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Hiv: identificato un composto che può attivare e consentire l’eradicazione i serbatoi latenti del virus

Ultimo Aggiornamento: 26/06/2023 11:08
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Il caso annunciato al congresso di Parigi. Decisiva la somministrazione tempestiva dei farmaci antiretrovirali

di ELVIRA NASELLI
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24 luglio 2017
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PARIGI - Una bambina sudafricana è il terzo caso al mondo di virus Hiv sotto controllo senza farmaci. La bimba è stata contagiata dalla mamma al momento del parto ed è stata quindi messa in terapia antiretrovirale a nove settimane per 10 mesi, quando si era avuta la soppressione virale. Oggi, dopo otto anni e mezzo senza farmaci, il virus è ancora sotto controllo. Sotto controllo ma non sconfitto perché, al contrario di Hcv, il virus dell'epatite C, Hiv è molto più insidioso, si insinua nel nostro sistema immunitario creando dei depositi che non possono essere attaccati dai farmaci. E quindi non può essere eradicato e sconfitto, come accade con l'epatite C. Ma soltanto mandato in remissione, che vuol dire che la persona resta infetta ma non è contagiosa, perché il virus circolante non si replica.

Il terzo caso. Il caso della bimba è stato presentato a Parigi, al congresso Ias, l'International aids society, in corso fino a mercoledì. Ed è il terzo caso, dopo il Mississippi baby, sottoposto alle cure a sole 30 ore di vita, rimasta 27 mesi senza terapie prima che il virus ricomparisse; e un caso di un adolescente francese che oggi ha circa vent'anni e non è in terapia da quando ne aveva sei. La bambina sudafricana fa parte di un trial clinico che investiga l'effetto di un trattamento precocissimo di bambini positivi all'Hiv nelle prime settimane di vita. Sospendendo poi la terapia antiretrovirale per verificare la reazione del virus. La maggior parte dei pazienti infetti rispondono alla sospensione dei farmaci con una risposta virologica aumentata, ma nei bambini trattati molto precocemente potrebbe sia diverso. "E' un caso molto raro - ha spiegato Linda-Gail Bekker, presidente Ias - e pone molte più domande che risposte".

Gli esami. Lo studio di cui fa parte la bimba sudafricana è stato finanziato dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases americano, diretto da uno dei massimi esperti mondiali di Aids, Anthony Fauci. Che aveva già scoperto come la sopravvivenza dei bambini trattati fosse migliore in quelli curati precocemente. La bimba è stata sottoposta ad esami all'età di 9 anni e mezzo e il virus è stato rilevato in alcune cellule del sistema immunitario, ma nessuna capace di replicarsi. "La bimba non ha una mutazione che potrebbe darle una resistenza naturale all'infezione da Hiv - ha precisato Fauci - dunque la remissione sembrerebbe essere legata al trattamento precoce". E per questo motivo un altro studio in corso sta verificando se sottoporre a terapia neonati con Hiv entro il secondo giorno di vita possa controllare il virus successivamente, all'interruzione della terapia. Lo studio è cominciato nel 2014 in Sud-america, Haiti, Africa e Stati Uniti e alcuni dei primi partecipanti potrebbero sospendere il trattamento quest'anno.

I trattati. Oggi i trattati in tutto il mondo sono circa venti milioni e, nonostante i prezzi dei farmaci siano scesi, se si considera che la terapia va seguita per tutta la vita, i costi per i sistemi sanitari sono molto pesanti. Inoltre - come per tutte le terapie di malattie croniche - dover prendere pillole ogni giorno e per sempre rende l'aderenza alla terapia più complicata.


www.repubblica.it/salute/medicina/2017/07/24/news/bambina_sudafricana_sconfigge_l_aids_l_annuncio_in_un_convegno_a_parigi-171499887/?ref=RHPPLF-BH-I0-C4-P5...
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Aids, bimba di 9 anni sieropositiva dalla nascita tiene a bada l’Hiv dopo trattamento precoce di dieci mesi
Aids, bimba di 9 anni sieropositiva dalla nascita tiene a bada l’Hiv dopo trattamento precoce di dieci mesi
SCIENZA
La notizia è stata annunciata nel corso di un meeting internazionale sull’Hiv dell’International Aids society, la Ias conference on Hiv science 2017, che si svolge a Parigi fino al 26 luglio. La bimba sudafricana fa parte di uno studio più ampio sul trattamento precoce contro l’Hiv. Uno studio denominato Cher (Children with Hiv early antiretroviral therapy) che, dal 2005 al 2011, ha coinvolto 370 neonati
di Davide Patitucci | 24 luglio 2017
68
1,1 mila
Più informazioni su: Aids, HIV
Ha contratto il virus che sviluppa l’Aids dalla madre alla nascita. È stata sottoposta a un trattamento precoce con un cocktail di farmaci antretrovirali solo per un periodo di dieci mesi nel corso del suo primo anno di vita. E per i successivi otto anni e mezzo non ne ha più avuto bisogno. È il terzo caso al mondo di minore che riesce a tenere a bada l’Hiv. La piccola paziente, una bimba sudafricana di nove anni il cui nome non è stato reso noto, è attualmente in una fase di remissione di lungo periodo e “non ha manifestato sintomi o segni di attività del virus”, scrivono gli studiosi dell’unità di ricerca pediatrica sull’Hiv presso la university of Witwatersrand, in Sudafrica, che da anni la tengono sotto osservazione. La notizia è stata annunciata nel corso di un meeting internazionale sull’Hiv dell’International Aids society, la Ias conference on Hiv science 2017, che si svolge a Parigi fino al 26 luglio. La bimba sudafricana fa parte di uno studio più ampio sul trattamento precoce contro l’Hiv. Uno studio denominato Cher (Children with Hiv early antiretroviral therapy) che, dal 2005 al 2011, ha coinvolto 370 neonati.


“Altre volte ci sono stati al mondo casi singoli di bambini con remissione dall’Hiv. Tra i bambini è più facile che ciò avvenga – spiega al fattoquotidiano.it Fernando Aiuti, professore Emerito di Immunologia clinica e malattie infettive alla Sapienza università di Roma -. Ma è, comunque, presto per dire di aver trovato una nuova terapia, o addirittura una cura contro l’Aids”. Come aveva spiegato al fattoquotidiano.it lo stesso Aiuti, commentando il caso di un bimbo italiano tornato sieropositivo dopo un trattamento antiretrovirale iniziato ad appena dodici ore dalla nascita, il virus dell’Aids è, infatti, subdolo. Lascia tracce indelebili nel sistema immunitario. E tende a nascondersi nell’organismo in alcuni tessuti cosiddetti santuari, come intestino, fegato e sistema nervoso, in attesa di tornare a colpire.

È già successo, ad esempio, con una bimba del Mississippi che ha ricevuto una terapia antiretrovirale nelle prime 30 ore di vita, e per 18 mesi. La bimba americana è rimasta 27 mesi senza trattamento. Poi, però, a differenza della piccola paziente sudafricana, il virus si è rifatto vivo. La stessa Avy Violari, a capo del team di studiosi sudafricani non riesce a spiegarsi le ragioni di questa lunga remissione. “È un caso molto raro. Non crediamo che la terapia antiretrovirale possa da sola portare a una remissione – spiega alla Bbc la scienziata -. Non conosciamo che cosa sia realmente all’origine di questa remissione. Pensiamo che le cause siano sia genetiche che legate in qualche modo al sistema immunitario”.


Nel mondo, secondo l’Unaids, sono circa 36,7 milioni le persone infettate dall’Hiv, ma solo poco più della metà di loro, il 53% ha accesso a terapie antiretrovirali. Le persone sieropositive hanno in genere bisogno di trattamenti quotidiani per contrastare il virus, ed evitare che distrugga le difese immunitarie dell’organismo. Per questo, sottolineano gli scienziati sudafricani, è fondamentale comprendere in che modo i bambini riescono a proteggersi dal virus. Potrebbe, infatti, rappresentare la via maestra per giungere a un vaccino contro l’Aids. “Saranno necessari ulteriori studi per capire che cosa induce una remissione a lungo termine nei bambini infettati da Hiv – afferma Anthony Fauci, direttore del National institute of allergy and infectious diseases Usa, che ha finanziato lo studio Cher -. Questo nuovo caso sudafricano rafforza, però, la nostra speranza di sottoporre a trattamento i bambini colpiti da Hiv per brevi periodi, a partire dalla primissima infanzia. Risparmiando loro – conclude l’esperto – lo stress e le conseguenze di terapie prolungate”.

www.ilfattoquotidiano.it/2017/07/24/aids-bimba-di-9-anni-sieropositiva-dalla-nascita-tiene-a-bada-lhiv-dopo-trattamento-precoce-di-dieci-mesi/...

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Aids: vaccinoterapia italiana riduce la carica del virus hiv
La ricerca durata otto anni su 92 volontari potrebbe consentire il controllo dell'infezione senza ricorrere, almeno per un periodo, alla terapia farmacologica

di ANNA RITA CILLIS
ABBONATI A
13 febbraio 2019
60
Aids: vaccinoterapia italiana riduce la carica del virus hiv
POTREBBE aprire la porta a una nuova fase per i sieropositivi in terapia farmacologica. La somministrazione del vaccino Tat a pazienti in terapia antiretrovirale (cART) si è infatti rivelata capace di ridurre il serbatoio di virus latente inattaccabile soltanto grazie ai medicinali. E questo potrebbe consentire il controllo dell'infezione senza ricorrere, almeno per un periodo, alla profilassi. A rivelarlo è il risultato del follow-up, durato otto anni e pubblicato sulla rivista Frontiers in Immunology, di pazienti trattati con il vaccino Tat e messo a punto dall’équipe guidata da Barbara Ensoli, direttore del Centro nazionale per la ricerca su Hi/Aids dell’Iss, l'Istituto superiore di sanità.

Per Ensoli i risultati dal vaccinoterapia aprono quindi "nuove prospettive per una cura funzionale dell’Hiv, ossia una terapia in grado di controllare il virus anche dopo la sospensione dei farmaci antiretrovirali. In tal modo, si profilano opportunità preziose per la gestione clinica a lungo termine delle persone con Hiv, riducendo la tossicità associata ai farmaci, migliorando l'aderenza alla terapia e la qualità di vita, problemi di grande rilevanza soprattutto in bambini e adolescenti, con l’obiettivo, in prospettiva, di giungere all’eradicazione del virus”.

A oggi, spiegano dall'Iss "ben 40 milioni di persone nel mondo convivono con l’infezione da Hiv, la metà delle quali senza ricevere alcuna terapia. La cura richiede ancora molti sforzi, ingenti investimenti e strategie innovative per l’eradicazione del virus. Infatti, il virus non può essere eliminato dalla cART perché persiste, senza replicarsi, in alcune delle cellule infettate in forma di Dna virale". E dunque, questa forma "silente” del virus costituisce un serbatoio di virus latente che rimane invisibile al sistema immunitario ed è inattaccabile dalla terapia cART. Il virus latente periodicamente si riattiva e comincia a replicarsi; pertanto, l’interruzione della cART determina inevitabilmente la ripresa dell’infezione. Di qui la necessità di assumere la terapia ininterrottamente per tutta la vita"
.
Il nuovo studio, intitolato “Continued decay of HIV proviral DNA upon vaccination with HIV-1 Tat of subjects on long-term ART: an 8-year follow-up study”, e stato condotto in otto centri clinici in Italia (ospedale San Raffaele di Milano, ospedale Sacco di Milano, ospedale San Gerardo di Monza, ospedale Universitario di Ferrara, policlinico di Modena, ospedale S.M. Annunziata di Firenze, Istituto San Gallicano - Istituti Fisioterapici Ospitalieri di Roma, policlinico Universitario di Bari), riassume i dati del monitoraggio clinico a lungo termine di 92 volontari vaccinati del precedente studio clinico ISS T-002.

Gli autori dello studio riportano che i volontari trattati con cART e vaccinati con la proteina Tat hanno mostrato un forte calo del Dna provirale nel sangue, avvenuto con una velocità in media 4-7 volte maggiore di quella osservata in studi analoghi in pazienti trattati solo con cART. Nei volontari vaccinati, inoltre, la riduzione del serbatoio di virus latente si è associata ad un aumento delle cellule T CD4+ e del rapporto delle cellule T CD4+/CD8+.

"È concepibile - conclude la Dott.ssa Ensoli - che la vaccinazione con Tat possa conferire ai pazienti la capacità di divenire post-treatment controllers, cioè di controllare il virus senza assunzione di farmaci per periodi di tempo la cui durata dovrà essere valutata con specifici studi clinici. Ii risultati dello studio aprono la strada a studi di interruzione programmata e controllata della terapia nei volontari in trattamento con cART vaccinati con Tat, attualmente in corso di pianificazione proprio allo scopo di verificare questa ipotesi".

www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2019/02/13/news/aids_vaccino-terapia_italiano_riduce_virus_inattacabile-219017000/?ref=RHPPBT-BH-I0-C4-P6...



Aids, vaccino abbatte il 90% del virus latente: lo studio condotto in otto centri clinici italiani
Aids, vaccino abbatte il 90% del virus latente: lo studio condotto in otto centri clinici italiani
"Sono risultati che aprono nuove prospettive per una cura funzionale dell’Hiv", spiega Barbara Ensoli, direttore Centro Ricerca Aids dell'Iss. I risultati, pubblicati su Frontiers in Immunology, sono relativi a un follow-up durato 8 anni su pazienti immunizzati

di F. Q. | 13 Febbraio 2019
3
47
Più informazioni su: Aids, HIV, Ricerca, Ricerca Scientifica, Ricercatori
È in grado di abbattere del 90% il “serbatoio di virus latente”, inattaccabile dalla sola terapia. Si chiama Tat ed è un nuovo vaccino contro l’Hiv, che apre una nuova via contro l’infezione. I risultati, pubblicati su Frontiers in Immunology, sono relativi a un follow-up durato 8 anni su pazienti immunizzati con il vaccino messo a punto da Barbara Ensoli, direttore Centro Ricerca Aids dell’Istituto Superiore di Sanità. “Sono risultati – afferma Ensoli – che aprono nuove prospettive per una cura funzionale dell’Hiv, ossia una terapia in grado di controllare il virus anche dopo la sospensione dei farmaci antiretrovirali. In tal modo, si profilano opportunità preziose per la gestione clinica a lungo termine delle persone con HIV, riducendo la tossicità associata ai farmaci, migliorando aderenza alla terapia e qualità di vita, problemi rilevanti soprattutto in bambini e adolescenti. L’obiettivo, in prospettiva, è giungere all’eradicazione del virus”.

Lo studio è condotto in otto centri clinici in Italia (Ospedale San Raffaele di Milano, Ospedale L. Sacco di Milano, Ospedale San Gerardo di Monza, Ospedale Universitario di Ferrara, Policlinico di Modena, Ospedale S.M. Annunziata di Firenze, Istituto San Gallicano – Istituti Fisioterapici Ospitalieri di Roma, Policlinico Universitario di Bari) e presenta i dati del monitoraggio clinico a lungo termine di 92 volontari vaccinati del precedente studio clinico condotto dall’Iss.

La ricerca di una cura dell’Hiv, insieme alla prevenzione dell’infezione, rileva l’Istituto, è “un’assoluta priorità della comunità scientifica internazionale anche per le vaste risorse che l’Hiv/Aids sottrae alla lotta alla povertà e alle ineguaglianze nel mondo”. Uno studio del 2018 ha, infatti, stimato a 563 miliardi di dollari il costo della lotta contro Hiv tra il 2000 and 2015, ed altri studi hanno stimato in circa -0.5% e -2.6% per anno l’impatto negativo sul Pil nei paesi africani, con una perdita di circa 30-150 miliardi di dollari l’anno. Cifre enormi che, conclude l’Iss, “impongono urgenti e innovative soluzioni terapeutiche per l’Hiv/Aids”.


www.ilfattoquotidiano.it/2019/02/13/aids-vaccino-abbatte-il-90-del-virus-latente-lo-studio-condotto-in-otto-centri-clinici-italiani/...



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RAPPORTI sessuali sicuri anche senza condom grazie alla terapia antiretrovirale. Sono i risultati definitivi di una ricerca europea, durata 8 anni, su circa 1.000 coppie omosessuali che hanno fatto sesso senza usare il preservativo. In tutti i casi uno dei partner era sieropositivo e in terapia antiretrovirale soppressiva (ART) e l'altro negativo all'Hiv. I i partecipanti sono stati sottopposti ad esami e non sono stati registrati casi di trasmissione. Quello che accade è che il virus non viene eliminato ma "bloccato" e il contagio fra partner non avviene. In pratica la carica virale è azzerata.Un bilancio positivo che conferma i dati prelimanari dell'analisi presentati poco meno di un anno fa al congresso mondiale sull'Aids di Amsterdam.

Secondo i ricercatori, la terapia antiretrovirale soppressiva (ART) ha impedito complessivamente 472 trasmissioni di Hiv. I dati emersi da questo studio (PARTNER2), pubblicato su The Lancet, sono un ulteriore elemento a sostegno della campagna U=U ovvero undetectable=untrasmissible, sostenuta da più di 780 organizzazioni che si occupano di Hiv in 96 paesi. L'obiettivo è fornire ai pazienti la consapevolezza che questi medicinali possono permettere alle persone con Hiv di avere relazioni sessuali senza la paura di trasmettere il virus agli altri.

"I risultati forniscono prove concrete per i pazienti gay che il rischio di trasmissione dell'Hiv con la terapia AR soppressiva è pari a zero. In questo modo - spiega il professor Alison Rodger dell'UCL, nel Regno Unito, coordinatore dell'analisi - sosteniamo la campagna U=U: una carica virale non rilevabile rende l'Hiv non trasmissibile. Questo messaggio può aiutare a porre fine alla pandemia dell'Hiv, prevenendo la trasmissione e contrastando così lo stigma e la discriminazione che molte persone con Hiv affrontano. Oggi servono ancora più sforzi su una più ampia diffusione di questo messaggio e garantire che tutte le persone sieropositive abbiano accesso ai test, alle terapie e al supporto per aderiere in modo corretto alle cure".

Dal 2010 al 2014 è stata avviata la prima fase dello studio PARTNER che ha esaminato 1.116 coppie in 14 paesi europei. Si trattava di persone che non usavano il preservativo. Fra loro c'erano sia eterosessuali che gay. La seconda fase di questo stesso studio (PARTNER2) ha invece reclutato solo coppie gay che sono state seguite per 8 anni. Ogni 6-12 mesi dovevano rispondere a questionari sul comportamento sessuale e sottoporsi ad analisi mediche.


www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2019/05/03/news/hiv_un_trattamento_previene_la_trasmissione_sessuale_negli_uomini_gay-225243168/?ref=RHPPBT-BH-I225381344-C4-P10...
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IMMUNOTERAPIA

Aids, azienda americana chiede all’Fda il via libera per la prima terapia genica contro l’Hiv
La stessa tecnologia è in sperimentazione per altre malattie, da alcuni tumori alla fenilchetonuria
di Francesca Cerati

AP
AP
1' di lettura

Mentre la big pharma Abbott annuncia che un team di suoi scienziati ha identificato un nuovo sottotipo del virus Hiv - dimostrando il prezioso ruolo del sequenziamento genetico di nuova generazione al fine di restare un passo avanti rispetto alle mutazioni del virus e nell’evitare nuove pandemie -negli Usa una piccola azienda farmaceutica del Maryland, la American Gene Technologies, ha depositato alla Food and Drug Administration (Fda) la richiesta per iniziare il primo test clinico di una terapia genica contro l’Hiv.

Secondo l'azienda potrebbe essere la prima a eradicare definitivamente la malattia e se il dossier di mille pagine verrà approvato, si legge nel comunicato dell'azienda, i primi test sull'uomo inizieranno a gennaio.


Aids: trovato nuovo ceppo virus, il primo da 19 anni
«Il nostro obiettivo - spiega il responsabile scientifico della compagnia David Pauza - è trattare l'Hiv con una terapia cellulare e genica innovativa che ricostituisce l'immunità all'Hiv e controlla la crescita del virus in assenza di farmaci antiretrovirali. Sarebbe la prima immunoterapia che risolve il problema principale dell'infezione da Hiv, cioè l'assenza di cellule del sistema immunitario specifiche per il virus».

La stessa tecnologia, aggiunge la nota, è in sperimentazione per altre malattie, da alcuni tumori alla fenilchetonuria.


www.ilsole24ore.com/art/aids-azienda-americana-chiede-all-fda-via-libera-la-prima-terapia-genica-contro-l-hiv...
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SCIENZA
Hiv, secondo caso al mondo di paziente guarito dopo trapianto di midollo osseo: “Da 19 mesi stop segnali del virus”
Hiv, secondo caso al mondo di paziente guarito dopo trapianto di midollo osseo: “Da 19 mesi stop segnali del virus”
La notizia è riportata dalla rivista scientifica Nature: l'uomo, noto solo come "paziente di Londra", ha effettuato il trapianto per curare un tumore al sangue, ricevendo cellule staminali da un donatore con una rara mutazione genetica che inibisce un recettore del virus. Il professore a capo dello studio: "Abbiamo dimostrato che il 'paziente di Berlino' non era un'anomalia"

di F. Q. | 5 MARZO 2019
Da 19 mesi non ci sono più stati segnali di presenza del virus Hiv. Per la seconda volta nella storia, un paziente affetto da Aids sembra essere stato curato dall’infezione. La notizia è riportata dalla rivista scientifica Nature che spiega come la persona, in cura a Londra, è in recesso dalla malattia dopo aver terminato il trattamento. Sono passati circa 12 anni dal primo caso di paziente curato a Berlino.

Così come più di un decennio fa, anche in questo caso l’uomo, noto solo come “paziente di Londra”, ha effettuato un trapianto di midollo osseo per curare un tumore al sangue, ricevendo cellule staminali da donatori con una rara mutazione genetica che impedisce al virus Hiv di prendere piede. “Ottenendo la remissione in un secondo paziente con un approccio simile, abbiamo dimostrato che il ‘paziente di Berlino’ non era un’anomalia“, ha detto Ravindra Gupta, professore dell’Università di Cambridge, riferendosi alla prima cura funzionale conosciuta.

Milioni di malati di Aids in tutto il mondo tengono sotto controllo la malattia con la cosiddetta terapia antiretrovirale, ma il trattamento non elimina il virus dai pazienti. “Al momento, l’unico modo per curare l’Hiv è con i farmaci che sopprimono il virus, che le persone devono prendere per tutta la vita”, ha detto Gupta. “Questo rappresenta una sfida particolare nei paesi in via di sviluppo”: circa 37 milioni di persone vivono con l’Hiv in tutto il mondo, ma solo il 59% riceve gli antiretrovirali.

Gupta e il suo team hanno sottolineato che il trapianto di midollo osseo – una procedura pericolosa e dolorosa – non è un’opzione praticabile per il trattamento dell’Hiv. Ma un secondo caso di remissione e probabile cura dopo tale trapianto aiuterà gli scienziati a restringere la gamma di strategie di trattamento. Sia il paziente di Londra che quello di Berlino hanno effettuato trapianti di cellule staminali da donatori portatori di una mutazione genetica che impedisce l’espressione di un recettore dell’Hiv, noto come CCR5. “Trovare un modo per eliminare completamente il virus è una priorità globale urgente, ma è particolarmente difficile perché il virus si integra nei globuli bianchi del suo ospite”, ha spiegato Gupta.

Lo studio effettuato dal suo team descrive un paziente maschio anonimo in Gran Bretagna a cui è stata diagnosticata l’infezione da Hiv nel 2003 e che è stato in terapia antiretrovirale dal 2012. In quello stesso anno è stato diagnosticato un linfoma di Hodgkin avanzato, un cancro mortale. Ha subito un trapianto di cellule staminali ematopoietiche nel 2016 da un donatore con due copie di una variante del gene CCR5, una combinazione presente nell’1% circa della popolazione mondiale. Le persone con questa caratteristiche sono resistenti alla maggior parte dei ceppi di virus dell’Hiv-1.

Dopo il trapianto di midollo osseo, il paziente di Londra ha continuato la terapia antiretrovirale per 16 mesi, poi è stata interrotta. I test hanno confermato che la carica virale del paziente non più è stata rilevata da allora. Il paziente di Berlino – trattato per la leucemia – ha ricevuto due trapianti e ha subito irradiazione totale del corpo, mentre il paziente britannico ha ricevuto un trapianto e una chemioterapia meno intensiva. Il gruppo di ricerca sta presentando i risultati alla annual Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections (CROI) a Seattle, Washington. “Un secondo caso rafforza l’idea che una cura sia possibile”, ha detto a La Presse Sharon R Lewin, direttore del Peter Doherty Institute for Infection and Immunity e dell’Università di Melbourne. “Un trapianto di midollo osseo come cura non è praticabile, ma possiamo provare a scoprire quale parte del trapianto potrebbe aver fatto la differenza”.


www.ilfattoquotidiano.it/2019/03/05/hiv-secondo-caso-al-mondo-di-paziente-guarito-dopo-trapianto-di-midollo-osseo-da-19-mesi-stop-segnali-del-virus/...
[Modificato da angelico 13/12/2020 21:08]
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"Il paziente inglese" guarisce dall'Hiv: è la seconda persona al mondo
di ENRICO FRANCESCHINI

Si chiama Adam Castillejo, ha 40 anni ed è nato in Venezuela, ma vive a Londra da quasi 20 anni. Dopo essere divenuto noto come "il paziente di Londra" a protezione della sua privacy, ha deciso di venire allo scoperto e rivelare la sua identita in un'intervista al New York Times
10 MARZO 2020
PUBBLICATO + DI 6 MESI FA
1 MINUTI DI LETTURA
LONDRA – “Voglio essere un ambasciatore di speranza”. Ha scelto il momento giusto per dirlo, Adam Castillejo, 40 anni, nato in Venezuela ma residente da due decenni a Londra, anche per questo diventato noto come “il paziente inglese”: è la seconda persona al mondo completamente guarita dall’Hiv, il virus che, se non viene trattato, causa l’Aids. Nessuno conosceva finora la sua vera identità: adesso ha deciso di rivelarla, in un’intervista al New York Times.

“Credo di trovarmi in una posizione unica per infondere un messaggio di speranza al mondo”, afferma. Quando scoprì di avere contratto l’Hiv aveva soltanto 23 anni e la notizia fu per lui come una sentenza: “Un’esperienza terrificante, un trauma difficile da superare. Fortunatamente, grazie alle cure farmacologiche, ho potuto vivere in maniera relativamente tranquilla". Nel 2013, per curare un linfoma al quarto stadio, Adam ha subito un trapianto di midollo osseo da un donatore che aveva una particolare mutazione genetica, grazie alla quale aveva sviluppato una specie di immunità all’Hiv. Da allora si è sottoposto a una serie di trattamenti a base di farmaci antiretrovirali. L’ultimo ciclo risale all’ottobre 2017. Ora, trascorso un anno e mezzo, i medici gli hanno annunciato la sua totale guarigione dall’Hiv.

Il primo caso di guarigione risale a 13 anni or sono e riguardava Timothy Ray Brown, fino a quel momento identificato come “il paziente di Berlino”. Da oggi a portare la buona novella che dai virus si può guarire, anche dai più temibili e tenaci, c’è pure “il paziente di Londra”. Una testimonianza che giunge nel giorno giusto, in un mondo ferito e spaventato dal coronavirus.



www.repubblica.it/esteri/2020/03/10/news/_il_paziente_inglese_guarisce_dall_hiv_e_la_seconda_persona_al_mondo-25...
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"Il paziente inglese" guarisce dall'Hiv: è la seconda persona al mondo
di ENRICO FRANCESCHINI

Si chiama Adam Castillejo, ha 40 anni ed è nato in Venezuela, ma vive a Londra da quasi 20 anni. Dopo essere divenuto noto come "il paziente di Londra" a protezione della sua privacy, ha deciso di venire allo scoperto e rivelare la sua identita in un'intervista al New York Times
10 MARZO 2020
PUBBLICATO + DI 6 MESI FA
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LONDRA – “Voglio essere un ambasciatore di speranza”. Ha scelto il momento giusto per dirlo, Adam Castillejo, 40 anni, nato in Venezuela ma residente da due decenni a Londra, anche per questo diventato noto come “il paziente inglese”: è la seconda persona al mondo completamente guarita dall’Hiv, il virus che, se non viene trattato, causa l’Aids. Nessuno conosceva finora la sua vera identità: adesso ha deciso di rivelarla, in un’intervista al New York Times.

“Credo di trovarmi in una posizione unica per infondere un messaggio di speranza al mondo”, afferma. Quando scoprì di avere contratto l’Hiv aveva soltanto 23 anni e la notizia fu per lui come una sentenza: “Un’esperienza terrificante, un trauma difficile da superare. Fortunatamente, grazie alle cure farmacologiche, ho potuto vivere in maniera relativamente tranquilla". Nel 2013, per curare un linfoma al quarto stadio, Adam ha subito un trapianto di midollo osseo da un donatore che aveva una particolare mutazione genetica, grazie alla quale aveva sviluppato una specie di immunità all’Hiv. Da allora si è sottoposto a una serie di trattamenti a base di farmaci antiretrovirali. L’ultimo ciclo risale all’ottobre 2017. Ora, trascorso un anno e mezzo, i medici gli hanno annunciato la sua totale guarigione dall’Hiv.

Il primo caso di guarigione risale a 13 anni or sono e riguardava Timothy Ray Brown, fino a quel momento identificato come “il paziente di Berlino”. Da oggi a portare la buona novella che dai virus si può guarire, anche dai più temibili e tenaci, c’è pure “il paziente di Londra”. Una testimonianza che giunge nel giorno giusto, in un mondo ferito e spaventato dal coronavirus.



www.repubblica.it/esteri/2020/03/10/news/_il_paziente_inglese_guarisce_dall_hiv_e_la_seconda_persona_al_mondo-25...
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Aids: con mix farmaci uomo senza virus da un anno
Per esperti forse primo caso di guarigione senza trapianto
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Redazione ANSA ROMA 09 luglio 202013:06
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Un uomo trattato con un nuovo mix di farmaci potrebbe essere il primo guarito dall'infezione da Hiv senza bisogno di trapianto di midollo, come successo alle uniche altre due persone note a cui il virus è stato eradicato. Il caso del 'paziente di San Paolo' è stato descritto alla conferenza Aids 2020. L'uomo, spiegano gli esperti dell'università federale di San Paolo, ha smesso i trattamenti a marzo 2019 e il virus finora non è tornato. Il paziente, 36 anni, sieropositivo dal 2012, partecipava alla sperimentazione di una terapia mirata a 'stanare' il virus dai 'reservoir' che ha nelle cellule e che lo fanno tornare se si sospendono i trattamenti usuali.
L'uomo, hanno spiegato nel corso della conferenza in corso in forma virtuale, è stato curato con un mix 'aggressivo' di antiretrovirali e nicotinamide (vitamina B3). Una volta interrotta la terapia il suo sangue è stato testato ogni tre settimane, senza nessun segno di infezione. "Anche se è un caso isolato - afferma al New York Times Ricardo Diaz, uno dei ricercatori coinvolti - potrebbe essere la prima remissione di lungo termine dell'Hiv senza un trapianto". Il 'paziente di san Paolo' potrebbe quindi aggiungersi a quelli di 'Londra' e 'Berlino', guariti però con un trapianto di midollo ricevuto per un tumore. Un bambino curato con un mix di farmaci e che è stato in remissione per due anni invece ha visto poi il ritorno del virus.




www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/medicina/2020/07/08/-aids-con-mix-farmaci-uomo-senza-virus-da-un-anno-_e5bed743-8a6a-43f9-8364-8e7ba54a5...
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Hiv, la nuova sofisticata tecnica messa a punto contro il virus per un possibile un vaccino
Hiv, la nuova sofisticata tecnica messa a punto contro il virus per un possibile un vaccino
Angela Lombardo ricercatrice dell”International Aids Vaccine Initiative (IAVI): "Questi risultati arrivano anche poco dopo due ulteriori studi pubblicati su Immunity nel settembre 2022, che hanno contribuito a convalidare l’approccio mirato alla linea germinale per la vaccinazione contro l’Hiv"

di 30science per Il Fatto | 10 DICEMBRE 2022
La ricerca di un vaccino stavolta davvero efficace contro l’Hiv, non si ferma e anzi, i risultati, considerati da molti esperti estremamente incoraggianti della nuova sofistica tecnica messa a punto per sconfiggere il virus che causa l’Aids, hanno dato nuovo impulso alla ricerca. “Con questi dati promettenti in mano che abbracciano sia la sicurezza che le risposte immunitarie si continueranno a progettare immunogeni potenzianti che potrebbero eventualmente indurre gli anticorpi neutralizzanti (bnAbs) desiderati e fornire protezione contro il virus. Questi risultati arrivano anche poco dopo due ulteriori studi pubblicati su Immunity nel settembre 2022, che hanno contribuito a convalidare l’approccio mirato alla linea germinale per la vaccinazione contro l’Hiv”. Lo ha spiegato a 30Science.com, Angela Lombardo ricercatrice dell”International Aids Vaccine Initiative (IAVI), l’organizzazione no profit sostenuta dalla Rockefeller Foundation, che ha partecipato alla sperimentazione clinica del primo vaccino a base di mRNA contro l’Aids i cui risultati sono stati recentemente pubblicati su Science.

È proprio questo tipo di approccio, quello di puntare alla linea germinale, combinato alla tecnologia a mRna, la stessa usata anche per il vaccino contro Sars-Cov 2, a rendere fiduciosi i ricercatori. Lo ha spiegato Alberto Cagigi, ricercatore italiano che ha partecipato alla sperimentazione al Vaccine Research Center (Vrc), presso il National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid) del National Institutes of Health (Nih), negli Usa “Il vaccino sperimentale testato nell’ambito dello studio IAVI G001, ha dimostrato il successo nello stimolare il sistema immunitario ad avviare il processo di generazione di un certo tipo di anticorpi neutralizzanti ad ampio spettro contro l’Hiv (bnAbs). Nello specifico, il vaccino è una parte della proteina Env di Hiv ingegnerizzata in modo da stimolare ed aumentare una rarissima popolazione di cellule B naïve in grado di produrre precursori di VRC01, un certo tipo di bnAb che interagisce direttamente con il sito di legame per il recettore CD4, che l’Hiv utilizza per legarsi alle cellule che infetta. Questo approccio è chiamato “targeting della linea germinale” e rappresenta il primo passo verso la produzione di anticorpi come VRC01. Essendo le cellule B precursori di VRC01 molto rare, la strategia è quella dapprima di aumentarne il numero con un vaccino fatto “ad hoc” e poi di stimolarle di nuovo con diverse versioni di Env via via sempre più simili alla proteina originale del virus. Questo concetto si chiama “vaccinazione sequenziale”.

In altri termini il vaccino a cui si sta lavorando è una sorta di terapia vaccinale che prevede diverse somministrazioni con booster che attivano funzioni diverse. In pratica il sistema immunitario è addestrato, passo dopo passo a sviluppare una resistenza specifica contro il virus. “Riteniamo – ha detto Angela Lombardo – che questa strategia di progettazione del vaccino sarà essenziale per realizzare un vaccino contro l’Hiv e potrebbe aiutare il campo a creare vaccini per altri patogeni difficili. Tuttavia, anche con questa prova di concetto, c’è ancora molta strada da fare per sviluppare un efficace vaccino contro l’Hiv”. “L’obiettivo generale dello studio IAVI G001 – ha aggiunto – era determinare se l’antigene del vaccino avesse un profilo di sicurezza accettabile e potesse indurre risposte da cellule B precursori anticorpali ampiamente neutralizzanti. Entrambi questi obiettivi sono stati raggiunti”. La ricerca ora sta portando avanti altri progetti e altri trial clinici sono stati avviati in Africa e negli Stati Uniti.

“IAVI, Scripps Research Institute e Niaid – ha spiegato Lombardo – stanno collaborando con la società di biotecnologie Moderna per sviluppare e testare la consegna dell’mRNA degli antigeni del vaccino contro l’HIV. Sono in corso due studi clinici di Fase I basati su IAVI G001, un altro su (IAVI G002 ) in quattro siti negli Stati Uniti e un altro ancora (IAVI G003) presso il Center for Family Health Research di Kigali, Ruanda, e The Aurum Institute di Tembisa, Sud Africa. Entrambi stanno testando la consegna dell’mRNA dell’eOD-GT8 60mer che è stato valutato come proteina ricombinante in IAVI G001, e lo studio statunitense include un antigene boost progettato dal laboratorio Schief e fornito con la tecnologia Moderna mRNA. Una terza prova ( HVTN302), in dieci siti negli Stati Uniti, sta testando la somministrazione di mRNA di tre diversi composti chimici della superficie del virus Hiv stabilizzati e progettati nel laboratorio Schief che sono candidati per diventare un eventuale booster in fase avanzata in vaccini multifase che mirano a indurre bnAbs. L’uso della tecnologia dell’mRNA potrebbe accelerare significativamente il ritmo dello sviluppo del vaccino contro l’Hiv in quanto consente una produzione più rapida del materiale della sperimentazione clinica. Alla fine, l’obiettivo è un regime vaccinale in più fasi con l’obiettivo di suscitare diversi tipi di bnAbs”.





www.ilfattoquotidiano.it/2022/12/10/hiv-la-nuova-sofisticata-tecnica-messa-a-punto-contro-il-virus-per-un-possibile-un-vaccino/...
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Il Comitato prezzi e rimborsi dell'Agenzia del farmaco ha dato l’ok alla rimborsabilità della Prep, la terapia che impedisce il contagio a chi ha un rapporto con una persona sieropositiva
21 APRILE 2023
AGGIORNATO ALLE 17:39
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La terapia che protegge dal contagio chi ha rapporti sessuali con un sieropositivo all'Hiv diventa finalmente gratuita anche in Italia. Il Cpr di Aifa, cioè il Comitato prezzi e rimborsi dell'Agenzia del farmaco, ha dato l’ok alla rimborsabilità dei medicinali a base di emtricitabina e tenofovir disoproxil, cioè quelli utilizzati per la cosiddetta Prep, la profilassi pre-esposizione. Erano autorizzati ma fino ad ora chi li assumeva pagava tra i 50 e i 60 euro a confezione, a seconda che si tratti del prodotto di marca, il Truvada, oppure di un generico.

La questione è arrivata al Cpr, che si occupa appunto di stabilire i prezzi dei medicinali e li tratta con le aziende produttrici, circa un mese fa dopo che l'altra commissione dell'Agenzia del farmaco, quella tecnico scientifica e cioè la Cts, aveva già dato il via libera alla possibilità di mettere il medicinale a carico de sistema sanitario. La decisione regolatoria è stata quindi presa: i farmaci possono essere gratuiti, dietro ricetta. Fino ad ora potevano prescriverli gli specialisti e Aifa stabilirà se si procederà allo stesso modo. Tra coloro che oggi usano il farmaco ci sono coloro che si infettano di più, cioè gli uomini che fanno sesso con uomini, ma può essere richiesta anche persone eterosessuali che ritengono di rischiare il contagio.

Erano già molti i Paesi europei che passavano la Prep. Le associazioni che si occupano di Aids e quelle attive per i diritto lgbtq+ da molto tempo chiedono la rimborsabilità e di recente avevano polemizzato perché Aifa aveva rinviato la decisione. "La rimborsabilità della Prep costituisce un importante passo in avanti nella prevenzione dell’infezione da Hiv, poiché rende il farmaco fruibile da tutte le persone. La Prep è però un percorso, che, oltre alla prescrizione del farmaco comprende lo screening periodico delle infezioni sessualmente trasmesse (IST), che al momento è, nella maggior parte delle regioni italiane, ancora a carico dell’utente. Auspichiamo una completa presa in carico del percorso per garantire una prevenzione efficace e completa consapevolezza" ha commentato Bruno Marchini, presidente di Anlaids Onlus, l'associazione che dal 1985 si batte per la lotta all'HIV e Aids.


www.repubblica.it/cronaca/2023/04/21/news/prep_pillola_hiv_gratis-397061975/?ref=RHLF-BG-...


Hiv, la pillola per prevenire l’infezione sarà gratis. Aifa dà il via libera al rimborso
di Redazione Salute
Ne dà notizia Anlaids. L’Agenzia italiana del farmaco ha approvato la PrEP, valido come profilassi nelle persone negative al virus Hiv e a rischio di infettarsi

Hiv, la pillola per prevenire l’infezione sarà gratis. Aifa dà il via libera al rimborso
Getty Images

Il Comitato prezzi e rimborsi (Cpr) dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa ha dato l’ok alla rimborsabilità della PReP, la profilassi pre-esposizione, intervento farmacologico messo in campo per prevenire il contagio nelle persone negative al virus Hiv e a rischio di infettarsi. Il farmaco è ora inserito in fascia A, quindi rimborsabile dal Servizio sanitario nazionale. Ne dà notizia l’associazione Anlaids Onlus, che parla di «svolta». Il via libera del Cpr riguarda in particolare il mix emtricitabina/tenofovir/disoproxil.

«La rimborsabilità della PrEP costituisce un importante passo in avanti nella prevenzione dell’infezione da Hiv, poiché rende il farmaco fruibile da tutte le persone». Commenta così Bruno Marchini, presidente di Anlaids Onlus, associazione che dal 1985 si batte per la lotta al virus Hiv e alla malattia Aids, il via libera del Comitato prezzi e rimborsi (Cpr) dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa, che porterà alla gratuità del farmaco che si utilizza per questa strategia preventiva destinata a persone ad alto rischio di contagio.

«La PReP è però un percorso che, oltre alla prescrizione del farmaco, comprende lo screening periodico delle infezioni sessualmente trasmesse (Ist), che al momento, nella maggior parte delle regioni italiane, è ancora a carico dell’utente - fa notare Marchini - Auspichiamo una completa presa in carico del percorso per garantire una prevenzione efficace e completa consapevolezza».

Decisione rinviata un mese fa
La Commissione tecnico scientifica dell’agenzia regolatoria aveva dato parere favorevole alla PrEp un mese fa. Poi però Aifa aveva deciso di rinviare il via libera alla gratuità, scatenando le proteste delle associazioni, Anlaids in testa.

Protezione molto alta
Approvata fin dal 2012 della FDA (Food and Drug Administration Statunitense) già nel 2015, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) suggeriva ai Paesi dell’Unione europea di considerare l’adozione della PrEP nei programmi nazionali di prevenzione per i gruppi di popolazione a rischio di contrarre il virus. Nel 2016 è arrivato il nulloasta anche dall’EMA, Agenzia europea del farmaco. La PrEP consiste nell’assunzione di compresse, prima e dopo l’esposizione al rischio di contrarre l’HIV (rapporti sessuali senza preservativo, utilizzo in comune di siringhe). Composto da tenofovir disoproxil fumarato ed emtricitabina, il farmaco è già da tempo utilizzato per il controllo dell’HIV per cui se ne conoscono bene tollerabilità, sicurezza ed efficacia. s.

Se assunta correttamente, la profilassi offre una protezione dall’infezione che sfiora il 100%: lo certificano tutte le agenzie sanitarie internazionali (ONU, UNAIDS, OMS, EMA, ECDC, ecc) che raccomandano di favorire al massimo l’accesso alla PrEP e lo dimostrano i dati provenienti dai paesi in cui è rimborsabile (tra questi: Francia, Germania, Spagna Portogallo, Belgio, Danimarca, Finlandia, Regno Unito e molti altri).

Da chi può essere prescritta
La PrEP è destinata a persone che risultano non aver contratto già l’HIV. In Italia può essere prescritta da specialisti in malattie infettive ma le spese erano finora tutte a carico: quelle per i farmaci (circa 60 euro a confezione) e spesso anche quelli per gli accertamenti diagnostici richiesti.


www.corriere.it/salute/malattie_infettive/23_aprile_21/hiv-pillola-prevenire-l-infezione-sara-gratis-aifa-da-via-libera-rimborso-44eb7da6-e05e-11ed-a8fa-406e6cb4bb...

[Modificato da angelico 21/04/2023 20:44]
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“PrEP gratuita anche in Italia? Arriviamo per ultimi e ci vorrà ancora tempo. E intanto i contagi continuano”
“PrEP gratuita anche in Italia? Arriviamo per ultimi e ci vorrà ancora tempo. E intanto i contagi continuano”
di Emanuele Corbo | 7 MAGGIO 2023
Lo scorso 21 aprile la notizia che in molti attendevano da tempo: il Comitato prezzi e rimborsi dell’Agenzia del farmaco ha dato il via libera alla rimborsabilità della PrEP. La profilassi pre-esposizione, dunque, anche in Italia diventa gratuita. Fino a questo momento il farmaco, da assumere prima e dopo un evento a rischio HIV come un rapporto sessuale non protetto o la condivisione di siringhe, era ottenibile solo dietro prescrizione di un infettivologo a un prezzo che si aggirava, per il generico, intorno ai 60 euro a confezione. A dire il vero, però, gli utenti dovranno mettere mano al portafogli ancora per qualche tempo. Quanto? Non è dato saperlo. A dispetto dell’entusiasmo scatenato – giustamente – dall’annuncio, infatti, va precisato che la gratuità del farmaco non è uno scenario che diventerà realtà dall’oggi al domani. Con buona pace di quanti si stanno precipitando in farmacia o presso i reparti di malattie infettive convinti di poter iniziare il percorso PrEP a costo zero.

Per cercare di fare ordine nella questione ilfattoquotidiano.it ha chiesto un commento a Sandro Mattioli, Direttore del BLQ Checkpoint di Bologna, reduce dalla conferenza CROI tenutasi negli Stati Uniti. Oltreoceano, ormai, di PrEP si parla in termini di Cabotegravir, farmaco che viene iniettato ogni due mesi: situazione ben diversa rispetto a quanto avviene nel vecchio continente, dove la terapia è giornaliera o al bisogno. Ma questo è un discorso che in Italia suona ancora come fantascientifico se si considera il ritardo con cui il Bel Paese sta agendo in materia di profilassi pre-esposizione.

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Ora che è stato annunciato che la PrEP diventa a carico del Servizio sanitario nazionale che cosa succede?
Innanzitutto facciamo chiarezza: AIFA non ha approvato ancora niente a differenza di quel che leggo su diversi quotidiani. Ci sono stati una serie di step tecnici, ultimo dei quali la Commissione prezzi che ha stabilito il prezzo d’acquisto del farmaco da parte del Servizio sanitario. Dopodiché AIFA dovrà riunire il CdA, fare la determina che andrà in Gazzetta Ufficiale e da allora si inizierà a lavorare sulla gratuità. Presumo che si riunirà la conferenza stato-regioni per dare alcune indicazioni dopodiché le regioni dovranno quantomeno modificare il prontuario, perché attualmente, sia per fascia sia per vendibilità, il generico è sistemato diversamente da come AIFA con ogni probabilità indicherà. Intanto il tempo passa e le persone si contagiano.

Cambierà qualcosa anche nella modalità di erogazione del farmaco?
Resta da capire se continuerà ad essere disponibile in farmacia oppure gli utenti dovranno recarsi presso le farmacie ospedaliere, il che cambierebbe non poco sia per i loro orari di apertura sia per la diffusione sul territorio. Spero che questa seconda ipotesi non venga neanche presa in considerazione.

Impossibile dunque fare una previsione sulle tempistiche della rimborsabilità?
Sto ricevendo numerose email soprattutto di giovani che vorrebbero fare PrEP dopo aver letto la notizia della gratuità, ma non è cosa così immediata.

Sui social c’è chi forse ottimisticamente parla di poche settimane.
Il prontuario del 2023 è già stato fissato, poi certamente una regione può anche modificarlo in corso d’opera. Quello 2024 lo modificheranno verso ottobre. Insomma siamo nel campo delle ipotesi e la cosa vera è che ogni regione farà un po’ come può. Immagino che le più ricche si spicceranno, quelle più povere non so se e quando lo faranno. La cosa seccante è che il terzo settore non viene mai preso in considerazione: noi abbiamo un centro PrEP a Bologna, così come anche Check Point Milano ha uno sportello PrEP con centinaia di utenti, ma dubito che questi centri, laddove presenti, verranno coinvolti nell’operazione di erogazione del farmaco.

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È vero che ci sono zone d’Italia in cui chi si sottopone al protocollo PrEP deve pagare gli screening periodici delle infezioni sessualmente trasmesse?
Il test HIV no perché è gratuito per legge, ma ci sono disposizioni regionali tali per cui in alcune regioni i test non si pagano, così come non si paga la visita dall’infettivologo, in altre sì. Pensi che all’inizio avevo una decina di utenti che ogni 3 mesi venivano da Roma a Bologna perché da noi le visite sono gratuite, cosa che invece non accadeva da loro, quindi i 60 euro del farmaco potevano tranquillamente raddoppiare.

Non è una situazione che stona con lo scenario della gratuità del farmaco?
Questo dipende dalle regioni, non da AIFA. È il motivo per cui presumo indiranno una conferenza stato-regioni.

C’è il rischio che qualcuno possa ancora mettere i bastoni tra le ruote?
Sulla gratuità penso sia cosa fatta ormai, AIFA ha preso una decisione interpellando un po’ tutti: governo, Ministero della Salute, il CTS. Trovo fastidioso che arriviamo quasi ultimi, peggio di noi forse solo la Grecia, nel frattempo i contagi sono ripresi e molti, probabilmente, devono la propria infezione al fatto che in Italia la PrEP sia arrivata con un incredibile ritardo.


www.ilfattoquotidiano.it/2023/05/07/prep-gratuita-anche-in-italia-arriviamo-per-ultimi-e-ci-vorra-ancora-tempo-e-intanto-i-contagi-continuano/...
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“In Italia non si parla più di Hiv”. “Davanti a noi un muro di scetticismo”. Le voci di chi sta facendo la PrEP
“In Italia non si parla più di Hiv”. “Davanti a noi un muro di scetticismo”. Le voci di chi sta facendo la PrEP
di Gabriele Gelmini | 7 MAGGIO 2023
Solo 3600 persone in Italia usufruiscono della PrEP, la terapia di profilassi pre esposizione all’Hiv che consente di evitare il contagio in caso di contatto col virus. In attesa che, dopo il via libera del Comitato prezzi e rimborsi dell’Agenzia del farmaco, diventi gratuita anche in Italia, ilfattoquotidiano.it ha incontrato alcuni di loro e ne ha raccolto le testimonianze anonime, per capire come abbiano iniziato questo percorso e con quali difficoltà.

delusione per costi alti e scarsa adesione. E sulla carenza di visibilità sociale accusano: “È omofobia di Stato”

Ok dell’Agenzia del farmaco alla pillola anticoncezionale gratis. Sarà rimborsata anche quella per prevenire l’Hiv
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M.C., 37 anni, Napoli: “Di Hiv nessuno parla più” – “Ho deciso di sottopormi alla PrEP perché si tratta di un protocollo che prevede test periodici ogni tre mesi: più ci testiamo, più controllo e prevenzione ci sono e più siamo sicuri”. Purtroppo però “negli ospedali è il caos totale: gli orari di ambulatorio cambiano senza che nessuno venga avvisato, le prenotazioni non sono sempre disponibili e il Cup spesso non sa chi sia il dottore di riferimento”. Inoltre, la profilassi “costa molto, 60 euro per 30 pastiglie (in pochi possono permettersi di spendere soldi così), e molti non hanno capito le potenzialità offuscati dal pregiudizio. Solo alcune città sono all’avanguardia, non c’è organizzazione didattica, divulgativa, educativa: insomma di Hiv nessuno parla più”.

G.L., 29 anni, Bologna: “Questa è omofobia di Stato” – “Ho deciso di intraprendere la PrEP nel febbraio 2022, dopo aver avuto un rapporto protetto con un ragazzo che in un secondo momento, durante alcuni controlli medici, ha scoperto di essere sieropositivo. Mi sono rivolto al reparto di Infettivologia dell’ospedale Sant’Orsola e sono stato sottoposto a molti esami per scongiurare il contagio da Hiv e verificare la presenza di altre infezioni sessualmente trasmissibili. Sono risultato negativo in entrambi i cicli di esami per l’Hiv, ma positivo per la gonorrea, per la quale mi sono stato subito fornite le cure del caso”. Davanti alla scarsa visibilità sociale del problema però G.L. si accalora, parlando di “omofobia di Stato”: “Questa mancanza di discussione porta ad una scarsa informazione sull’argomento, per cui ci sono persone che non conoscono per nulla l’esistenza della PrEP e non possono ricorrervi”. Tra chi invece conosce l’esistenza della profilassi, “le ragioni per cui si decide di non aderire possono essere tre: il costo, nonostante alcune farmacie prevedano degli sconti; lo stigma di chi pensa che ricorre alla PrEP solo chi non fa uso di protezioni; l’ignoranza di chi associa la profilassi alla mancanza di controlli”.

F.L., 34 anni, Milano: “Sicuro che allora tanto vale non avere l’Hiv?” – F.L. si dice soddisfatto della strada intrapresa: “Il percorso prevede un intero iter volto a responsabilizzare l’individuo proponendo vaccinazioni (che spesso non sono obbligatorie né sovvenzionate, ma necessarie) a titolo gratuito. Si è affiancati da un infettivologo che segue tutta la tua storia e tramite i vari esami a cadenza regolare ti permette di avere sempre coscienza del tuo stato di salute (quindi sei costantemente testato contro sifilide, gonorrea, papilloma, eccetera)”.

Per quanto riguarda il costo della terapia afferma: “Sono sicuro che due euro al giorno per una pillola che garantisce l’immunità dall’Hiv saremmo tutti disposti a spenderli”; ma condivide le perplessità sulla scarsa visibilità: “Molte persone pensano che tutta questa informazione, spesso affidata solo alle associazioni Lgbtq+, sia una semplice ‘propaganda’ per sdoganare uno stile di vita sregolato”. Infatti “nell’ambiente gay, chi è in PrEP viene spesso scambiato per una persona che impegna tutto il suo tempo ad avere rapporti non protetti con chiunque capiti a tiro. A testimonianza di ciò, un mio caro amico mi ha confidato di aver fatto sesso non protetto con una persona conosciuta su un’app di incontri, ma di non essere affatto turbato perché ‘tanto io non frequento la gente che frequenti tu, sono persone che ispirano fiducia’. Ecco, spesso ci si affida a un bel viso per convincersi che andrà tutto bene, e magari la convinzione è reciproca, ma nessuno dei due si fa test in maniera regolare. Purtroppo questo è il muro di scetticismo contro chi usa la PrEP”.

Tra pregiudizi e costi elevati, in Italia la PrEP è ancora un tabù: “Strumento di prevenzione per l’Hiv, ma non è accessibile a tutti”
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M.V., 48 anni: “Se usi la PrEP sei una put*ana” – “Nel mondo eterosessuale fino a poco tempo fa nessuno conosceva l’esistenza della PrEP, mentre fra noi gay c’è il luogo comune che se la usi sei una put*ana. Quando incontri qualcuno e dici di essere in PrEP, la reazione il più delle volte è di schifo“. Di solito l’obiezione principale è che “fa male e poi le malattie sono tante. A quel punto io rispondo: ‘Escludi l’evento più grave’, mentre per le altre malattie esiste una cura. Inoltre io ogni tre mesi vengo testato, tu?”. E conclude: “In realtà il messaggio è preservati, difenditi e difendi, ma c’è ancora troppa ignoranza”.

S., 28 anni, Bologna: “Frega qualcosa allo Stato che i suoi cittadini siano anche animali sessuali? Per me no” – “Sono stato in PrEP solo per un anno, poi ho smesso semplicemente perché studiando a tempo pieno e non avendo un lavoro non me la sono più potuta permettere. Ma anche solo avere la consapevolezza della protezione data dalla PrEP mi faceva sentire tranquillo, mi toglieva i sensi di colpa e mi faceva godere appieno della sessualità, a cui troppo spesso si dà poca o nessuna importanza. Inoltre, proteggendo me, facevo rete di protezione per gli altri. Su Grindr (app per incontri tra uomini gay, ndr) c’è la possibilità di indicare che si è in PrEP, e ho subìto alzate di sopracciglia perché ‘eh ma ci sono le altre malattie!’. Eh beh, sì, grazie, ci sono, ma Hiv e gonorrea non sono allo stesso livello di impatto sulla vita, l’Hiv è per sempre“.

Spesso, infatti, capita che gli utenti delle app rifiutino di incontrare persone in PrEP perché “c’è l’idea che se la prendi hai rapporti in giro senza pensarci e sei sporco. Stronzate ideologiche e sessuofobe. Chi prende la PrEP è testato ogni tre mesi. Chi non la prende, chi lo sa?”. Ma la colpa non è solo dei singoli: “Chi dovrebbe fare informazione, sulla salute sessuale? Lo Stato. Chi dovrebbe garantire accesso alle cure? Lo Stato. Gliene frega qualcosa, allo Stato, che i suoi cittadini siano anche animali sessuali? Secondo me no”.

R.S., 43 anni: “Senza PrEP andrei incontro a un crollo psicotico devastante” – “Soffro da 20 anni di nevrosi concentrate sul timore di contrarre l’Hiv nei rapporti sessuali e da li si sono sviluppate in un ventaglio di fastidi, senza che mai superassi quello di partenza. Mi sono sempre protetto e ho sempre avuto grande impegno nella gestione dei miei disturbi. Ma nonostante le cure farmacologiche e non, e una vita invalidata, ho interrotto ogni contatto sessuale per circa 15 anni: è stato l’unico modo che ho trovato per non essere devastato dall’ansia. Poi è arrivata la PrEP. Per me una salvezza. Uno strumento che mi sta permettendo, anche se fatico lo stesso, di riprendermi una parte essenziale della vita che non ho mai vissuto: senza la PrEP io non potrei farlo se non pagando un crollo psicotico devastante che già ahimè conosco. Ora dopo il sesso spesso sto male lo stesso, ma posso dirmi ‘No, ferma il pensiero’, perché non può essere. E questo mi aiuta e fa una differenza che non riesco nemmeno a spiegare. Non la utilizzo per essere promiscuo, ma per muovermi in sicurezza e proteggere la mia mente”.

D’altra parte, però, R.S. parla di una grande difficoltà nell’accedere alle informazioni necessarie: “Non sono stato seguito per niente. Il poco che so l’ho chiesto anche con un certo imbarazzo, riscontrando chiusure e non aperture, specialmente nel mondo sanitario. Dove vengo seguito per la PrEP mi sento un paziente di serie B, una persona che è lì per quello che è e che fa, non perché gli serve. Questo fa stare male soprattutto chi, come me, ha una comorbosità di disagi. Questo malessere traspare quando la visita non è un incontro, ma una routine che non si vorrebbe nemmeno avere; quando alle mie domande ricevo risposte sbrigative; quando non si sfrutta l’occasione per parlare insieme delle criticità che il paziente porta in riferimento all’utilizzo e alla protezione che cerca; quando le vaccinazioni e quant’altro previsto dal protocollo diventano una mia richiesta e non una loro proposta”. E conclude: “Tutto ciò rende l’accesso alla PrEP pesante e gravoso. Se una persona è indecisa, con tutte queste difficoltà sceglierà di non fare nulla, o nemmeno verrà a sapere che esiste e/o come ci si accede”.

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D.C., 28 anni: “Qui in Germania il costo totale per il paziente è assolutamente irrisorio” – D.C. vive a Colonia (Germania) da 5 anni: “Qui è in corso una maxi sperimentazione per effetto della quale tutte le casse malattia (gli enti autonomi che compongono il sistema sanitario pubblico tedesco) sono obbligate per legge ad offrire questa prestazione. Bisogna rivolgersi a un centro autorizzato, di solito infettivologico o ematologico. I controlli preliminari e quelli da fare periodicamente (test Hiv ed epatite, tamponi orale, rettale e uretrale) sono completamente a carico del sistema. Sono anche obbligatori, nel senso che chi non si sottopone ai controlli non può ricevere la ricetta necessaria per comprare il farmaco. Ogni ricetta è infatti singola e a ogni appuntamento di controllo se ne riceve una nuova. Per il farmaco si paga un ticket di 10 euro per ogni confezione di 90 unità. In pratica, per chi la assume quotidianamente, il costo totale è assolutamente irrisorio. Anche eventuali analisi e trattamenti per le infezioni contratte sono gratuiti, e si possono effettuare sia presso il proprio centro di riferimento sia dal proprio medico di base (o anche presso altri medici)”.

D.C. racconta di aver aderito alla PrEP “per vivere con più serenità il sesso occasionale. In particolare, sono cresciuto letteralmente terrorizzato dallo spettro dell’Hiv e nel tempo mi sono accorto che davo a questo pensiero più spazio del dovuto, sia durante che dopo i rapporti sessuali, e soprattutto in attesa del risultato del test Hiv: quando l’esito arrivava in differita (giorni dopo il prelievo) non riuscivo a dormire la notte per il pensiero di essere positivo”. Ma grazie all’empatia dei “due medici di riferimento, entrambi omosessuali, che sono sempre stati professionali e cortesi”, ha avuto accesso a tutte le informazioni del caso, cosa non sempre possibile in Italia, dove lamenta “i costi e la scarsa disponibilità sul territorio (province, sud…) di centri che la offrono”. Oltre ai soliti pregiudizi.

www.ilfattoquotidiano.it/2023/05/07/in-italia-non-si-parla-piu-di-hiv-davanti-a-noi-un-muro-di-scetticismo-le-voci-di-chi-sta-facendo-la-prep/...
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Hiv, identificato un composto che può attivare e consentire l’eradicazione i serbatoi latenti del virus
Hiv, identificato un composto che può attivare e consentire l’eradicazione i serbatoi latenti del virus
di 30science per Il Fatto | 26 GIUGNO 2023
Un composto molecolare, che attiva il virus dell’immunodeficienza umana di tipo 1 (HIV-1) latente nelle cellule, si è rivelato un promettente trattamento per il virus dell’immunodeficienza umana (HIV). Lo dimostra lo studio condotto da un gruppo di ricerca multi-istituzionale, guidato da ricercatori della Tokyo Medical and Dental University (TMDU) e pubblicato sull’European Journal of Medicinal Chemistry. Lo studio fornisce un contributo significativo per il trattamento del virus dell’immunodeficienza umana di tipo 1 (HIV-1), il virus alla base della sindrome da immunodeficienza acquisita (Aids). Il virus dell’immunodeficienza umana (HIV) è difficile da eliminare. Sebbene la replicazione virale possa essere inibita dalla terapia antiretrovirale (ART), che di solito viene somministrata come combinazione di farmaci, questa non è in grado di curare completamente l’infezione da immunodeficienza umana di tipo 1 (HIV-1). Questa condizione si verifica perché il virus forma infezioni latenti nelle cellule, dove rimane presente ma inattivo e quindi non suscettibile alla terapia farmacologica. L’eradicazione del virus dell’immunodeficienza umana di tipo 1 (HIV-1) latente è l’ostacolo principale alla cura del virus dell’immunodeficienza umana (HIV). Ora, il gruppo di ricerca giapponese ha identificato un composto che può attivare e consentire l’eradicazione di questi serbatoi latenti contenenti il virus dell’immunodeficienza umana (HIV).

Gli agenti di inversione della latenza (LRA), farmaci che invertono il processo di latenza e provocano l’attivazione del virus dell’immunodeficienza umana (HIV), possono essere utilizzati in un approccio “shock and kill” per affrontare la malattia. Lo shock degli agenti di inversione della latenza (LRA) riattiva i serbatoi latenti del virus dell’immunodeficienza umana (HIV), che possono, quindi, essere uccisi dal sistema immunitario del paziente. Tuttavia, mentre l’uso degli agenti di inversione della latenza (LRA) ha mostrato in precedenza la riattivazione delle cellule latentemente infette, non è stata osservata alcuna riduzione della popolazione di serbatoi latenti del virus dell’immunodeficienza umana (HIV). In questo studio, gli autori si sono concentrati su YSE028, un derivato di una molecola chiamata DAG-lattone. Questo genere di molecole è già stato studiato come terapia per il cancro e la malattia di Alzheimer. L’YSE028 attiva una proteina, chiamata proteina chinasi C (PKC), che ha una comprovata attività di inversione della latenza e non mostra alcuna tossicità significativa per le cellule. “Un nostro precedente studio aveva dimostrato che YSE028 era in grado di provocare la riattivazione delle cellule latentemente infettate del virus dell’immunodeficienza umana (HIV) e di indurre successivamente la morte cellulare”, ha spiegato Takahiro Ishii, autore principale.

“Abbiamo, quindi, esplorato derivati chimici strutturalmente simili a YSE028 con un’attività di inversione della latenza ancora maggiore”, ha specificato Ishii. Gli scienziati hanno usato una linea cellulare, chiamata J-Lat 10.6, cellule infettate in modo latente dal virus dell’immunodeficienza umana di tipo 1 (HIV-1), poi modificate per esprimere una proteina a fluorescenza verde al momento della loro attivazione che ha permesso di individuare le cellule attive. Il gruppo di ricerca ha, inoltre, identificato le caratteristiche che influiscono sulle varie qualità della molecola, come l’affinità per il legame con la proteina chinasi C (PKC) e la resistenza alla degradazione da parte di alcuni enzimi che possono influenzare la stabilità dei composti. “I nostri dati saranno altamente utili per la progettazione di derivati del DAG-lattone per attivare la PKC, e potrebbero essere fondamentali per il trattamento del virus dell’immunodeficienza umana”, ha detto Hirokazu Tamamura, autore senior. L’uso di questi derivati del DAG-lattone appena identificati, in combinazione con farmaci anti-HIV e altri agenti di inversione della latenza (LRA), potrebbe avvicinarci a una cura completa per il virus dell’immunodeficienza umana di tipo 1 (HIV-1)”, ha concluso Tamamura.


www.ilfattoquotidiano.it/2023/06/26/hiv-identificato-un-composto-che-puo-attivare-e-consentire-leradicazione-i-serbatoi-latenti-del-virus/...
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