Recensioni della critica musicale all'album "Michael"

Ultimo Aggiornamento: 16/11/2011 04:29
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11/12/2010 21:50
 
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Eccomi qua con la traduzione della recensione del Time [SM=g27822]
Noterete che a questo signor David Browne piacevano molto Thriller e Off The Wall [SM=g27824]



Il Michael Jackson che sorge dal mausoleo su "Michael" non è poi così dissimile da quello che ci ha lasciati lo scorso anno. Nel primo dei previsti 10 (sì, 10) album postumi, si sente Jackson nei suoi due ruoli alternativi: il fornitore con gli occhi spalancati di amore idealizzato e l'amareggiata e autocommiserata vittima di media fissati su di lui. Il suo affetto per la melassa e il sentimento corre ancora dilagante, la sua voce scivola ancora in un melenso soprano, e usa ancora le chitarre rock per indicare "rabbia" e cori gospel per annunciare "ispirazione".

Jackson, naturalmente, non c'era per finire la maggior parte di questi 10 brani, che sono stati registrati dai primi anni '80 fino al recente passato, nel 2009, poco prima della sua morte. Ma i produttori che lo aiutavano hanno chiaramente studiato ciò che rendeva la musica di Jackson così singolare. "Michael" non è un "Off the Wall" o un "Thriller"; nel 2009, quei giorni erano lontani quanto la sua giacca rossa con la zip. Ma dato il suo makeup cucito insieme - i nuovi brani sono costruiti intorno alla voce di Jackson - non è nemmeno un imbarazzante, mostro pop alla Frankenstein. Contro ogni probabilità, considerando l'incerta produzione di Jackson nei due decenni prima della sua morte, è un disco sconvolgentemente credibile, una ricreazione opportunamente assemblata dei suoi migliori momenti come artista solista e un richiamo al perché tenevamo a lui, per cominciare.

A partire da "Dangerous" e continuando fino a "HIStory" e "Invincible", Jackson è stato chiaramente alle prese con il rinnovo del suo sound in un mondo dominato dall'hip-hop. Ha provato ritmi new-jack, con artisti rapper e campionature di Notorious BIG, che hanno reso la sua musica più vicina, più terrena. Nella morte, Jackson vola di nuovo verso il cielo. Con i loro ritmi freschi e una carenza dell'enfasi che gonfiava così tanto il suo lavoro post-Thriller, le migliori canzoni qui evocano la sua flessuosa, sibilante agilità musicale. "Hollywood" si libra nell'aria al pari di classici come "Billie Jean", mentre "(I Like) The Way You Love Me" (una precedente versione incompiuta è apparsa su una compilation del 2004) segue le orme di "The Way You Make Me Feel", con più calore, meno armonie elaborate.

Quella canzone e "Best of Joy" erano entrambe co-prodotte da Theron "Neff-U" Feemster, il cui setoso lavoro con Ne-Yo ha fatto di lui un partner perfetto per Jackson. Intenzionalmente o no, "Michael" pone l'intrigante possibilità che Jackson, se fosse vissuto, avrebbe potuto fare un ritorno musicale: grazie a personaggi come Ne-Yo e Beyoncé, l'R & B è oscillato di nuovo verso il suo ritmo meno pesante, al groove più melodico.

Jackson sembra anche emancipato vocalmente. Lo smozzicato fraseggio a denti stretti che ha strangolato fiaschi come "Scream" si sente raramente. Per la maggior parte dell'album, sembra, ancora una volta, che stia semplicemente cantando. Anche sulla potente, gotica "(I Can't Make It) Another Day" - un altra fusione rock, un brano di dieci anni fa in collaborazione con Lenny Kravitz - la sua voce raramente suona forzata. Quando il primo brano dell'album, "Breaking News", è stato rilasciato, un membro della famiglia ha dichiarato che la voce non era di Michael, ma una dichiarazione di avvocati ed ex produttori di Jackson l'ha smentito. Anche se la sua voce a volte è coperta in "Michael", il sicuro fraseggio attentamente ascoltato non potrebbe essere di nessun altro (i ricorrenti Whoo! che lo contraddistinguono, però, si sente che sono campionature dai suoi dischi più vecchi.)

Ma se "Michael " è uno sguardo pieno di promesse a quello che avrebbe potuto essere, è anche un promemoria che Jackson alla fine non era lo stesso l'artista che era una volta. Con la sua sensazione dark, "Monster" lavora duramente per ricreare l'atmosfera di "Thriller", anche se con il molto meno spaventoso 50 Cent al posto di Vincent Price (e un aggancio meno memorabile). Il mostro nel titolo rappresenta i paparazzi, che ti "mangiano l'anima come un vegetale," Jackson mette in guardia. Lui insiste su questo argomento sia qui che sull'ancor più pomposo "Breaking News" - un segno che, come paroliere, stava girando in tondo, intrappolato nel suo creare in un mondo angusto. Le canzoni d'amore sembrano più generalizzate che mai, e il suo moralismo sui mali del mondo dello spettacolo diventa veramente di cattivo gusto in "Hollywood", in cui egli rimprovera un'adolescente in fuga di "ingannare maliziosamente gli uomini". Uno dei momenti più rivelatori dell'album arriva con "Keep Your Head Up", una ballata ispiratrice a tutto schermo che ci dà un'altra variazione sul suo stile "Heal the World". Si parla di una madre che lavora, ma quando Jackson canta, quasi senza fiato, "non riesco nemmeno a respirare Non riesco neanche a vedere!" potrebbe parlare di se stesso.

Il momento più bello di "Michael" non è lo scialbo attuale singolo "Hold My Hand", sul quale il rapper Akon appare quasi quanto Jackson. Questo onore spetta a "Behind the Mask". Anche in questo caso, Jackson sembra giovane, eccitato e allettantemente aggressivo. Di nuovo la musica ha un assertiva energia senza sforzo, aiutata da una campionatura della band elettronica giapponese, ora sciolta, Yellow Magic Orchestra. "Who Do You Love?" chiede Jackson con una intensità di desiderio che non aveva chiamato a raccolta negli anni.

Purtroppo c'è una ragione per questo: "Behind the Mask", risale alle sessioni di Thriller. Molto simile a come Thriller ha fatto con il record di vendite di Jackson, questo avanzo d'annata getta un'ombra imponente sul nuovo "album" e ci fa chiedere se i nove album a venire saranno in grado di mantenere i meriti inaspettati di "Michael". Per ora, almeno, Jackson riceve l'accettabile saluto che si meritava.


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