionisti" padani che però magnano a "Roma ladrona" e fanno affari con la mafia!
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Caso Belsito: “Il denaro dei rimborsi elettorali per cene, viaggi e lavori nella villa di Bossi”
Secondo l'inchiesta i fondi destinati alla Lega (18 milioni nel 2011) sono stati usati per i figli del Senatur e per la vicepresidente del Senato Rosi Mauro. Ma anche per finanziare la campagna elettorale di Renzo alle regionali e per ristrutturare l'abitazione di famiglia in provincia di Varese
Secondo la Procura di Milano i conti della Lega sono falsi e il tesoriere Francesco Belsito ha distratto soldi pubblici per sostenere “i costi della famiglia” Bossi. Proprio di questo si parla in alcune conversazioni telefoniche intercettate dal Noe. Nel decreto di perquisizione, eseguito dal Nucleo tributario della Guardia di Finanza di Milano, si legge che questi “costi” sono “esborsi effettuati per esigenze personali di familiari del leader della Lega Nord. Si tratta di esborsi in contante o con assegni circolari o attraverso contratti simulati”. Di più: secondo un rapporto dei carabinieri con i soldi dei rimborsi elettorali sarebbero stati pagati viaggi, alberghi, cene dei figli di Umberto Bossi e della vicepresidente del Senato – bossiana di ferro - Rosy Mauro. Parte dei fondi sottratti al partito inoltre sarebbero serviti, sempre secondo il Noe, anche per finanziare la campagna elettorale per le regionali del 2010 di Renzo Bossi e per alcuni lavori di ristrutturazione della villa di Bossi a Gemonio (in provincia di Varese).
Per i pm Robledo, Filippini e Pellicano, che hanno acquisito un rapporto della Gdf e uno del Noe (Nucleo operativo dei Carabinieri) di Napoli, il bilancio della Lega “è inveritiero, non dà conto della reale natura delle uscite, non dà conto della gestione in ‘nero’”. Pertanto i magistrati oltre ai reati di appropriazione indebita, contestano a Belsito anche il reato di truffa ai danni dello Stato.
E i magistrati ricordano che alla Lega ogni anno vengono accreditate somme “significative” da Camera e Senato come rimborso per le spese elettorali. Nell’agosto del 2011 la Lega ha avuto “18 milioni di euro”. Una somma che ha avuto come presupposto “la validazione del rendiconto del 2010 sul quale vi è prova della falsità”.
Secondo l’accusa ci sono elementi “inequivocabili” che la gestione della tesoreria della Lega è “opaca” fin dal dal 2004. Il reato di appropriazione indebita aggravata è contestato oltre che a Belsito a Stefano Bonet e Paolo Scala “con riferimento al denaro sottratto al partito politico Lega Nord”.
Belsito è accusato anche di truffa aggravata ai danni dello Stato “con riferimento alle somme ricevute a titolo di rimborso spese elettorali e somme percepite dall’erario per la distribuzione del 4/1000 sulle imposte dirette”.
Infine la procura di Milano contesta a Belsito e Bonet il reato di truffa ai danni dello Stato per il contributo dello Stato sotto forma di credito di imposta a favore della società Siram di Milano.
Il 3 febbraio, il 5 e l’8 marzo 2012 i magistrati ricevono dalla Gdf delle relazioni su operazioni sospette. La prima:il prelievo di 95 mila euro da parte di Belsito, nel dicembre 2010, per “alimentare la cassa del partito”. Così il tesoriere leghista avrebbe detto alla Banca che ha fatto la segnalazione. Seconda e terza operazione: si riferiscono agli investimenti della Lega in Tanzania e a Cipro per 6 milioni di euro.
L’investimento in Tanzania era stato effettuato da Bonet “soggetto già segnalato per una possibile truffa ai danni dello Stato”. E proprio sugli investimenti sospetti in Tanzania e Cipro con fondi della Lega la procura di Milano aveva ricevuto anche un esposto di un militante del Carroccio. Nel fascicolo dell’inchiesta ci sono intercettazioni della procura di Reggio Calabria che coinvolgono Belsito e alcuni indagati in un procedimento per riciclaggio e associazione a delinquere.
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Caso Belsito, gli affari del tesoriere leghista con il presunto riciclatore della ‘ndrangheta
Le carte dell'inchiesta di Reggio Calabria svelano il rapporto "decennale" tra il politico del Carroccio e Romolo Girardelli, indagato come colletto bianco della cosca De Stefano. Alla base del giro dei soldi, la legge che garantisce sgravi fiscali agli organismi di ricerca tecnologica. Il denaro è finito anche a Cipro e in Tanzania, come i fondi del partito di Bossi
Quando Roberto Saviano, davanti alla sua vasta platea televisiva, disse che la ‘ndrangheta “interloquiva” con la Lega nord, scoppiò un caso nazionale. E uno sdegnato Roberto Maroni, allora ministro dell’Interno, ottenne una puntata riparatrice di “Vieni via con me”, dove si presentò a rivendicare i propri meriti in fatto di lotta alla mafia. Allora la pietra dello scandalo era la foto di Angelo Ciocca, giovane consigliere regionale lombardo del Carroccio ritratto insieme a Pino Neri, attualmente sotto processo a Milano con l’accusa di essere uno dei capi della criminalità calabrese al nord. Ma il quadro che emerge dall’inchiesta della Procura di Reggio Calabria è ben più pesante.
Francesco Belsito, segretario amministrativo della Lega nord, ex sottosegretario di Roberto Calderoli al ministero della Semplificazione, è indagato per riciclaggio. Le carte del tribunale di Reggio, che ha ordinato una serie di perquisizioni nell’ambito dell’inchiesta, raccontano che il poltico è amico e socio d’affari da almeno di dieci anni – come risulta dalle intercettazioni – di Romolo Girardelli detto “l’ammiraglio”, già indagato per associazione mafiosa perché “ritenuto associato a elementi di primissimo piano della cosca De Stefano”, vale a dire la crema della ‘ndrangheta reggina. E legato, tra l’altro, a Paolo Martino, già latitante e condannato per omicidio, considerato l’ambasciatore dei De Stefano in Lombardia, dove ha intessuto una considerevole rete di rapporti politici. Il tesoriere leghista – dimissionario in seguito all’inchiesta – e il presunto ‘ndranghetista sono soci, per esempio, nella Effebiimmobiliare sas di Genova, dove compare Alex Girardelli, il figlio di Romolo. Ed è proprio inseguendo il “tesoro dei De Stefano” che gli investigatori si sono imbattuti nel cassiere del partito di Umberto Bossi.
Una terza figura rafforza il legame tra i due: l’imprenditore veneto Stefano Bonet, fondatore della Polare Scarl, “organismo di ricerca” con sede a San Donà di Piave, in provincia di Venezia. Romolo Girardelli risulta essere il responsabile dello sportello genovese della Polare. Ma Bonet – anche lui indagato per riciclaggio – è in strettissimi rapporti anche con Belsito. Rapporti proficui per quest’ultimo, dato che il tesoriere leghista incassa dal gruppo Bonet nel 2011 “250 mila euro”. Parte di questi soldi vengono consegnati in contanti. Il 29 dicembre 2011, scrivono gli investigatori, un collaboratore dell’imprenditore “si incontrava con il Belsito e in quell’occasione effettuava la consegna del denaro, celandolo all’interno di un cappello del Bonet e di una borsa utilizzata per contenere delle bottiglie di vino”.
Alla base del business, il decreto legge 70/2011 che prevede un credito di imposta alle imprese che finanziano progetti di ricerca, anche sviluppati in joint venture con aziende private. Da qui l’attività della Polare Scarl, a cui tra l’altro è intestata un’auto Porsche Panamera passata nella disponibilità di Belsito come “pagamento di una intermediazione svolta dal politico per l’accaparramento da parte della Polare Scarl di un contratto di consulenza a favore di un’associazione tra Comuni”. Polare è in affari con Siram, società del gruppo Veolia, con Fincantieri, della quale il genovese Belsito è consigliere d’amministrazione, e con Grandi navi veloci.
Secondo gli investigatori, però, bonifici per milioni giravano tra la Siram e società riconducibili a Bonet senza essere giustificati “da alcun rapporto reale di natura economico-finanziaria”. Quanto a una fattura da 150 mila euro pagata al politico leghista, Bonet avrebbe poi recuperato la somma ”attraverso il beneficio fiscale del credito d’imposta”. Nelle intercettazioni, a proposito dei progetti con la Siram l’imprenditore ripete più volte che ci sono esborsi apparentemente immotivati, ma necessari perché “è un problema politico lì, cazzo… bisogna pagare e fine della questione”. Il riferimento è a una parcella di 40 mila euro in favore dell’avvocato calabrese – con studio in centro a Milano – Bruno Mafrici, anche lui indagato per riciclaggio.
Il percorso dei soldi si intreccia con l’altra vicenda che qualche mese fa ha portato alla ribalta Francesco Belsito, quella dei fondi della Lega nord investiti, tra l’altro, a Cipro e in Tanzania, destinazioni che riemergono nell’inchiesta reggina. Anche in questo caso, secondo gli investigatori, i soldi espatriati dal tesoriere della Lega viaggiano in parallelo con quelli “riconducibili alle attività criminali poste in essere dalla cosca De Stefano di Reggio Calabria”.
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