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Tumori : colon, lo studio: “Un batterio presente in bocca è collegato alla crescita del tumore”.

Ultimo Aggiornamento: 28/04/2024 19:25
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Con l’arrivo di tanti nuovi farmaci mirati contro le singole mutazioni è determinante avere, fin dalla diagnosi, il profilo molecolare di ogni paziente per una medicina sempre più personalizzata

Tumore ai polmoni, la nuova «era» dei test genetici per scegliere le cure più efficaci
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Si apre una nuova «era», quella della medicina personalizzata, per la cura del tumore al polmone non a piccole cellule: un numero crescente di persone può trarre beneficio dai nuovi farmaci mirati contro le s pecifiche mutazioni che provocano il tumore. Con vantaggi sia in termini di un allungamento della sopravvivenza (passata da pochi mesi anche a diversi anni), sia sul fronte della qualità di vita perché si riduce la necessità di fare chemioterapia e la tossicità delle terapie. Molti studi presentati al congresso annuale della Società Europea di Oncologia Medica (Esmo, European Society for Medical Oncology), in corso a Madrid, sono dedicati a questo argomento: i miglioramenti ottenuti nella cura delle neoplasie polmonari grazie ai trattamenti innovativi in fase di sperimentazione e puntati su precise alterazioni genetiche, molto diffuse e rare. Miglioramenti che riguardano i pazienti con una malattia in fase iniziale, ma anche quelli in stadio avanzato.

I test genetici fanno la differenza: cure scelte caso per caso
Sono 44mila le nuove diagnosi di cancro ai polmoni ogni anno nel nostro Paese (il carcinoma al polmone non a piccole cellule rappresenta circa l’80-85% di tutti i casi), con 34mila i decessi registrati nel 2022. Soprattutto nell’ultimo decennio la ricerca scientifica ha fatto progressi importanti e la sopravvivenza dei malati, per anni ferma a pochissimi mesi, ora si riesce a prolungare anche per alcuni anni in un numero crescente di casi. «È fondamentale conoscere se e quali alterazioni genetiche sono presenti all’interno della neoplasia di ciascun paziente perché è proprio in base al cosiddetto “profilo molecolare” del tumore che possiamo scegliere le cure più efficaci caso per caso — ricorda Silvia Novello, ordinario di Oncologia medica all’Università di Torino e responsabile dell’Oncologia polmonare al San Luigi Gonzaga di Orbassano —. Già oggi circa un terzo dei tumori del polmone si può affrontare con un approccio nel contesto della medicina di precisione: ricercando cioè target molecolari per i quali sono stati sviluppati farmaci mirati».

Le terapie oggi standard sono destinate a cambiare
Un’opportunità importante per i pazienti, perché usare farmaci specifici ha portato a un’efficacia superiore dei trattamenti e a una migliore tollerabilità delle cure, garantendo lunghe aspettative di vita per una malattia che fino a 15 anni fa aveva una prognosi decisamente infausta. «I risultati di diverse sperimentazioni illustrati a Esmo 2023 sono notevoli e indicano che possiamo aspettarci dei cambiamenti nella pratica clinica – dice Alessandra Curioni-Fontecedro, dell’Università di Friburgo (Svizzera) -. Il che significa che sono così rilevanti da modificare lo standard di cura attuale, ma anche che è sempre più determinante che il cancro al polmoni sia diagnosticato e trattato in ospedali dove operano più specialisti esperti in questa patologia e dove sia garantito ai malati il test per il profilo molecolare».

Lo studio KEYNOTE-671
Gli esiti del trial di fase tre (l’ultima prima dell’approvazione definitiva e l’entrata in commercio di un medicinale) KEYNOTE-671 indicano, ad esempio, che in stadio precoce l’immunoterapia con pembrolizumab, prima e dopo l’intervento chirurgico (la sperimentazione ha reclutato 797 pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule operabile, in stadio II, IIIA o IIIB), aggiunta alla chemioterapia riduce del 28% il rischio di morte e migliora la sopravvivenza globale, con il 71% dei pazienti vivi a tre anni. Un passo avanti importante verso la possibilità concreta di guarire per le persone a cui viene diagnosticato un carcinoma polmonare non a piccole cellule e che è destinato a cambiare l’attuale trattamento standard. «È un importante passo in avanti - spiega Novello -. Pembrolizumab più chemioterapia prima dell’intervento chirurgico e a seguire come singolo agente dopo la chirurgia ha il potenziale per diventare una strategia fondamentale che può modificare la storia di questa neoplasia in stadio precoce, aumentandone significativamente le possibilità di cura. Storicamente, più della metà dei pazienti con questa neoplasia, anche quando viene diagnosticata in fase iniziale, ha una ricaduta in seguito all’operazione, mentre con l’aggiunta dell’immunoterapia alla chemioterapia (che è la cura prevista attualmente) il tasso di ricadute diminuisce notevolmente».

Mutazione EGFR
Altri due trial, MARIPOSA e MARIPOSA-2, che saranno esposti durante la sessione presidenziale del congresso lunedì 23 ottobre, riguardano chi ha un carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio avanzato o metastatico e presenta una delle mutazioni più diffuse, quella del gene EGFR: i risultati indicano che i malati trattati con una combinazione di nuovi farmaci (amivantamab e l azertinib) hanno avuto una sopravvivenza libera da progressione di malattia (ovvero il tempo che intercorre tra la fine del ciclo di cure e il momento in cui la neoplasia si ripresenta) significativamente migliore rispetto alla cura attualmente più efficace (osimertinib). «Nello specifico i dati di MARIPOSA-2 mostrano che i pazienti che sono andati in progressione dopo aver fatto osimertinib e vengono curati con amivantamab e lazertinib più chemioterapia hanno una sopravvivenza libera da progressione di malattia più lunga» dice Filippo de Marinis, direttore della Divisione di Oncologia toracica all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano.

Per chi non ha mutazioni
«Ci sono speranze anche per chi affronta una neoplasia avanzata o metastatica e ha una ricaduta dopo diverse linee precedenti, oggi candidato a ricevere solamente chemioterapia – prosegue de Marinis —: gli esiti del trial TROPION-LUNG01, che saranno illustrati sempre lunedì 23, lasciano intravedere un prolungamento importante della sopravvivenza libera da progressione di malattia utilizzano un innovativo anticorpo monoclonale farmaco-coniugato (datopatamab deruxtecan), che combina un anticorpo monoclonale, progettato per colpire selettivamente le cellule cancerose), con un agente citotossico che le uccide». È un medicinale altamente selettivo per le cellule tumorali, che riduce al minimo i danni alle cellule sane circostanti e aumenta l’efficacia del trattamento. «La maggior parte dei pazienti non trae beneficio da un solo farmaco, ma ha bisogno di più linee e di più medicinali combinati fra loro – chiarisce l’esperto -. Servono ulteriori ricerche per capire come “mixare” le cure, in quale stadio della malattia e in quali categorie di pazienti, in modo tale da ottenere i massimi risultati possibili per i malati, contenendo i costi del nostro Ssn».

Mutazioni di ALK, RET e altre più rare
Nella sessione presidenziale di oggi, sabato 21, ricerche dimostrano che l’utilizzo di farmaci target può ridurre la necessità di chemioterapia. Un discorso che sembra valere per i pazienti operabili positivi alla mutazione di ALK (curati con alectinib), per quelli con carcinoma avanzato e mutazione di RET (trattati con selpercantinib) e per chi ha un’alterazione più rara e difficili da trattare, quella da inserzione dell’esone20 dell’EGFR (che ha ricevuto il farmaco sperimentale amivantamab). E ancora: altri studi rinforzano il valore di aggiungere l’immunoterapia alla chemio in alcuni sottotipi di carcinoma polmonare non a piccole cellule. Ad esempio gli esiti del trial CHECHMATE 77T indicano che, nei malati operabili, l’utilizzo dell’immunoterapico nivolumab più la chemio prima della chirurgia riesce a ridurre il tumore e favorisce una migliore risposta ai trattamenti che verranno fatti successivamente. «Sappiamo che la prognosi è migliore se i farmaci prima dell’intervento portano a una scomparsa del tumore, i nuovi dati indicano che aggiungere nivolumab alla chemio in fase pre-operatoria e poi continuare l’immunoterapia di mantenimento per un anno è ancora più efficace» conclude De Marinis.


www.corriere.it/salute/sportello_cancro/23_ottobre_21/tumore-polmoni-nuova-era-test-genetici-scegliere-cure-piu-efficaci-0e713a86-6f60-11ee-be32-abf574c1eee9.shtml?re...
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