Hitman - L'assassino [Recensione + intervista]

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Vito302
00lunedì 3 dicembre 2007 04:49


Codename 47
L'agente 47 è un misterioso killer a pagamento conosciuto ed apprezzato dall'agenzia per cui lavora per via della sua perizia nel nascondere le tracce. Uccide con rapidità e senza dare nell'occhio, come fosse un fantasma. Finché un giorno incontra la bella Nika, la quale gli provoca dei disturbi psicologici tanto da fargli tornare in mente doloroso scatti del suo passato. Nel frattempo l'agente 47 è caduto vittima di una trappola, - legata all'uccisione di Belicoff, candidato alle elezioni in Russia - e sulle sue tracce si mettono l'Interpol, i servizi segreti russi e tre killers che lavorano per la sua stessa agenzia.

Gentleman in smoking
Testa rasata, codice a barre tatuato dietro la nuca, guanti di pelle, cravatta rossa coperta da un cappotto nero e camicia bianca a creare un contrasto quasi simbolico. Chi mai poteva interpretare un personaggio dannatamente affascinante preservando tutto il suo incredibile carisma? La produzione ha puntato su Timothy Olyphant e la scelta, dopotutto, sembra averli ricompensati. La storia parte con l'incredibile visione onirica del passato dell'agente 47: l'Ave Maria di Schubert colora - col suo mottetto polifonico - frammenti dispersi dell'adolescenza del protagonista. Dall'incipit si ha come l'impressione di assistere ad un forte cambio di registro, decisamente più consapevole e rispettoso nei confronti del mezzo videoludico. Cosa molto importante, le atmosfere sono incredibilmente fedeli alla creatura di IO Interactive, così come i cambi d'abito durante le missioni che tanto ricordano le fasi stealth dell'omonima quadrilogia interattiva.
Timothy Olyphant (Die hard - vivere o morire) per caratterizzare al meglio il suo personaggio, ha evitato forti contaminazioni esterne - in particolar modo non ha badato alle aspettative degli stessi videogiocatori - per intraprendere una strada si diversa, audace, ma cercando al contempo di mantenere il carattere originale dell'agente 47. Le sue posture rigide, accompagnate da movenze quasi meccaniche volte a stabilire una continuità concettuale con il videgioco, dimostrano rispetto nei riguardi della fonte, ma ovviamente accentuano con forza la bidimensionalità dell'antieroe. Non mancheranno inoltre divertenti autocitazioni come ciliegina sulla torta.

Final stage
Visivamente la pellicola del francese Xavier Gens (regista di professione, videogiocatore per scelta) riesce a stupire con moderata efficacia. Tuttavia la sceneggiatura di Skip Woods (Codice: Swordfish) non riesce a cogliere nei dialoghi l'anima da thriller che caratterizzava con forti tinte oscure la serie. La suspance cede così il posto alla confusione, il sentimentalismo fuori luogo infastidisce non poco e la velata ironia macchia il protagonista di un atteggiamento non suo; cercando per altro di sdrammatizzare una pellicola che, a conti fatti, trasuda violenza da ogni poro. L'Ottimo accompagnamento sonoro diretto e orchestrato da Geoff Zanelli - il quale non ha fatto altro che seguire l'ottima base musicale intessuta dal compositore Jesper Kyd - si lega perfettamente alle azioni. Il montaggio infine, dona ritmo e compattezza nonostante si rende evidente la precarietà della sceneggiatura.
La verità, giunti ai titoli di cosa, sembra concretizzarsi nell'idea secondo la quale il regista non abbia preso spunto dal tipo di cinema commerciale che ha distrutto, in parte, trend di successo quali Resident Evil, Alone in the Dark o BloodRayne; piuttosto ha riciclato le basi concettuali di alcune delle migliori pellicole action per confezionare un prodotto che desse finalmente - sia allo spettatore occasionale che al videogiocatore accanito - un piccolo spiraglio di speranza. A testimonianza che, con un po' di impegno e tanta passione, i videogiochi possono regalare al cinema grandi e piacevoli soddisfazioni.

L'arte videoludica...
Su Spaziogames abbiamo segnalato (precisamente il 26 novembre) l'ennesimo attacco al mondo dei videogiochi mosso dal critico cinematografico Roger Ebert. Spinto dal commentare il film in questione, ha esteso il discorso affermando quanto segue: "Il film, diretto da Xavier Gens, è stato ispirato dal videogioco omonimo, best seller nella sua categoria e fornisce un'eccellente dimostrazione della mia convinzione che i videogiochi non diventeranno mai una forma d'arte - mai, almeno non fino a quando non decideranno di trasformarsi in qualcosa di più o in qualcosa di completamente diverso". Certo, valutando la qualità prettamente artistica delle ultime pellicole tratte dai videgiochi, come dargli torto? Tuttavia il discorso è ben diverso e leggermente più variegato. Stando al suo rimprovero, la violenza ancora una volta sembra essere nel mirino di chi cerca a tutti i costi un capro espiatorio, provando a comprendere un evoluzione dell'intrattenimento digitale che non gli appartiene (il caso 'Rule of Rose' ne è un esempio lampante).
Eppure il cinema, nonostante sia un forma d'arte capace di affascinare le platee con prodotti artistici di indubbio spessore, crea e distribuisce ogni anno tantissime pellicole violente (Hostel, Saw - L'enigmista,) e nonostante questo, nessuno ha mai sognato sminuirne le qualità. Credo sia dunque necessario catalogare i generi di appartenenza anche nel settore dell'intrattenimento, allo scopo di scindere prodotti forti come Hitman e Resident Evil da opere d'arte quali Shadow of The Colossus, Okami o Zelda. Se in primis non c'è quindi la volontà da parte delle produzioni cinematografiche di adattare degnamente un prodotto di intrattenimento per il grande schermo, parlare di arte, o anche solo accennarla, a mio avviso pregiudica la natura stessa della critica.

.Eclettico.
00lunedì 3 dicembre 2007 10:22
Ho giocato a tutti i capitoli della serie tranne l'ultimo perchè richiedeva troppa potenza......splendida serie, prende anche a chi non è un fissato dei videogiochi come me.....non sapevo fosse uscito il film..ma non vedo l'ora di vederlo !!!!
Black°Swordman
00lunedì 3 dicembre 2007 10:57
Pur essendo abbastanza contrario agli assolutismi, sono d'accordo con Roger Ebert. Un videogioco é qualcosa di completamente diverso da un film, il tentare di trasporlo in un cinema é un azione che il più delle volte non porta a nulla...
Vito302
00lunedì 3 dicembre 2007 13:05
Re:
.Eclettico., 03/12/2007 10.22:

Ho giocato a tutti i capitoli della serie tranne l'ultimo perchè richiedeva troppa potenza......splendida serie, prende anche a chi non è un fissato dei videogiochi come me.....non sapevo fosse uscito il film..ma non vedo l'ora di vederlo !!!!



Allora ci sono buone possibilità che il film possa, almeno in parte, piacerti. ^^


Black°Swordman, 03/12/2007 10.57:

Pur essendo abbastanza contrario agli assolutismi, sono d'accordo con Roger Ebert. Un videogioco é qualcosa di completamente diverso da un film, il tentare di trasporlo in un cinema é un azione che il più delle volte non porta a nulla...



Beh ma la critica del sig. Ebert tende a sminuire il videogioco come forma d'arte, quando sappiamo benissimo che di prodotti del genere non mancano. Non è tanto la diversificazione dei due mezzi in nodo cruciale della tesi avvalorata dal critico, quanto il qualunquismo insito nelle sue parole nel somministrare al videogioco l'etichetta "violenza gratuita".
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