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Campagna "KONY 2012": stop alle atrocità del crudele assassino Joseph Kony!

Ultimo Aggiornamento: 12/05/2017 20:16
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Per la cronaca, l'epilogo della vicenda è il seguente.


Kony, la caccia all’uomo è finita. Il boia d’Africa “graziato” da Trump

26.04.2017
PIETRO VERONESE

La caccia a Joseph Kony è finita. Ma non perché il più famigerato criminale di guerra africano sia stato finalmente catturato. No: sono i cacciatori che si fermano. A partire da oggi i circa cento soldati delle forze speciali americane, ai quali si era aggiunto tre anni fa un piccolo contingente dell’aeronautica, cominceranno ad andarsene dalla Repubblica Centrafricana, dove erano stati inviati nel 2011 dall’allora presidente Obama con il compito di farlo prigioniero.
La motivazione è che la banda armata guidata dall’ugandese Kony è ormai militarmente irrilevante, ridotta a un centinaio di uomini «in grado di battersi soltanto per la propria sopravvivenza». Anche le truppe ugandesi presenti a fianco degli americani in Centrafrica hanno iniziato a ritirarsi.

Joseph Kony non è più considerato una minaccia. «Non ha mai attaccato gli interessi americani, perché spendiamo tutti questi soldi?», aveva chiesto quattro mesi fa Donald Trump, in qualche modo preannunciando la chiusura dell’operazione il cui costo in sei anni, stando alle stime fornite dallo stesso comando americano in Africa, Africom, si aggira intorno agli 800 milioni di dollari.
Nel frattempo lui, Kony, secondo le notizie più insistenti ma assolutamente non confemate si nasconderebbe in Sudan, e più precisamente nel sud del Darfur, dunque al sicuro dalle operazioni condotte dai suoi inseguitori nelle foreste centrafricane.
Tutto ciò che circonda la figura di questo crudelissimo capo guerrigliero appartiene ormai al passato: la rivolta degli Acholi ugandesi di cui egli si atteggiò a paladino; il regno di terrore che impose nel nord dell’Uganda a cavallo tra la fine del secolo scorso e l’inizio di questo; le scorribande che, costretto a ritirarsi nei paesi confinanti, prese a compiere attraverso i territori della Repubblica democratica del Congo, della Repubblica Centrafricana e dei due Sudan. Inesorabilmente, con il passare degli anni, è diventato solo un fuggiasco braccato. L’elenco dei suoi crimini è raccapricciante ed egli è il primo criminale di guerra contro il quale il Tribunale penale internazionale dell’Aia ha spiccato un mandato di cattura, già nel 2005.

È accusato di innumerevoli assassinii, stupri, riduzione in schiavitù, rapimento di bambini allo scopo di farne dei combattenti o prede sessuali. Un suo ex braccio destro, Dominic Ongwen, attualmente sotto processo all’Aia, è proprio uno di questi: rapito mentre stava andando a scuola una mattina del lontano 1988, fu iniziato alle peggiori efferatezze e salì nella gerarchia militare del movimento armato fino a diventarne uno dei massimi comandanti.

Joseph Kony comincia a far parlare di sé alla fine degli anni 80. Tra gli Acholi, l’etnia del nord dell’Uganda in rotta con il nuovo presidente Yoweri Museveni, si è affermato un movimento armato guidato da una confusa profetessa, Alice Lakwena, la quale sostiene di parlare con gli spiriti e di poter garantire l’invulnerabilità ai suoi miliziani. I combattenti di Alice arrivano quasi alle porte della capitale prima di venir sbaragliati. Kony prende la guida dei pochi superstiti, a sua volta afferma di essere in contatto con gli spiriti ma si ispira anche alla teologia cristiana. Cambia il nome del movimento in Esercito di Resistenza del Signore – Lord’s Resistance Army, o Lra – e soprattutto tattica: terrorizza la popolazione, rapisce i bambini, semina morte e raccoglie odio.

Con il primo decennio del nuovo secolo l’Uganda lentamente si pacifica, ma la scia di sangue lasciata da Kony non fa che allungarsi attraverso i paesi vicini. Nel 2012 il bandito ha il suo momento di celebrità: era quasi dimenticato quando un video che chiede la sua cattura entro l’anno, diffuso da una ong americana molto discussa, diventa virale tra i ragazzi di tutto il mondo attraverso i social media. Quel video di mezz’ora è stato più studiato come modello di manipolazione delle coscienze giovanili che come esempio di informazione sui mali dell’Africa. E non è servito a niente: cinque anni dopo Joseph Kony resta uccel di bosco.


Fonte: La Repubblica

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