Muore a 24 anni in viaggio con la rock band
Irene Andrenucci era fidanzata con Massimiliano Giusti, il chitarrista Mamo. Erano diretti a Padova con i quattro membri degli Eurosmith
La ragazza è figlia di un noto professore e di un'impiegata dell'Opa. Ha donato reni e fegato Una ragazza esemplare nella vita e sul lavoro
di Cinzia Carpita
CARRARA. «Irene era nel periodo più felice della sua vita, forse stava dormendo abbracciata al suo fidanzato, sul furgone, quando è accaduto l'incidente. Forse non se n'è neppure accorta, ed è morta così: felice come era. Una piccola consolazione, per i giorni difficili che aspettano me e mia moglie». Parla con il cuore in mano, pieno di dolore ma anche di tanti bellissimi ricordi, il professor Gian Maria Andrenucci, 57 anni, stimato vice preside dell'istituto tecnico commerciale Toniolo di Massa. Lui e la moglie Nada Sodini di 43 anni, risiedono in città: la loro unica figlia non c'è più. Strappata alla vita a soli 24 anni, venerdì scorso sull'autostrada A13 Bologna-Padova, quando fra le 18 e le 19 il Ducato Panorama sul quale viaggiava con altre cinque persone, si è schiantato contro il newjersey, facendola precipitare nel coma dal quale non si è più risvegliata. Il suo cuore ha cessato di battere sabato. Irene ha donato gli organi. L'incidente è accaduto all'altezza del ponte sul fiume Gorzone a Stanghella, fra i caselli di Boara Pisani e Monselice. A bordo del furgone, una band musicale che andava a fare un concerto. Irene accompagnava il suo ragazzo chitarrista, con il quale viveva da qualche tempo a Quiesa (Massarosa). Un viaggio iniziato allegramente, con gli strumenti musicali e la voglia di suonare. Ma nel tardo pomeriggio sei giovani vite sono state stravolte: per cause in corso di accertamento, il furgone ha colpito la barriera guardrail di cemento. Ed è stato l'inferno. I feriti sono stati soccorsi, con l'intervento anche dei vigili del fuoco, e trasportati negli ospedali di Este, Monselice e Rovigo.
«Ci hanno telefonato venerdì sera - racconta il professor Andrenucci - per dirci che c'era stato un grave incidente. Mia figlia aveva riportato un forte trauma cranico ed era stata trasportata con l'elisoccorso a Padova. Era in coma profondo. Quando siamo arrivati all'ospedale ci hanno detto che era tenuta in vita artificialmente». Irene non c'è l'ha fatta. E' morta alle 13,30 di sabato. «Abbiamo dato subito il consenso all'espianto. - continua il padre - Irene ha donato gli organi, era una volontà sua: così tre persone vivranno, con i suoi due reni e il fegato». Una ragazza straordinaria anche in questo: 24 anni spesi bene, con valori umani profondissimi, trasmessi dai genitori.
Il padre e la mamma di Irene ieri erano a casa, torneranno a Padova a riprendere il corpo della figlia, per i funerali che si svolgeranno probabilmente (appena sarà rilasciato il nulla osta del magistrato) mercoledì pomeriggio alle 16 nella chiesa della Sacra Famiglia a Marina. «Proprio la chiesa dove Irene avrebbe voluto sposarsi», dicono i genitori. Invece sarà il luogo del pianto e del ricordo, prima dell'ultimo saluto nel cimitero di Turigliano. «Irene aveva intrapreso l'università per laurearsi in infermieristica, - racconta ancora il padre - ma aveva trovato un lavoro che la appassionava moltissimo, presso il cantiere Benetti Azimut di Viareggio».
L'ultima volta che madre e figlia si sono viste è stato sabato 23 giugno: una bellissima cena a Ceparana: «Mi ha fatto vedere foto di imbarcazioni, - ricorda la signora Nada - mi spiegava il suo lavoro alla Perini Navi, e alla Benetti Azimut. Era soddisfatta della sua attività alla reception. Era una ragazza con la mente aperta, estremamente sensibile. E determinata. Voleva sposarsi in chiesa a Marina, con un abito fatto dalla sua nonna sarta».
«Si era fatta apprezzare subito sul lavoro, - dice il padre - aveva una base di liceo classico per poter fare qualsiasi cosa. Era solare, determinata, intelligente, capace. Era felicissima di quello che faceva e sognava di sposarsi nella chiesa di Marina. L'ultima volta che l'ho vista è stata una settimana fa, ci incontravamo spesso per bere un aperitivo, qui a Carrara, oppure a Quiesa. La chiamavo al telefono tutte le sere».
I ricordi sono come un fiume in piena. Quelli di un padre che, pur nel dolore della perdita, si sente in pace con quella figlia alla quale vuole un bene dell'anima. «Ma saranno giorni difficili», ammette. Come quelli della mamma di Irene, segretaria all'Opa. Una mamma per la quale ora nessuna parola può essere consolatoria, e il cui immenso dolore va rispettato, lasciandole il tempo per parlare, da sola, con la sua Irene volata in cielo.
fonte: iltirreno.repubblica.it