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Berlusconi salva la Mondadori con la legge ad aziendam: la maxicausa chiusa con una transazione

Ultimo Aggiornamento: 01/10/2011 10:53
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11/08/2010 18:03
 
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Rischia la “Salva-Mondadori” La Cassazione ricorre alla Corte di Giustizia. Tutta colpa di un vecchio guaio fiscale di De Benedetti La guerra di Segrate per il controllo della Mondadori continua, ma è durata così a lungo – vent’anni – che ormai assume forme sempre più strane. Per un caso del destino, un vecchio guaio fiscale di Carlo De Benedetti è diventato l’occasione per bloccare il regalo del governo Berlusconi alla Mondadori (che è della Fininvest, cioè la holding che fa capo proprio a Silvio Berlusconi). I giudici della Cassazione, partendo dal procedimento che riguarda gli ex partner di De Benedetti della 3M Italia, fanno ricorso alla Corte di Giustizia europea, per bloccare la norma “ad aziendam” che permette alla Mondadori di risolvere un contenzioso con il fisco da 200 milioni pagandone solo 10. E tutto questo mentre la Cassazione – e proprio il procedimento Mondadori – sono al centro dell’inchiesta sulla cosiddetta P3. Ma partiamo dall’inizio.

DOPO SEGRATE. Nel 1991 la Fininvest di Silvio Berlusconi riesce a sottrarre la Mondadori a Carlo De Benedetti grazie a una sentenza che tre gradi di giudizio hanno stabilito essere stata comprata, con i giudici corrotti da Cesare Previti nell’interesse della Fininvest. Grazie all’imprenditore Giuseppe Ciarrapico, mandato da Giulio Andreotti, si trova una mediazione: a De Benedetti restano L’espresso, Repubblica e i quotidiani locali, in quel momento parte della Mondadori, a Berlusconi tutto il resto. Vent’anni dopo non è ancora finita, pende ancora un risarcimento da 750 milioni di euro che la Fininvest potrebbe dover pagare alla Cir di De Benedetti. Una vicenda marginale di quello scontro riguarda un contenzioso della Mondadori con il fisco, derivante da una fusione interna al gruppo seguita alla guerra di Segrate. Lo Stato chiede alla Mondadori 200 milioni di euro per plusvalenze non contabilizzate in una fusione tra due holding (operazione preliminare al passaggio delle testate giornalistiche a De Benedetti). Mondadori vince il primo e il secondo grado di giudizio, ma lo Stato non si arrende, nel 2000 la vicenda finisce in Cassazione: a firmare il ricorso per conto della Mondadori è un famoso fiscalista, l’avvocato Giulio Tremonti. Dieci anni dopo Tremonti è ministro dell’Economia; mentre sta approvando la Finanziaria 2010 compare un emendamento che si presenta come un condono mirato: i soggetti che hanno contenziosi aperti con il fisco, hanno vinto i primi due gradi e sono in Cassazione, possono sanare la propria posizione pagando solo il 5 per cento del dovuto. E’ l’identikit della Mondadori, che se la caverebbe con 10 milioni. Il blitz salta, lo ferma Gianfranco Fini, presidente della Camera. La Procura di Roma, nelle carte dell’inchiesta sulla nuova loggia P3 ipotizza che a quel punto un gruppo di soggetti che agisce nell’interesse di Berlusconi sceglie un’altra strada. I pm attribuiscono il trasferimento (28 ottobre 2009) dal giudice competente alle sezioni unite alle pressioni su Vincenzo Carbone, primo presidente della Cassazione fino a gennaio e quindi presidente delle sezioni unite, fatte da Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi, due degli esponente più attivi della cosiddetta P3. In cambio a Carbone sarebbe stato promesso uno slittamento di tre anni della pensione (obbligatoria a 75 anni). Per Berlusconi era anche il candidato ideale alla presidenza della Consob. Se le cose sono andate come dice l’accusa, la norma serve a guadagnare tempo. In primavera i parlamentari Pdl tornano all’assalto e la norma salva-Mondadori diventa legge a maggio, come emendamento al decreto sugli incentivi.

TUTTO INUTILE? Ma forse è stato tutto inutile. Il primo ad approfittarne non è però Berlusconi, bensì un partner d’affari di De Benedetti negli anni Novanta, 3M Italia. Lo si apprende solo ora perché il 4 agosto la Cassazione, presieduta da Ernesto Lupo, ha depositato un’ordinanza con cui si chiede alla Corte di Giustizia europea di pronunciarsi sulla norma “salva-Mondadori”, per stabilire se è compatibile con la normativa comunitaria. La storia comincia nel 1996. La Procura di Ivrea chiede il rinvio a giudizio di varie persone, tra cui Carlo De Benedetti allora alla testa dell’Olivetti, per una presunta elusione fiscale da 43 miliardi di lire dell’epoca. La debenedettiana Olivetti, secondo l’accusa, si era prestata a una complessa operazione finanziaria con la quale due società americane, la 3M e la Shearson Lehman usavano una filiale italiana, la 3M Italia, per pagare meno tasse sui dividendi. L’Olivetti incassava i dividendi della 3M Italia, controllata della 3M, per conto della Sherman. Si chiama dividend washing. La vicenda penale si chiude per De Benedetti nel 1997, quando viene prosciolto “perché il fatto non sussiste”. Ma il fisco la pensa diversamente. Nel 2005 la sezione tributaria della Cassazione stabilisce che ha ragione lo Stato a chiedere indietro i soldi alla Olivetti, nel 2010 è ancora in pista il contenzioso tra il Tesoro e la 3M: lo Stato reclama 43 milioni di euro. I vecchi partner di De Benedetti nell’operazione considerata legittima dalla giustizia penale ma truffaldina dal fisco erano stati fulminei: a meno di una settimana dall’entrata in vigore della “salva-Mondadori” stavano già approfittandone per chiudere il contenzioso pagando soltanto 1,1 milioni su 43.

IL DIRITTO UE. Ma la Cassazione protesta. Secondo i magistrati della sezione contabile, il regalo governativo alla Mondadori si configura come un abuso di uno dei principi su cui si regge il mercato unico europeo, cioè la libertà di movimento dei capitali. In pratica, dicono i giudici, l’Italia rinuncia all’impegno di “reprimere pratiche abusive”, rinunciando quasi del tutto alle “pretese impositive”. E questo, stando al testo della legge, non è motivato da ragioni di politica economica, ma è una resa di fronte ai tempi lunghi della giustizia. Se la Corte di Strasburgo darà ragione alla Cassazione, il condono pensato e approvato per la Mondadori non sarà applicabile. E De Benedetti, che ancora aspetta i 750 milioni di euro di risarcimento dalla Fininvest, avrà almeno un’occasione di esultare in questa ennesima puntata della guerra iniziata a Segrate vent’anni fa.

Da Il Fatto Quotidiano del 11 agosto 2010


www.ilfattoquotidiano.it/2010/08/11/rischia-la-%E2%80%9Csalva-mondadori%E2%80%9...

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