Mafia, perché i pentiti accusano Berlusconi

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angelico
00venerdì 27 novembre 2009 15:20
Ad una svolta l'indagine di Firenze sulle stragi del 1993. Il nome
del presidente del Consiglio nei verbali degli uomini della cosca di Brancaccio
Mafia, perché i pentiti
accusano Berlusconi
di ATTILIO BOLZONI e GIUSEPPE D'AVANZO

Mafia, perché i pentiti accusano Berlusconi

Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri
NELL'INCHIESTA sui mandanti delle stragi del 1993 estranei a Cosa Nostra entrano Autore 1 e Autore 2. Gli ultimi interrogatori della procura di Firenze hanno una particolarità. Tecnica, ma comprensibilissima. I primi testimoni sono stati ascoltati in un'inchiesta a "modello 44", "notizie di reato relative a ignoti". Gli ultimi, a "modello 21", dunque "a carico di noti". I pubblici ministeri, nei documenti, non svelano i nomi dei nuovi indagati. Chi sono Autore 1 e 2? Secondo le indiscrezioni pubblicate già nei giorni scorsi dai quotidiani vicini al governo, sono Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri, la cui posizione era stata già archiviata il 3 maggio del 2002. Se così fosse, l'atto è dovuto. Non è un mistero (un migliaio di pagine sono state depositate, tre giorni fa, al processo di appello a Dell'Utri che si celebra a Palermo) che un nuovo testimone dell'accusa - Gaspare Spatuzza - indica nel presidente del consiglio e nel suo braccio destro i suggeritori della campagna stragista di sedici anni fa. Queste sono le "nuove" dai palazzi di giustizia, ma quel che si scorge è molto altro. L'intero fronte mafioso è minacciosamente in movimento. "La Cosa Nostra siciliana" si prepara a chiedere il conto a un Berlusconi che appare, a ragione, in tensione e sicuro che il peggio debba ancora venire.

Accade che, nella convinzione di "essere stata venduta" dopo "le trattative" degli anni Novanta, la famiglia di Brancaccio ha deciso di aggredire - in pubblico e servendosi di un processo - chi "non ha mantenuto gli impegni". Ci sono anche i messaggi di morte. Al presidente del Senato, Renato Schifani, siciliano di Palermo. O, come raccontano le "voci di dentro" di Cosa Nostra, avvertimenti che sarebbero piovuti su Marcello Dell'Utri. Un'intimidazione che ha - pare - molto impaurito il senatore e patron di Publitalia. Sono sintomi che devono essere considerati oggi un corollario della resa dei conti tra Cosa Nostra e il capo del governo. È il modo più semplice per dirlo. Perché di questo si tratta, del rendiconto finale e traumatico tra chi (Berlusconi) ha avuto troppo e chi (Cosa Nostra) ritiene di avere nelle mani soltanto polvere dopo molte promesse e infinita pazienza. Questo scorcio di 2009 finisce così per avere molti punti di contatto con il 1993 quando la Penisola è stata insanguinata dalle stragi: Roma, via Fauro (14 maggio); Firenze, via Georgofili (27 maggio); Milano, via Palestro (27 luglio); Roma, S. Giorgio al Velabro e S. Giovanni in Laterano (28 luglio); Roma, stadio Olimpico (23 gennaio 1994), attentato per fortuna fallito. Nel nostro tempo, non c'è tritolo e devastazione, ma l'annuncio di una "verità" che può essere più distruttiva di una bomba. Per lo Stato, per chi governa il Paese.

Per capire quel che accade, bisogna sapere un paio di cose. La famiglia mafiosa dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano di Brancaccio a Palermo è il nocciolo irriducibile - con i Corleonesi di Riina e Bagarella, con i Trapanesi di Matteo Messina Denaro (latitante) - di una Cosa nostra siciliana che oggi ha il suo "stato maggiore" in carcere e in libertà soltanto mischini senza risorse, senza influenza, senza affari, incapace anche di concludere uno sbarco di cocaina perché priva del denaro per acquistare un gommone. La seconda cosa che occorre ricordare è che gli "uomini d'onore" non hanno mai ammesso di essere un'"associazione" (Giovanni Bontate che, in un'aula di tribunale, usò con leggerezza il noi fu fatto secco appena libero).

I mafiosi non hanno mai accettato di discutere i fatti loro, anche soltanto di prendere in considerazione l'ipotesi di lasciar entrare uno sguardo estraneo negli affari della casa, figurarsi poi se gli occhi erano di magistrato. Apprezzati questi due requisiti "storici", si può comprendere meglio l'originalità di quanto accade, ora in questo momento, dentro Cosa Nostra. Tra Cosa Nostra e lo Stato (i pubblici ministeri). Tra Cosa Nostra e gli uomini (Berlusconi, Dell'Utri) che - a diritto o a torto, è tutto da dimostrare - i mafiosi hanno considerato, dal 1992/1993 e per quindici anni, gli interlocutori di un progetto che, dopo le stragi, avrebbe rimesso le cose a posto: i piccioli, il denaro, al sicuro; i "carcerati" o fuori o dentro, ma in condizioni di tenere il filo del loro business; mediocri e distratte politiche della sicurezza; lavoro giudiziario indebolito per legge; ceto politico disponibile, come nel passato, al dialogo e al compromesso con gli interessi mafiosi.

Sono novità che preparano una stagione nuova, incubano conflitti dolorosi e pericolosi. La campana suona per Silvio Berlusconi perché, nelle tortuosità che sempre accompagnano le cose di mafia, è evidente che il 4 dicembre - quando Gaspare Spatuzza, mafioso di Brancaccio, testimonierà nel processo di appello contro Marcello Dell'Utri - avrà inizio la resa dei conti della famiglia dei fratelli Graviano contro il capo del governo che, in agosto, ha detto di voler "passare alla storia come il presidente del Consiglio che ha sconfitto la mafia".

È un fatto sorprendente che i mafiosi abbiano deciso di parlare con i pubblici ministeri di quattro procure (Firenze, Caltanissetta, Palermo, Milano). Vogliono contribuire "alla verità". Lo dice, con le opportune prudenze, anche Giuseppe Graviano, "muto" da quindici anni. Quattro uomini della famiglia offrono una collaborazione piena. Sono Gaspare Spatuzza, Pietro Romeo, Giuseppe Ciaramitaro, Salvatore Grigoli. Spiegano, ricordano. Chiariscono come nacque, e da chi, l'idea delle stragi che non "avevano il dna di Cosa Nostra" e che "si portarono dietro quei morti innocenti". Indicano l'"accordo politico" che le giustificò e le rese necessarie "per il bene della Cosa Nostra". I nomi di Berlusconi e Dell'Utri saltano fuori in questo snodo.

Gaspare Spatuzza, 18 giugno 2009, ricostruisce la vigilia dell'attentato all'Olimpico: "Giuseppe Graviano mi ha detto "che tutto si è chiuso bene, abbiamo ottenuto quello che cercavamo; le persone che hanno portato avanti la cosa non sono come quei quattro crasti dei socialisti che prima ci hanno chiesto i voti e poi ci hanno venduti. Si tratta di persone affidabili". A quel punto mi fa il nome di Berlusconi e mi conferma, a mia domanda, che si tratta di quello di Canale 5; poi mi dice che c'è anche un paesano nostro e mi fa il nome di Dell'Utri (...) Giuseppe Graviano mi dice [ancora] che comunque bisogna fare l'attentato all'Olimpico perché serve a dare il "colpo di grazia" e afferma: ormai "abbiamo il Paese nelle mani"".
Pietro Romeo, 30 settembre 2009: "... In quel momento stavamo parlando di armi e di altri argomenti seri. [Fu chiesto a Spatuzza] se il politico dietro le stragi fosse Andreotti o Berlusconi. Spatuzza rispose: Berlusconi. La motivazione stragista di Cosa Nostra era quella di far togliere il 41 bis. Non ho mai saputo quali motivazioni ci fossero nella parte politica. Noi eravamo [soltanto degli] esecutori".

Salvatore Grigoli, interrogatorio 5 novembre 2009: "Dalle informazioni datemi (...), le stragi erano fatte per costringere lo Stato a scendere a patti (...) Dell'Utri è il nome da me conosciuto (...), quale contatto politico dei Graviano (...) Quello di Dell'Utri, per me, in quel momento era un nome conosciuto ma neppure particolarmente importante. Quel che è certo è [che me ne parlarono] come [del nostro] contatto politico". E' una scena che trova conferme anche in parole già dette, nel tempo. I ricordi di Giuseppe Ciaramitaro li si può scovare in un verbale d'interrogatorio del 23 luglio 1996: "Mi [fu] detto che bisognava portare questo attacco allo Stato e che c'era un politico che indicava gli obiettivi, quando questo politico avrebbe vinto le elezioni, si sarebbe quindi interessato a far abolire il 41 bis (...). Quando Berlusconi [è] stato presidente del Consiglio per la prima volta, nell'organizzazione erano tutti contenti, perché si stava muovendo nel senso desiderato e [si disse] che la proroga del 41 bis era stata solo per 'fintà in modo da eliminarlo del tutto alla scadenza".

Ci sarà, certo, chi dirà che non c'è nulla di nuovo. "Pentiti di mafia" che confermano testimonianza di altri "pentiti di mafia" ci sono stati ieri, ci sono oggi. La differenza, in questo caso, è come questi uomini che hanno saltato il fosso sono trattati dagli altri, da chi - in apparenza - resta ben saldo nelle sue convinzioni di mafioso, nel suo giuramento d'omertà. Li rispettano, sorprendentemente. Non era mai capitato. Non li considerano degli "infami". Accettano il dialogo con loro. Anche i più ostinati come Cosimo Lo Nigro e Vittorio Tutino.

Cosimo Lo Nigro, il 10 settembre del 2009, è seduto di fronte a Gaspare Spatuzza. Spatuzza gli dice che "ha gioito - oggi me ne vergogno - , ma ho gioito per Capaci perché quello [Falcone] rappresentava un nemico per Cosa Nostra... ma il nostro malessere inizia nel momento in cui ci spingiamo oltre (...) su Firenze, Roma, Milano...". Lo Nigro lo ascolta, senza contraddirlo. Spatuzza ricostruisce come andarono le cose durante la preparazione della strage all'Olimpico. Lo Nigro lo lascia concludere e gli dice: "Rispetto le tue scelte, ma ancora ti chiedo: sei sicuro di ciò che dici e delle tue scelte?". Vittorio Tutino accetta di essere interrogato dai Pm di Caltanissetta. Non fa scena muta. Parla. Il suo verbale d'interrogatorio deve essere interessante perché viene secretato.

Già queste mosse annunciano la nuova stagione, ma la dirompente novità è nei cauti passi dei due boss di Brancaccio, i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano. Sono i più vicini a Salvatore Riina. Hanno guidato con mano ferma la loro "batteria" fino a progettare la strage - per fortuna evitata per un inghippo nell'innesco dell'esplosivo - di un centinaio di carabinieri all'Olimpico il 23 gennaio del 1994. Sono in galera da quindici anni. Hanno studiato (economia, matematica) in carcere. Dal carcere si sono curati dell'educazione dei loro figli affidati ai migliori collegi di Roma e di Palermo e ora sembrano stufi, stanchi di attendere quel che per troppo tempo hanno atteso. Spatuzza racconta che, alla fine del 2004, Filippo Graviano, 48 anni, sbottò: "Bisogna far sapere a mio fratello Giuseppe che se non arriva niente da dove deve arrivare, è bene che anche noi cominciamo a parlare con i magistrati". La frase è eloquente. C'è un accordo. Chi lo ha sottoscritto, non ha rispettato l'impegno. Per cavarsi dall'angolo, c'è un solo modo: dissociarsi, collaborare con la giustizia, svelare le responsabilità di chi - estraneo all'organizzazione - si è tirato indietro. Accusarlo può essere considerato "un'infamia"?

Filippo Graviano, il 20 agosto 2009, accetta il confronto con Gaspare Spatuzza. C'è una sola questione da discutere. Quella frase. Ha detto che "se non arriva niente da dove deve arrivare, è bene che anche noi cominciamo a parlare con i magistrati"? La smentita di Filippo Graviano è ambigua. In Sicilia dicono: a entri ed esci. Dice Filippo a Gaspare: "Io non ho mai parlato con ostilità nei tuoi riguardi. I discorsi che facevamo erano per migliorare noi stessi. Già noi avevamo allora un atteggiamento diverso, già volevamo agire nella legalità. Noi parlavamo di un nostro futuro in un'altra parte d'Italia". La premessa è utile al boss per negare ma con garbo: "Mi dispiace contraddire Spatuzza, ma devo dire che non mi aspetto niente adesso e nemmeno nel passato, nel 2004. Mi sembra molto remoto che possa avere detto una frase simile perché, come ho detto, non mi aspetto niente da nessuno. Avrei cercato un magistrato in tutti questi anni, se qualcuno non avesse onorato un presunto impegno".

Filippo non ha timore di pronunciare per un boss parole tradizionalmente vietate, "legalità", "cercare magistrati". Si spinge anche a pronunciarne una, indicibile: "dissociazione". Dice, il 28 luglio 2009: "Da parte mia è una dissociazione verso le scelte del passato (...). Oggi sono una persona diversa. Faccio un esempio. Nel mio passato, al primo posto, c'era il denaro. Oggi c'è la cultura, la conoscenza. (...) Io non rifarei le scelte che ho fatto".

Anche Giuseppe Graviano, 46 anni, il più duro, il più autorevole (i suoi lo chiamano "Madre natura" o "Mio padre"), incontra i magistrati, il 28 luglio 2008. E' la prima volta che risponde a una domanda dal tempo del suo arresto, il 27 gennaio 1993. Dice: "Io sono disposto a fare i confronti, con coloro che indico io e che ritengo sappiano la verità. Sono disposto a un confronto con Spatuzza ma cosa volete che sappia Spatuzza che non sa niente, faceva l'imbianchino, sarà ricattato da qualcuno". Sembra che alzi un muro e che il muro sia insuperabile, ma non è così. Quando gli tocca parlare delle stragi del 1993, ragiona: "Perché non mi avete fatto fare il confronto con i pentiti in aula, quando l'ho chiesto? Così una versione io, una versione loro e poi c'è il magistrato [che giudica]: voi ascoltavate e potevate decidere chi stava dicendo la verità. La verità, [soltanto] la verità di come sono andati i fatti.. . io vi volevo portare alla verità. E speriamo che esca la verità veramente. Ve ne accorgerete del danno che avete fatto. Se noi dobbiamo scoprire [la verità], io posso dare una mano d'aiuto. Io dico che uscirà fuori la verità delle cose. Trovate i veri colpevoli, i veri colpevoli. Si parla sempre di colletti bianchi, colletti grigi, colletti e sono sempre innocenti [questi, mentre] i poveri disgraziati...".

Gli chiedono i magistrati: "Lei sa che ci sono colletti bianchi implicati in queste storie?". Risponde: "Io non lo so. Poi stiamo a vedere se... qualcuno ha il desiderio di dirlo che lo sa benissimo... Ma io non posso dire la mia verità così. Perché non serve a niente. Invece, ve la faccio dire, io, [da] chi sa la verità".

Ora bisogna mettere in ordine quel che si intuisce nelle mosse di Cosa Nostra. I "pentiti" non sono maledetti da chi, in teoria, stanno tradendo. Al contrario, ricevono attestati di solidarietà, segnali di rispetto, addirittura cenni di condivisione per una scelta che alcuni non hanno ancora la forza di decidere. E' più che un'impressione: è come se chi offre piena collaborazione alla magistratura (Spatuzza, Romeo, Grigoli) abbia l'approvazione di chi governa la famiglia (Giuseppe e Filippo Graviano) e ancora oggi può essere considerato al vertice di un'organizzazione che, in carcere, custodisce l'intera memoria della sua storia, delle sue connessioni, degli intrecci indicibili e finora non detti, degli interessi segreti e protetti. In una formula, il peso di un ricatto che viene offerto con le parole e i ricordi delle "seconde file" in attesa che le "prime" possano valutare quel che accade, chi e come si muove.

Ecco perché ha paura Berlusconi. Quegli uomini della mafia non conoscono soltanto "la verità" delle stragi (che sarà molto arduo rappresentare in un racconto processuale ben motivato), ma soprattutto le origini oscure della sua avventura imprenditoriale, già emerse e documentate dal processo di primo grado contro Marcello Dell'Utri (condannato a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa). Di denaro, di piccioli minacciano allora di parlare i Graviano e gli uomini della famiglia di Brancaccio. Dice Spatuzza: "I Graviano sono ricchissimi e il loro patrimonio non è stato intaccato di un centesimo. Hanno investito al Nord e in Sardegna e solo così mi spiego perché durante la latitanza sono stati a Milano e non a Brancaccio. È anomalo, anomalissimo". Se a Milano - dice il testimone - Filippo e Giuseppe si sentivano più protetti che nella loro borgata di Palermo vuol dire che chi li proteggeva a Milano era più potente e affidabile della famiglia.

© Riproduzione riservata (27 novembre 2009) Tutti gli articoli di cronaca


www.repubblica.it/2009/10/sezioni/cronaca/mafia-10/resa-conti/resa-co...
angelico
00domenica 29 novembre 2009 11:29
L'INCHIESTA - Il peso del ricatto al premier della famiglia di Brancaccio
sembra legato all'inizio della sua storia di imprenditore
Sono i soldi degli inizi del Cavaliere
l'asso nella manica dei fratelli Graviano
Più che un eventuale avviso di garanzia per le stragi del '93, il premier dovrebbe
temere il coinvolgimento da parte delle cosche sulle storie di denaro affari e politica
di ATTILIO BOLZONI e GIUSEPPE D'AVANZO

Sono i soldi degli inizi del Cavaliere l'asso nella manica dei fratelli Graviano

Giuseppe Graviano
Soldi. Soldi "loro" che non sono rimasti in Sicilia, ma "portati su", lontano da Palermo. "Filippo Graviano mi parlava come se fosse un suo investimento, come se la Fininvest fossero soldi messi da tasca sua". Per Gaspare Spatuzza, da qualche parte, la famiglia di Brancaccio ha "un asso nella manica". Quale può essere questo "jolly" non è più un mistero. Per i mafiosi, che riferiscono quel che sanno ai procuratori di Firenze, è una realtà il ricatto per Berlusconi che Cosa Nostra nasconde sotto la controversa storia delle stragi del 1993. Nell'interrogatorio del 16 marzo 2009, Spatuzza non parla più di morte, di bombe, di assassini, ma del denaro dei Graviano. E ha pochi dubbi che Giuseppe Graviano (che chiama "Madre Natura" o "Mio padre") "si giocherà l'asso" contro chi a Milano è stato il mediatore degli affari di famiglia, Marcello Dell'Utri, e l'utilizzatore di quelle risorse, Silvio Berlusconi.

Il mafioso ricostruisce la storia imprenditoriale della cosca di Brancaccio, con i Corleonesi di Riina e Bagarella e i Trapanesi di Matteo Messina Denaro, il nocciolo duro e irriducibile di Cosa nostra siciliana.
È il 16 marzo 2009, il mafioso di Brancaccio racconta ai pubblici ministeri del "tesoro" dei Graviano. "Cento lire non gliele hanno levate a tutt'oggi. Non gli hanno sequestrato niente e sono ricchissimi".

"Non si fidano di nessuno, hanno costruito in questi vent'anni un patrimonio immenso". Per Gaspare Spatuzza, due più due fa sempre quattro. Dopo il 1989 e fino al 27 gennaio 1994 (li arrestano ai tavoli di "Gigi il cacciatore" di via Procaccini), Filippo e Giuseppe decidono di starsene latitanti a Milano e non a Palermo. Hanno le loro buone ragioni. A Milano possono contare su protezioni eccellenti e insospettabili che li garantiscono meglio delle strade strette di Brancaccio dove non passa inosservato nemmeno uno spillo. E dunque perché? "E' anomalissimo", dice il mafioso, ma la chiave è nel denaro. A Milano non ci sono uomini della famiglia, ma non importa perché ci sono i loro soldi e gli uomini che li custodiscono. I loro nomi forse non sono un mistero. Di più, Gaspare Spatuzza li suggerisce. Interrogatorio del 16 giugno: "Filippo ha nutrito sempre simpatia nei riguardi di Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri, (...) Filippo è tutto patito dell'abilità manageriale di Berlusconi. Potrei riempire pagine e pagine di verbale [per raccontare] della simpatia e del... possiamo dire ... dell'amore che lo lega a Berlusconi e Dell'Utri".

"L'asso nella manica" di Giuseppe Graviano, "il jolly" evocato dal mafioso come una minaccia - sostengono fonti vicine all'inchiesta - non è nella fitta rete di contatti, reciproche e ancora misteriose influenze che hanno preceduto le cinque stragi del 1993 - lo conferma anche Spatuzza - , ma nelle connessioni di affari che, "negli ultimi vent'anni", la famiglia di Brancaccio ha coltivato a Milano. E' la rassicurante condizione che rende arrogante anche Filippo, solitamente equilibrato. Dice Gaspare: "[Filippo mi disse]: facceli fare i processi a loro, perché un giorno glieli faremo noi, i processi".

Nella lettura delle migliaia di pagine di interrogatorio, ora agli atti del processo di appello di Marcello Dell'Utri, pare necessario allora non farsi imprigionare da quel doloroso 1993, ma tenere lo sguardo più lungo verso il passato perché le stragi di quell'anno sono soltanto la fine (provvisoria e sfuggente) di una storia, mentre i mafiosi che hanno saltato il fosso - e i boss che hanno autorizzato la manovra - parlano di un inizio e su quell'epifania sembrano fare affidamento per la resa dei conti con il capo del governo.

Le cose stanno così. Berlusconi non deve temere il suo coinvolgimento - come mandante - nelle stragi non esclusivamente mafiose del 1993. Può mettere fin da ora nel conto che sarà indagato, se già non lo è a Firenze. Molti saranno gli strepiti quando la notizia diventerà ufficiale, ma va ricordato che l'iscrizione al registro degli indagati mette in chiaro la situazione, tutela i diritti della difesa, garantisce all'indagato tempi certi dell'istruttoria (limitati nel tempo). Quando l'incolpazione diventerà pubblica, l'immagine internazionale del premier ne subirà un danno, è vero, ma il Cavaliere ha dimostrato di saper reggere anche alle pressioni più moleste. E comunque quel che deve intimorire e intimorisce oggi il premier non è la personale credibilità presso le cancellerie dell'Occidente, ma fin dove si può spingere e si spingerà l'aggressione della famiglia mafiosa di Brancaccio, determinata a regolare i conti con l'uomo - l'imprenditore, il politico - da cui si è sentita "venduta" e tradita, dopo "le trattative" del 1993 (nascita di Forza Italia), gli impegni del 1994 (primo governo Berlusconi), le attese del 2001 (il Cavaliere torna a Palazzo Chigi dopo la sconfitta del '96), le più recenti parole del premier: "Voglio passare alla storia come il presidente del consiglio che ha distrutto la mafia" (agosto 2009).

Filippo Graviano

Mandate in avanscoperta, non contraddette o isolate dai boss, le "seconde file" della cosca - manovali del delitto e della strage al tritolo - hanno finora tirato dentro il Cavaliere e Marcello Dell'Utri come ispiratori della campagna di bombe, inedita per una mafia che in Continente non ha mai messo piede - nel passato - per uccidere innocenti. Fonti vicine alle inchieste (quattro, Firenze, Caltanissetta, Palermo, Milano) non nascondono però che raccogliere le fonti di prove necessarie per un processo sarà un'impresa ardua dall'esito oggi dubbio e soltanto ipotetico. Non bastano i ricordi di mafiosi che "disertano". Non sono sufficienti le parole che si sono detti tra loro, dentro l'organizzazione. Non possono essere definitive le prudenti parole di dissociazione di Filippo Graviano o il trasversale messaggio di Giuseppe che promette ai magistrati "una mano d'aiuto per trovare la verità". Occorrono, come li definisce la Cassazione, "riscontri intrinseci ed estrinseci", corrispondenze delle parole con fatti accertabili. Detto con chiarezza, sarà molto difficile portare in un'aula di tribunale l'impronta digitale di Silvio Berlusconi nelle stragi del 1993.

Questo affondo della famiglia di Brancaccio sembra - vagliato allo stato delle cose di oggi - soltanto un avvertimento che Cosa Nostra vuole dare alla letale quiete che sta distruggendo il potere dell'organizzazione e, soprattutto, uno scrollone a uno stallo senza futuro, che l'allontana dal recupero di risorse essenziali per ritrovare l'appannato prestigio.

Marcello Dell'Utri

Il denaro, i piccioli, in queste storie di mafia, sono sempre curiosamente trascurati anche se i mafiosi, al di là della retorica dell'onore e della famiglia, altro non hanno in testa. I Graviano, dice Gaspare Spatuzza, non sono un'eccezione. Nel loro caso, addirittura sono più lungimiranti. Nei primi anni novanta, Filippo e Giuseppe preparano l'addio alla Sicilia, "la dismissione del loro patrimonio" nell'isola. Spatuzza (16 giugno 2009): "Nel 1991, vendono, svendono il patrimonio. Cercano i soldi, [vogliono] liquidità e io non so come sono stati impiegati [poi] questi capitali, e per quali acquisizioni. Certo, non sono restati in Sicilia". I Graviano, a Gaspare, non appaiono più interessati "alle attività illecite". "Quando Filippo esce [dal carcere] nell'88 o nel 1989, esce con questa mania, questa grandezza imprenditoriale. I Graviano hanno già, per esempio, le tre Standa di Palermo affidate a un prestanome, in corso Calatafimi a Porta Nuova, in via Duca Della Verdura, in via Hazon a Brancaccio". Filippo - sempre lui - si sforza di far capire anche a uno come Spatuzza, imbianchino, le opportunità e anche i rischi di un impegno nella finanza. Le sue parole svelano che ha già a disposizione uomini, canali, punti di riferimento, competenze. "[Filippo] mi parla di Borsa, di Tizio, di Caio, di investimenti, di titoli. (...). Mi dice: [vedi Gaspare], io so quanto posso guadagnare nel settore dell'edilizia, ma se investo [i miei soldi] in Borsa, nel mercato finanziario, posso perdere e guadagnare, non c'è certezza. Addirittura si dice che a volte, se si benda una scimmia e le si fa toccare un tasto, può riuscire meglio di un esperto. Filippo è attentissimo nel seguire gli scambi, legge ogni giorno il Sole 24ore. Tiene in considerazione la questione Fininvest, d'occhio [il volume degli] investimenti pubblicitari. Mi dice [meraviglie] di una trasmissione come Striscia la notizia. Minimo investimento, massima raccolta [di spot], introiti da paura. "Il programma più redditizio della Fininvest", dice. Abbiamo parlato anche di Telecom, Fiat, Piaggio, Colaninno, Tronchetti Provera, ma la Fininvest era, posso dire, un terreno di sua pertinenza, come [se fosse] un [suo] investimento, come se fossero soldi messi da tasca sua, la Fininvest".

E' l'interrogatorio del 29 giugno 2009. Gaspare conclude: "Le [mie] dichiarazioni non possono bruciare l'asso [conservato nella manica] di Giuseppe" perché "il jolly" non ha nulla a che spartire con la Sicilia, con le stragi, con quell'orizzonte mafioso che è il solo paesaggio sotto gli occhi di Spatuzza. Un mese dopo (28 luglio 2009), i pubblici ministeri chiedono a Filippo in modo tranchant dove siano le sue ricchezze. Quello risponde: "Non ne parlo e mi dispiace non poterne parlare".

Ora, per raccapezzarci meglio in questo labirinto, si deve ricordare che i legami tra Marcello Dell'Utri e i paesani di Palermo non sono una novità. Come non sono sconosciuti gli incontri - nella metà degli anni settanta - tra Silvio Berlusconi e la créme de la créme di Cosa Nostra (Stefano Bontate, Mimmo Teresi, Tanino Cinà, Francesco Di Carlo). Né sono inedite le rivelazioni sulla latitanza di Gaetano e Antonino Grado nella tenuta di Villa San Martino ad Arcore, protetta dalla presenza di Vittorio Mangano, capo del mandamento di Porta Nuova (il mafioso, "che poteva chiedere qualsiasi cosa a Dell'Utri", siede alla tavola di Berlusconi anche nelle cene ufficiali, altro che "stalliere"). Nella scena che prepara la confessione di Gaspare Spatuzza, quel che è originale è l'esistenza di "un asso" che, giocato da Giuseppe Graviano, potrebbe compromettere il racconto mitologico dell'avventura imprenditoriale del presidente del consiglio.

Con quali capitali, Berlusconi abbia preso il volo, a metà degli settanta, ancora oggi è mistero glorioso e ben protetto. Molto si è ragionato sulle fidejussioni concessegli da una boutique del credito come la Banca Rasini; sul flusso di denaro che gli consente di tenere a battesimo Edilnord e i primi ambiziosi progetti immobiliari. Probabilmente capitali sottratti al fisco, espatriati, rientrati in condizioni più favorevoli, questo era il mestiere del conte Carlo Rasini. Ma è ancora nell'aria la convinzione che non tutta la Fininvest sia sotto il controllo del capo del governo.

Molte testimonianze di "personaggi o consulenti che hanno lavorato come interni al gruppo", rilasciate a Paolo Madron (autore, nel 1994, di una documentata biografia molto friendly, Le gesta del Cavaliere, Sperling&Kupfer), riferiscono che "sono [di Berlusconi] non meno dell'80 per cento delle azioni delle [22] holding [che controllano Fininvest]. Sull'altro 20 per cento, per la gioia di chi cerca, ci si può ancora sbizzarrire". Sembra di poter dire che il peso del ricatto della famiglia di Brancaccio contro Berlusconi può esercitarsi proprio tra le nebbie di quel venti per cento. In un contesto che tutti dovrebbe indurre all'inquietudine. Cosa Nostra minaccia in un regolamento di conti il presidente del consiglio. Ne conosce qualche segreto. Ha con lui delle cointeressenze antiche e inconfessabili. Le agita per condizionarne le scelte, ottenerne utili legislativi, regole carcerarie più favorevoli, minore pressione poliziesca e soprattutto la disponibilità di ricchezze che (lascia intuire) le sono state trafugate. In questo conflitto - da un lato, una banda di assassini; dall'altro un capo di governo liberamente eletto dal popolo, nonostante le sue opacità - non c'è dubbio con chi bisogna stare. E tuttavia, per sottrarsi a quel ricatto rovinoso, anche Berlusconi è chiamato a fare finalmente luce sull'inizio della sua storia d'imprenditore.

Il Cavaliere dice che si è fatto da sé correndo in salita senza capitali alle spalle. Sostiene di essere il proprietario unico delle holding che controllano Mediaset (ma quante sono, una buona volta, ventidue o trentotto?). E allora l'altro venti per cento di Mediaset di chi è? Davvero, come raccontano ora gli uomini di Brancaccio, è della mafia? È stata la Cosa Nostra siciliana allora a finanziarlo nei suoi primi, incerti passi di imprenditore? Già glielo avrebbero voluto chiedere i pubblici ministeri di Palermo che pure qualche indizio in mano ce l'avevano.

Quel dubbio non può essere trascurabile per un uomo orgoglioso di avercela fatta senza un gran nome, senza ricchezze familiari, un outsider nell'Italia ingessata delle consorterie e prepotente delle lobbies.

Berlusconi, in occasione del processo di primo grado contro Marcello Dell'Utri, avrebbe potuto liberarsi di quel sospetto con poche parole. Avrebbe potuto dire il suo segreto; raccontare le fatiche che ha affrontato; ricordare le curve che ha dovuto superare, anche le minacce che gli sono piovute sul capo. Poche parole con lingua secca e chiara. E lui, invece, niente. Non dice niente. L'uomo che parla ossessivamente di se stesso, compulsivamente delle sue imprese, tace e dimentica di dirci l'essenziale. Quando i giudici lo interrogano a Palazzo Chigi (è il 26 novembre 2002, guida il governo), "si avvale della facoltà di non rispondere". Glielo consente la legge (è stato indagato in quell'inchiesta), ma quale legge non scritta lo obbliga a tollerare sulle spalle quell'ombra così sgradevole e anche dolorosa, un'ombra che ipoteca irrimediabilmente la sua rispettabilità nel mondo - nel mondo perché noi, in Italia, siamo più distratti? Qual è il rospo che deve sputare? Che c'è di peggio di essere accusato di aver tenuto il filo - o, peggio, di essere stato finanziariamente sostenuto - da un potere criminale che in Sicilia ha fatto più morti che la guerra civile nell'Irlanda del Nord? Che c'è di peggio dell'accusa di essere un paramafioso, il riciclatore di denaro che puzza di paura e di morte? Un'evasione fiscale? Un trucco di bilancio? Chi può mai crederlo nell'Italia che ammira le canaglie. Per quella ragione, gli italiani lo avrebbero apprezzato di più, non di meno. Avrebbero detto: ma guarda quel bauscia, è furbissimo, ha truccato i conti, gabbato lo Stato e vedi un po' dove è arrivato e con quale ricchezza!

D'altronde anche per questo scellerato fascino, gli italiani lo votano e gli regalano la loro fiducia. E dunque che c'è di indicibile nei finanziamenti oscuri, senza padre e domicilio, che gli consentono di affatturarsi i primi affari?

E' giunto il tempo, per Berlusconi, di fare i conti con il suo passato. Non in un'aula di giustizia, ma en plein air dinanzi all'opinione pubblica. Prima che sia Cosa Nostra a intrappolarlo e, con lui, il legittimo governo del Paese.

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angelico
00domenica 29 novembre 2009 17:44


POLITICA

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I fatti oscuri
e il dovere di governare
di EUGENIO SCALFARI

TRA LE tante afflizioni che la "fin du règne" berlusconiana ha procurato al Paese c'è stato anche un crescente scontro tra le nostre massime istituzioni e soprattutto tra il presidente del Consiglio da un lato e il presidente della Repubblica, la Corte costituzionale e la magistratura dall'altro. Nel momento più aspro del confronto anche il cosiddetto triangolo che raccorda il Quirinale con i presidenti delle due Camere ha dimostrato segni di scissura, con Gianfranco Fini solidamente schierato con il Capo dello Stato e Renato Schifani più sensibile ai "lai" del capo dell'Esecutivo.

Dobbiamo all'estrema prudenza di Giorgio Napolitano se queste tensioni si sono parzialmente attenuate, ma lo dobbiamo anche al vasto capitale di credibilità e di fiducia che il Quirinale raccoglie nella pubblica opinione, scoraggiando chiunque volesse impegnare un duello all'ultimo sangue con la nostra massima autorità di garanzia. Sarebbe un duello dall'esito assai prevedibile: gli italiani infatti hanno sempre avuto bisogno di esser rassicurati sulla propria qualità di "brava gente".

Questo riconoscimento sta loro a cuore più di qualunque altro; sta a cuore agli adulti come ai giovani, alle donne come agli uomini, agli abitanti delle province settentrionali e a quelli del Mezzogiorno. Si possono avere opinioni diverse su questa particolare fragilità dell'anima italiana, ma non sul fatto che esista. Con la conseguenza che, in un ipotetico duello tra il Quirinale e l'inquilino di Palazzo Chigi, la palma della vittoria andrebbe al primo e non al secondo.

Per Berlusconi metà degli italiani nutrono sentimenti di amorosa esaltazione; per Napolitano più del 70 per cento sente profondo rispetto e stima. A lui affiderebbero in custodia i figli e gli averi, all'altro no.
Del resto sentimenti analoghi e analoghe proporzioni del consenso gli italiani li hanno avuti per Carlo Azeglio Ciampi e per Sandro Pertini, per non citare che i più popolari e i più stimati. Questa è stata una fortuna non indifferente per il nostro Paese in una lunga e agitata fase di transizione che ha avuto luogo in tutta Europa e che, dopo oltre trent'anni, non è ancora finita.

Il duello dunque è scongiurato, almeno per ora. Ma ci si deve domandare perché Berlusconi non fa che riattivarlo al suo massimo quando tira in ballo i suoi personali interessi e quando è il primo a sapere che non avrà la forza di andare fino in fondo. Perché questa così invincibile coazione a ripetere? Non è un errore risollevare un tema che poi finirà assolutamente nel nulla?

***

Il presidente Napolitano l'altro ieri è stato lapidario: commentando i giudizi del capo del governo sui magistrati di Firenze che lui accusa di incitamento alla guerra civile, ha osservato che un governo cade soltanto nel momento in cui il Parlamento gli nega la fiducia; altre cause non sono previste. Fin quando la maggioranza che sostiene il governo continua ad appoggiarlo non ci può essere crisi. Se ci fosse, spetterebbe al Capo dello Stato di arbitrarne i passaggi.

Non si poteva interpretare più chiaramente la situazione e bloccare le fughe in avanti di Berlusconi da un lato e dei i suoi più queruli detrattori (che fanno senza accorgersene il suo gioco) dall'altro. Naturalmente sia l'uno che gli altri si sono riconosciuti nelle parole di Napolitano, piegandole ognuno ai suoi intendimenti e alle sue convenienze. È un curioso destino quello del Quirinale: tutti gli danno ragione pur continuando ciascuno a proseguire nel gioco al massacro sul quale campano.

Questo è vero per tutti, ma in modo particolare per il capo del governo. Berlusconi non può accettare che la discussione politica si sposti dai suoi personali interessi a quelli del Paese. Se l'interesse generale avesse un peso adeguato, sarebbe assai facile concentrarsi su di esso: basterebbe che il capo del governo avesse preso atto della sentenza della Corte sulla legge Alfano, che affrontasse i processi concordando con il Tribunale l'iter delle udienze e ne attendesse l'esito con sereno rispetto. Tre gradi di giudizio non sono pochi. Nel frattempo governasse.

Ma è proprio questo che lo spaventa: governare, con questi chiari di luna. Decidere chi paga il disastro economico tuttora in corso, quale sarà la strategia di uscita dalla crisi, come dovrà cambiare l'industria, le esportazioni, gli investimenti, la divisione internazionale del lavoro. Ed anche come cambieranno il Welfare, la scuola, la ricerca, la giustizia, la pubblica amministrazione.

È passato un anno e mezzo e ancora il governo si tiene a galla con i rifiuti smaltiti a Napoli e le casette consegnate all'Aquila, mentre i disoccupati aumentano in modo esponenziale ed ad ogni pioggia mezzo Paese resta col fiato sospeso per sapere questa volta a chi toccherà.

***

Intanto sono diventate di pubblico dominio le dichiarazioni di alcuni pentiti di mafia ai giudici che indagano in secondo grado di giurisdizione sul senatore Dell'Utri, co-fondatore di Forza Italia. I colleghi D'Avanzo e Bolzoni ne hanno ampiamente scritto con la compiutezza che il caso richiede. Farò a mia volta alcune osservazione nel merito.

Nei mesi scorsi si è a lungo parlato dei vizi privati del premier, diventati pubblici per sua scelta nel momento in cui negò l'esistenza di fatti documentati. Poi se ne continuò a parlare perché i suoi insostenibili dinieghi lo avevano messo in una situazione di ricattabilità assai difficile per chi occupa un'altissima posizione istituzionale.

Ora si profila un tema ancora più delicato: riguarda l'atteggiamento del presidente Berlusconi nei confronti dell'organizzazione mafiosa "Cosa Nostra". Che cosa dicono le carte fin qui disponibili di quel dossier? Oppure, chi fa il mestiere del giornalista, deve liquidare il problema giudicandolo un pettegolezzo senza interesse?

La risposta è evidente: la mafia, la camorra, la 'ndrangheta sono strutture criminali che hanno raggiunto in Italia dimensioni esorbitanti. Seminano il terrore in tutto il Mezzogiorno e altrove, partecipano a cartelli internazionali sulla produzione e distribuzione di droga, controllano decine di migliaia di "soldati", controllano anche istituzioni finanziarie, riciclano migliaia di milioni di euro e di dollari, svolgono in nero enormi transazioni. Si può far finta di non vedere? Non si deve accertare se eventuali contatti tra politica e criminalità siano esistiti ed esistano, oppure se si tratti di calunnie che meritano esemplari punizioni?

Dunque è lecito occuparsene. Anzi è doveroso. Giulio Andreotti ebbe alcuni contatti con le strutture criminali di allora. Li ebbe da politico che doveva fronteggiare una situazione di estrema gravità. Parlarono alcuni pentiti. La magistratura inquirente trovò riscontri. Si aprirono i processi. Nel frattempo il quadro era cambiato e gli interlocutori anche. Molti protagonisti caddero sul campo in quella guerra, alcuni pagando col sangue il loro coraggio, altri pagando col sangue la loro doppiezza.

Andreotti seguì tutte le udienze dei processi. Aveva un libretto sul quale scriveva i suoi appunti man mano che il dibattimento si svolgeva. Arrivava in aula per primo e usciva per ultimo dopo aver salutato il presidente e il pubblico ministero. Fu condannato con gravissime motivazioni. Poi, nei successivi gradi di giurisdizione, le sentenze furono riviste e ritoccate. Infine nell'ultimo passaggio fu assolto, in parte con formula piena e in parte con formula dubitativa. Il vero problema di Andreotti era di natura politica, non giudiziaria. Il giudizio politico restò diviso e tale resterà anche per gli storici che verranno. Quello giudiziario fa ormai parte delle materie giudicate. Ma resta che quell'uomo non fuggì dai processi e questo è un riconoscimento positivo che si è guadagnato.

Sapremo tra pochi giorni, alla ripresa del processo Dell'Utri di secondo grado, se le dichiarazioni dei pentiti indurranno i magistrati ad occuparsi anche del presidente del Consiglio oppure no. I pentiti di mafia parlano quasi sempre un gergo allusivo di non facile interpretazione, che può diventare più chiaro solo in dibattimento. Dare giudizi sul materiale disponibile è quindi azzardato. Ma ci sono aspetti che emergono con chiarezza.

1. I pentiti, nel caso specifico, sono personaggi di discreto livello ma non di primissimo piano. Del resto è sempre stato così salvo forse nel caso Buscetta.

2. I pentiti sono sempre stati messi al bando dai loro capi e da tutta la Cupola mafiosa. Definiti infami. Sottoposti ad intimidazioni continue e terribili. Infine, magari a distanza di molti anni, sono stati raggiunti e puniti con la morte. Nel caso attuale si sta invece verificando qualche cosa di estremamente anomalo: i capi mafiosi tirati in ballo dai pentiti non li hanno né sconfessati né intimiditi. Al contrario. Il loro pentimento è dunque condiviso? Oppure operano come esecutori di un disegno organizzato con i loro stessi capi?

3. Il piano, secondo le dichiarazioni dei pentiti, avrebbe come finalità effettiva quella di "riscuotere" dalla Fininvest il capitale e gli interessi, debitamente rivalutati, che sarebbero stati anticipati a quella società come fondi riciclati. I prestatori sarebbero appunto i fratelli Graviano della mafia del rione Brancaccio di Palermo.

4. È noto che la Fininvest fu fondata da alcune società Fiduciarie delle quali risultavano fondatori alcuni improbabili prestanome. Col passare degli anni alcune di tali Fiduciarie furono disvelate, risultando intestate a Berlusconi e ai suoi familiari. Ma le posizioni dettagliate non sono ancora completamente chiare.

5. Occorre tenere presente che Fininvest è il socio di controllo di Mediaset, di Mondadori, e di una serie assai ampia di società il cui valore ammonta attualmente a molte decine di miliardi di euro nonostante la caduta nelle capitalizzazioni dovuta alla crisi mondiale.

6. Si discute e si mette in dubbio da parte dei difensori di Berlusconi la validità di un reato come quello di concorso esterno in associazione mafiosa, non contemplato dal codice penale ma ormai da gran tempo legittimato da una serie costante e conforme di pronunce giurisprudenziali della Cassazione. Il reato di associazione esterna rappresenta (e chiunque ha un minimo di familiarità con questi problemi lo sa) il punto centrale di penetrazione della mafia nella società civile. L'estrema pericolosità dell'intera struttura mafiosa è dovuta al fatto che attraverso una zona grigia di personalità estranee alle organizzazioni criminali ma in contatto con esse la penetrazione si effettua e la mafia entra nei recessi più reconditi delle decisioni amministrative del pubblico potere. Per conseguenza ogni discorso sulla improprietà di un reato non previsto da un codice penale più che antiquato è priva di qualunque fondamento.

***

È importante mettere in luce questioni di questa delicatezza. È altrettanto chiaro che l'interesse ad un chiarimento di tali questioni non riguarda soltanto la democrazia italiana ma anche Silvio Berlusconi e la sua famiglia. Sicché risulta assai poco comprensibile il continuo sforzo non solo a far rinviare i processi ma ad abbreviarne la prescrizione. Quale chiarimento porta con sé un processo prescritto? Nessuno. Resterà per sempre ignota la zona oscura all'origine delle fortune imprenditoriali di Berlusconi.

Di tutto questo si parla non da quindici anni ma da molto prima. Berlusconi era ancora ben lontano dal voler entrare in politica, stava passando dal settore immobiliare nel quale aveva fatto fortuna al mondo delle Tv. Era pieno di soldi e con essi praticava audaci politiche di "dumping" sulle tariffe e i contratti pubblicitari. Lo sa bene Dell'Utri che era della partita insieme a Verdini. Ma lo sapevamo anche noi che all'epoca eravamo suoi concorrenti insieme alla Mondadori di Mario Formenton.

Ricordo queste cose perché è ormai entrato a far parte dei luoghi comuni il fatto che i processi contro di lui cominciano con il suo ingresso nella politica. In realtà le ipotesi criminose sono molto più antiche. Questa di cui ora si parla risale nientemeno che a trenta anni fa. La legge sul conflitto di interessi avrebbe offerto il destro di chiuderla. È colpa di una parte della sinistra se non fu fatta ma è responsabilità pienamente sua averla sempre testardamente impedita.

Ha ragione Napolitano quando dice che non è per via di processi che si elimina un avversario politico fin tanto che gli rimane la fiducia della maggioranza. Ma è altrettanto vero che gran parte di quella fiducia si verifica meglio alla luce di processi e sentenze che mettano in chiaro passaggi rimasti per troppi anni oscuri e inquietanti. Noi pensiamo che sia questa la buona democrazia. Intanto, il governo ha il diritto e il dovere di governare. Se cominciasse a farlo invece di restare perennemente in "surplace" sarebbe un buon risultato.

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www.repubblica.it/2009/03/sezioni/politica/scalfari-editoriali/29novembre/29novem...
$dumans$
00domenica 6 dicembre 2009 14:31
Chiunque abbia letto anche solo un libro di Falcone (che di mafia ne sapeva) sa che i veri pentiti non iniziano la loro confessione accusando Tizio, Caio e Sempronio... io non ho seguito la vicenda, ma mi sembra di aver sentito che questo pentito racconta poco di se e molto degli altri e questo fa venire il dubbio che faccia il furbo. Si vedrà...
paolapoeta
00domenica 6 dicembre 2009 16:04
Perchè accusano Berlusconi???
Perchè non sanno più cosa fare per rimuoverlo dalla sua carica istituzionale.
Perchè anche la mafia si è evoluta e non uccide più le persone fisicamente, ma le uccidono professionalmente.
Ma vi pare normale ascoltare un presunto pentito, che alla fine non dice quasi nulla, parla per sentito dire da persone terze???
E le prove? Dove sono?? I riscontri oggettivi???
E tutto questo con i ns. soldi!!!!
Berlusconi può essere simpatico o antipatico, a volte quando parla è al limite del borioso, ma non credo assolutamente che sia un mafioso e tanto meno che sia coinvolto nelle morti di Facone e Borsellino.

anna77@
00domenica 6 dicembre 2009 21:14
la magistratura deve quantomeno ascoltare ciò che i "pentiti" hanno da dire e la stampa deve diffondere con il dovuto, o meno, clamore.
Inoltre è grazie alle dichiarazioni dei pentiti, delle intercettazioni che, ad esempio, oggi il governo si pregia di aver scovato altri 2 mafiosi, dimenticandosi di dire "grazie" ai magistrati, alla polizia e tutte le altre forze coinvolte...ma del resto c'è il complotto...in più non credo che sia questione di antipatia o simpatia quando si parla del "povero" "mister b".
Aishasurf
00lunedì 7 dicembre 2009 03:01
Un uccellino mi ha detto che forse non è proprio un caso se son stati presi questi 2 mafiosi,magicamente, proprio quando il Berlusca se la stava passando male...
paolapoeta
00lunedì 7 dicembre 2009 08:44
Re:
anna77@, 06/12/2009 21.14:

la magistratura deve quantomeno ascoltare ciò che i "pentiti" hanno da dire e la stampa deve diffondere con il dovuto, o meno, clamore.
Inoltre è grazie alle dichiarazioni dei pentiti, delle intercettazioni che, ad esempio, oggi il governo si pregia di aver scovato altri 2 mafiosi, dimenticandosi di dire "grazie" ai magistrati, alla polizia e tutte le altre forze coinvolte...ma del resto c'è il complotto...in più non credo che sia questione di antipatia o simpatia quando si parla del "povero" "mister b".




Certo che i pentiti vanno ascoltati e servono molto, però come sempre,
il processo mediatico è già cominciato.
Credo che i ringraziamenti alla polizia e magistrati ecc, siano sottintesi perchè non è certo merito del singolo.... senza il lavoro di squadra non si possono ottenere certi risultati, e questo lo penso anche del lavoro quotidiano di ognuno di noi, il lavoro di squadra paga sempre.
Ho imparato ad essere molto più critica sulle notizie della stampa e dei TG e questo in relazione a quanto accaduto a Michael.

$dumans$
00lunedì 7 dicembre 2009 10:41
Re:
Aishasurf, 07/12/2009 3.01:

Un uccellino mi ha detto che forse non è proprio un caso se son stati presi questi 2 mafiosi,magicamente, proprio quando il Berlusca se la stava passando male...




secondo te i boss mafiosi sapendo di essere da tempo nella merda più totale in quanto da intercettazioni si è sentito espressamente "qui non c'è più futuro per noi, qualunque cosa fai ti arrestano e ti sequestrano i beni. Dobbiamo andarcene via" stanno ad aspettare li? ti sei mai letta un libro sulla mafia? ti consiglio di leggerti qualche libro di Falcone. La mafia accetta collaborazioni con l'esterno, ma non accetta IMPOSIZIONI... toc toc "chi è?" "SONO BERLUSCOTTO" "ah ciao dicci" "ECCO, NON è KE VI FARESTE ARRESTARE? SAPETE DEVO SALVARMI LA FIACCIA" "ma certo!! siamo proprio felici di farci arrestare non vedevamo l'ora."
paolapoeta
00lunedì 7 dicembre 2009 13:30
Ma.... Angelico che fine hai fatto????

Hai aperto il topic...... ma il tuo parere personale???


Vorrei saperlo...... grazie
angelico
00lunedì 7 dicembre 2009 14:47
Re:
paolapoeta, 07/12/2009 13.30:

Ma.... Angelico che fine hai fatto????

Hai aperto il topic...... ma il tuo parere personale???


Vorrei saperlo...... grazie




il mio parere?....


se il pentito ha fatto delle dichirazioni devo essere prese in considerazione.....valutate verificate.....


ricordiamo pero che a casa di berlusconi c era un mafioso (=mangano)....e cio nn e una rivelazione ma un dato oggettivo!

dell utri, co fondatore di forza italia, e stato condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa.....e queste e un dato certo!...nn rivelazioni di un pentito!

mills e stato condannato per corruzione.....lui e il corrotto....ed e un dato oggettivo...( chi e il corruttore ?)

previti e stato condannato in cassazione per corruzione.....altro dato oggettivo!...e amico di berlusconi!

cosnetino ha avuto un avviso di garanzia per conconrso esterno in associazione camorristica....

perche intorno a berlusconi ( ed in parlamento)girano queste figure cosi poco "pulite" ?

perche berlusconi viene accusato?...perche tanti processi su di lui?...perche nn tanti processi su d alema su prodi su tremonti su fini su bossi su casini!?....

è veramente un complotto contro berlusconi?......o ha le mani nel "fango" tanto che questi sono solo alcuni dei processi che si possono aprire a suo carico?....

perche berlusconi ha cosi tanta paura dei processi che si fa leggi ad personam?se e innocente lo dimostri nel processo!

perche berlusconi nn si fa processare dopo la sua legislatura?....perche pensa ad un terzo mandato?....perche pensa di governare 15 anni l italia e godere dell immunita per 15 anni?..perche non 10 o 5 anni?

perche berlusconi non si ritira?( in carcere nn ci va piu , solo arresti domiciliri se condannato !)

perche quando si deve votare una legge pro berlusconi la si vota in pochi mesi e invece quando si deve votare una legge per il popolo nn vede mai la luce?.....


peche dobbiamo essere governati da una persona che ha tante "ombre"?

è un rappresentante del popolo, non un re o imperatore, ed in quanto tale deve essere sostituito prima o poi....e sono certo che nn ci sara mai un altro berlusconi!


$dumans$
00lunedì 7 dicembre 2009 15:03
Re: Re:
angelico, 07/12/2009 14.47:




il mio parere?....


se il pentito ha fatto delle dichirazioni devo essere prese in considerazione.....valutate verificate.....


ricordiamo pero che a casa di berlusconi c era un mafioso (=mangano)....e cio nn e una rivelazione ma un dato oggettivo!

dell utri, co fondatore di forza italia, e stato condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa.....e queste e un dato certo!...nn rivelazioni di un pentito!

mills e stato condannato per corruzione.....lui e il corrotto....ed e un dato oggettivo...( chi e il corruttore ?)

previti e stato condannato in cassazione per corruzione.....altro dato oggettivo!...e amico di berlusconi!

cosnetino ha avuto un avviso di garanzia per conconrso esterno in associazione camorristica....

perche intorno a berlusconi ( ed in parlamento)girano queste figure cosi poco "pulite" ?

perche berlusconi viene accusato?...perche tanti processi su di lui?...perche nn tanti processi su d alema su prodi su tremonti su fini su bossi su casini!?....

è veramente un complotto contro berlusconi?......o ha le mani nel "fango" tanto che questi sono solo alcuni dei processi che si possono aprire a suo carico?....

perche berlusconi ha cosi tanta paura dei processi che si fa leggi ad personam?se e innocente lo dimostri nel processo!

perche berlusconi nn si fa processare dopo la sua legislatura?....perche pensa ad un terzo mandato?....perche pensa di governare 15 anni l italia e godere dell immunita per 15 anni?..perche non 10 o 5 anni?

perche berlusconi non si ritira?( in carcere nn ci va piu , solo arresti domiciliri se condannato !)

perche quando si deve votare una legge pro berlusconi la si vota in pochi mesi e invece quando si deve votare una legge per il popolo nn vede mai la luce?.....


peche dobbiamo essere governati da una persona che ha tante "ombre"?

è un rappresentante del popolo, non un re o imperatore, ed in quanto tale deve essere sostituito prima o poi....e sono certo che nn ci sara mai un altro berlusconi!






si dice così ogni volta, ma poi spunta uno più furbo del precedente...
AntonellaP85
00lunedì 7 dicembre 2009 15:15
Re:
paolapoeta, 06/12/2009 16.04:

Perchè accusano Berlusconi???
Perchè non sanno più cosa fare per rimuoverlo dalla sua carica istituzionale.
Perchè anche la mafia si è evoluta e non uccide più le persone fisicamente, ma le uccidono professionalmente.
Ma vi pare normale ascoltare un presunto pentito, che alla fine non dice quasi nulla, parla per sentito dire da persone terze???
E le prove? Dove sono?? I riscontri oggettivi???
E tutto questo con i ns. soldi!!!!
Berlusconi può essere simpatico o antipatico, a volte quando parla è al limite del borioso, ma non credo assolutamente che sia un mafioso e tanto meno che sia coinvolto nelle morti di Facone e Borsellino.





Paola mi dispiace ma con questa affermazione dimostri di non essere ben informata...prove e riscontri oggettivi ce ne sono tanti, sono facilmente accessibili a chi abbia un po' di volontà di conoscere e certamente non è che tutto il mondo ce l'ha con Berlusconi e vuole rimuoverlo dalla sua carica istituzionale per simpatia o antipatia....vorrei ricordarti che Berlusconi ha fatto parte della loggia massonica P2 (tuttora con molti epigoni)che aveva finalità eversive dell'ordinamento democratico in Italia e che è stato aiutato con la legge Mammì dal suo amico corrotto schifoso Bottino Craxi ad avere un monopolio mediatico che oggi subiamo tutti quanti...non si arriva a certi livelli senza aiuto...oltre alle varie cose sopra ricordate da Angelico....non dimenticate la famosa ultima intervista di Borsellino mai mandata in onda in Italia (chissà come mai), non dimenticate ciò che Berlusoconi disse ripetutamente a Montanelli, persona davanti alla quale bisogna solo inchinarsi e baciargli le scarpe, che se non fosse entrato in politica sarebbe finito in galera, Fininvest era in bancarotta...tutto questo con i nostri soldi perché è questo il lavoro della magistratura, nessuno è intoccabile, ma vedo che 30 anni di lavaggio del cervello sono serviti parecchio.
Deni_90
00lunedì 7 dicembre 2009 15:37
perchè i mafiosi accusano Berlusconi???
è semplice...
Berlusconi combatte la mafia, è un governo ke in questi anni ha colpito la mafia in tanti modi...ha confiscato i suoi beni...e ogni giorno tantissimi mafiosi vengono presi e portati in carcere...poki gg fa l'ultimo arresto.....stanno facendo un buon lavoro e ai mafiosi questo nn va giù e quindi lo accusano...poveri cretini [SM=g27821]
anna77@
00lunedì 7 dicembre 2009 15:42
"...ha confiscato i suoi beni..."
i condono edilizi non ti dicono niente?lo scudo fiscale non ti dice niente? gli appalti pilotati...?
Vogliamo poi parlare del tentativo di cambiare le regole per le intercettazioni durante le indagini, tanto per cambiare argomento...
e comunque sono i magistrati e le forze di polizia che indagano sui mafiosi... quegli stessi magistrati che berlusconi ha definito "farabutti, toghe rosse" e polizziotti che brunetta ha defino "panzoni fannulloni".


ps se per cretini intendi quelli che la pensano come mé, allora lieta di essere una cretina con la c maiuscola.
$dumans$
00lunedì 7 dicembre 2009 15:42
Re: Re:
AntonellaP85, 07/12/2009 15.15:




Paola mi dispiace ma con questa affermazione dimostri di non essere ben informata...prove e riscontri oggettivi ce ne sono tanti, sono facilmente accessibili a chi abbia un po' di volontà di conoscere e certamente non è che tutto il mondo ce l'ha con Berlusconi e vuole rimuoverlo dalla sua carica istituzionale per simpatia o antipatia....vorrei ricordarti che Berlusconi ha fatto parte della loggia massonica P2 (tuttora con molti epigoni)che aveva finalità eversive dell'ordinamento democratico in Italia e che è stato aiutato con la legge Mammì dal suo amico corrotto schifoso Bottino Craxi ad avere un monopolio mediatico che oggi subiamo tutti quanti...non si arriva a certi livelli senza aiuto...oltre alle varie cose sopra ricordate da Angelico....non dimenticate la famosa ultima intervista di Borsellino mai mandata in onda in Italia (chissà come mai), non dimenticate ciò che Berlusoconi disse ripetutamente a Montanelli, persona davanti alla quale bisogna solo inchinarsi e baciargli le scarpe, che se non fosse entrato in politica sarebbe finito in galera, Fininvest era in bancarotta...tutto questo con i nostri soldi perché è questo il lavoro della magistratura, nessuno è intoccabile, ma vedo che 30 anni di lavaggio del cervello sono serviti parecchio.




non mi inchino e non bacio le scarpe a chi reputava i neri inferiori... cronologia.leonardo.it/document/doc1700.htm

"Non si sarà mai dei dominatori, se non avremo la coscienza esatta di una nostra superiorità. Coi NEGRI non si fraternizza. Non si può, non si deve. " Indro Montanelli
AntonellaP85
00lunedì 7 dicembre 2009 16:00
Re: Re: Re:
$dumans$, 07/12/2009 15.42:




non mi inchino e non bacio le scarpe a chi reputava i neri inferiori... cronologia.leonardo.it/document/doc1700.htm

"Non si sarà mai dei dominatori, se non avremo la coscienza esatta di una nostra superiorità. Coi NEGRI non si fraternizza. Non si può, non si deve. " Indro Montanelli




Su questo ti dò ragione, ciò non toglie che fosse un grande giornalista con la schiena dritta. Tieni anche conto che era un'epoca diversa, in fondo i nostri nonni vissuti nel fascismo avevano tutti quella forma mentis, che ovviamente non condivido assolutamente.
AntonellaP85
00lunedì 7 dicembre 2009 16:04
Re:
Deni_90, 07/12/2009 15.37:

perchè i mafiosi accusano Berlusconi???
è semplice...
Berlusconi combatte la mafia, è un governo ke in questi anni ha colpito la mafia in tanti modi...ha confiscato i suoi beni...e ogni giorno tantissimi mafiosi vengono presi e portati in carcere...poki gg fa l'ultimo arresto.....stanno facendo un buon lavoro e ai mafiosi questo nn va giù e quindi lo accusano...poveri cretini [SM=g27821]




Spero davvero che tu stia scherzando....perchè non provi ad ascoltare Rita e Salvatore Borsellino, fratello e sorella di un magistrato ucciso dalla mafia (e dallo Stato...), se i dicono lo stesso...ragazzi va bene che la disinformazione è assai, ma visto che avete accesso ad Internet non è difficile documentarsi....non posso credere che veramente ci sia gente che crede a queste cose...proprio di questi giorni la proposta di rimettere all'asta i beni confiscati alla mafia...infatti chi ha i soldi per ricomprarli?
$dumans$
00lunedì 7 dicembre 2009 16:56
Re: Re: Re: Re:
AntonellaP85, 07/12/2009 16.00:




Su questo ti dò ragione, ciò non toglie che fosse un grande giornalista con la schiena dritta. Tieni anche conto che era un'epoca diversa, in fondo i nostri nonni vissuti nel fascismo avevano tutti quella forma mentis, che ovviamente non condivido assolutamente.




si è vero, ma era giusto per dire che alla fine della fiera in tanti hanno il loro lato oscuro, ad esempio di recente si è visto che Berlusconi non è assolutamente l'unico a fare festini... questo non per difenderlo, ma solo per dire che è riduttivo dire "lui è cattivo gli altri sono buoni". Come ho detto tempo fa, abbiamo un senatore tanto AMMIRATO che collaborava con la mafia ma grazie alla prescrizione tutto si dimentica...a quel tempo non c'era Berlusconi. Io credo che bisognerebbe fare piazza pulita di molta gente, ma servirebbe una pulizia molto accurata e non come sempre che quando ci si rende conto dell'elevato numero di gente corrotta finisce tutto a tarallucci e vino come tangentopoli, P2 ecc... si punisce qualcuno per facciata e quelli pagano per tutti gli altri tutto li.
Beat it
00mercoledì 9 dicembre 2009 21:00
se qualcuno avesse dubbi sul fatto che Berlusconi sia colluso...

lo diceva Paolo Borsellino 2 giorni prima della morte di falcone

paolapoeta
00giovedì 10 dicembre 2009 08:48
Re: Re:
AntonellaP85, 07/12/2009 15.15:




Paola mi dispiace ma con questa affermazione dimostri di non essere ben informata...prove e riscontri oggettivi ce ne sono tanti, sono facilmente accessibili a chi abbia un po' di volontà di conoscere e certamente non è che tutto il mondo ce l'ha con Berlusconi e vuole rimuoverlo dalla sua carica istituzionale per simpatia o antipatia....vorrei ricordarti che Berlusconi ha fatto parte della loggia massonica P2 (tuttora con molti epigoni)che aveva finalità eversive dell'ordinamento democratico in Italia e che è stato aiutato con la legge Mammì dal suo amico corrotto schifoso Bottino Craxi ad avere un monopolio mediatico che oggi subiamo tutti quanti...non si arriva a certi livelli senza aiuto...oltre alle varie cose sopra ricordate da Angelico....non dimenticate la famosa ultima intervista di Borsellino mai mandata in onda in Italia (chissà come mai), non dimenticate ciò che Berlusoconi disse ripetutamente a Montanelli, persona davanti alla quale bisogna solo inchinarsi e baciargli le scarpe, che se non fosse entrato in politica sarebbe finito in galera, Fininvest era in bancarotta...tutto questo con i nostri soldi perché è questo il lavoro della magistratura, nessuno è intoccabile, ma vedo che 30 anni di lavaggio del cervello sono serviti parecchio.



Nessun lavaggio del cervello.....

Di fatto in questo procedimento le cose sono andate al contrario....
Prima di accertare che Spatuzza stia dicendo la verità, tutto è stato mandato in mondo visione, non so su quante televisioni.
Magari fare il contrario, prima accertiamo e poi diffondiamo sui giornali Tv ecc.


AntonellaP85
00giovedì 10 dicembre 2009 13:17
Re: Re: Re:
paolapoeta, 10/12/2009 8.48:



Nessun lavaggio del cervello.....

Di fatto in questo procedimento le cose sono andate al contrario....
Prima di accertare che Spatuzza stia dicendo la verità, tutto è stato mandato in mondo visione, non so su quante televisioni.
Magari fare il contrario, prima accertiamo e poi diffondiamo sui giornali Tv ecc.






Ci sono 30 anni di storia prima di questo e sono sporchi. L'informazione è stata fatta correttamente, nessuno ha parlato di condanna, altrimenti sarebbero arrivate querele. Se per avere l'informazione dovessimo aspettare la fine dei processi allora oggi non sapremo ancora di casi degli anni '70 e non esisterebbe la cronaca giudiziaria.
$dumans$
00giovedì 10 dicembre 2009 14:36
Re: se qualcuno avesse dubbi sul fatto che Berlusconi sia colluso...
Beat it, 09/12/2009 21.00:


lo diceva Paolo Borsellino 2 giorni prima della morte di falcone





ecco in questo caso la cosa diventa più fattibile, ancora da verificare, ma sicuramente più fattibile.
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