| | | Post: 366 | Registrato il: 21/07/2009 | Sesso: Femminile | Number Ones Fan | | OFFLINE |
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PARTE PRIMA (L'INCONTRO A ROMA)
CAPITOLO 2°
Mi viene quasi un colpo ed ho una tale confusione in testa al punto di essere sicura di non aver capito quello che la guardia del corpo mi ha appena domandato, per cui resto imbambolata a guardarlo senza sapere cosa rispondere; ma il bestione, contemplando la mia espressione al limite tra l’ebete e lo sconcertato mi fa:
"Do you understand what I you say?"
Quasi balbettando, non riuscendo a ricordare nemmeno una parola in inglese per poter formulare una frase di senso compiuto riesco solo a rispondere:
"Yes………..Ok…………Ok……..Ma…….”
L'armadio, senza profferire alcun altra parola, gira i tacchi e si riavvicina a Michael parlandogli nell'orecchio, che intanto gira lo sguardo verso di me, o almeno credo, perché nel frattempo si è rinfilato gli occhiali da sole, e mi sorride con discrezione.
In preda ad una visibile agitazione, vado a cercare subito papà che era impegnato in una conversazione noiosissima di lavoro e gli dico con un tono un po’ trafelato:
"Papà io me ne vado, non preoccuparti perché mi faccio accompagnare a casa da un amico."
Lui mi guarda con sospetto e mi chiede:
"Come mai sei così agitata? E’ successo qualcosa?”
Cercando di riacquistare un tono di voce più calmo per non dover dare tante spiegazioni gli rispondo:
“Non è successo niente, solo che ho dovuto girare tutta casa per trovarti. Vado perché sono stanca ed approfitto di un passaggio. Tanto tu ti trattiene vero? A proposito, fammi una cortesia, visto che non riesco a trovare Paolo, salutalo per me, ringrazialo per la compagnia e digli che sono andata via perché si è fatto tardi e sto morendo dal sonno.”
Mio padre, mi fa un sorrisetto sornione, e aggiunge:
“Ah, ma non vai via con Paolo?........ Ok. Glielo dirò, intanto io mi trattengo perché sto parlando di lavoro e, ne avrò ancora per un bel po’.”
Lo saluto con un bacio e mi avvio verso l'uscita, non senza ripassare vicino a Michael circondato ancora da un mucchio di gente e dalle persone della sicurezza ed è proprio da questo gruppo, che di nuovo si distacca la guardia del corpo con la quale avevo parlato prima, che mi segue fino all’esterno della villa.
Una volta fuori posso respirare finalmente un po’ d'aria fresca, fumarmi una sigaretta e soprattutto schiarirmi le idee. La prima cosa che mi domando è che caspita sta succedendo, mi sembra di essere in un sogno, e mentre mi chiedo per l’ennesima volta se avrò capito bene quello che il body-guard mi ha detto o se, quello che credo di aver capito, sia solo frutto della mia immaginazione, associata alla scarsa conoscenza del tutto scolastica della lingua inglese, proprio il bestione, che era lì dappresso, mi si avvicina per parlarmi nuovamente, rivolgendomi una domanda del tutto inaspettata. Con un’espressione abbastanza seria infatti, mi chiede:
“Scusa, ma tu sei una sua fan?”
Lo guardo basita e gli rispondo con un’altra domanda:
“Perché me lo chiedi? Ha qualche importanza per te sapere se sono una fan o no?”
A questa mia replica l’armadio ribatte:
“Scusa se te l’ho chiesto, ma sai, le fan di solito hanno dei comportamenti un po’………aggressivi. Loro lo vogliono toccare, abbracciare, baciare, vorrebbero prendere qualcosa come souvenir, urlano, gridano, piangono, hanno persino delle crisi isteriche quando se lo vedono di fronte, e a lui queste cose non piacciono, e molte volte è successo che i fan più scatenati gli abbiano fatto male fisicamente. Per questo motivo, non ama molto essere toccato. Quello che voglio intendere è che con lui bisogna avere degli atteggiamenti tranquilli, carini, rilassati, capisci?”
Con aria altrettanto seria ed anche un po’ seccata, cercando di trovare le parole adatte gli ribatto:
“Scusa ma tu mi hai vista prima dentro, e hai avuto forse l’impressione che posso essere una che si comporti così? In ogni modo, se questo può farti stare più tranquillo, sinceramente ti dico che non sono una sua fan, anzi per essere del tutto chiara, nemmeno ho mai visto un suo concerto. Soddisfatto ora?”
Dopo questa mia risposta un po’ piccata, noto che il poveretto assume un’espressione un po’ contrita, forse si sta rimproverando per avermi parlato in questo modo, temendo magari di avermi offesa, per cui sforzandosi di sorridermi, conclude affermando:
“Sì, certo l’ho visto, e ti chiedo scusa per averti parlato così, ma sai noi siamo pagati proprio per proteggerlo, da chiunque. E’ il mio lavoro ed io cerco di farlo al meglio.”
Con un tono completamente diverso poi, molto gentilmente, comincia a farmi tutto un discorso, che per afferrarlo nel suo significato, dato che oltretutto parla americano, devo usare tutta la concentrazione di cui sono capace, senza però omettere di farmi ripetere più volte molte parole, chiedendogli di usarmi la gentilezza di parlare molto lentamente. Mi dice infatti:
“Mr. Jackson, tra qualche minuto uscirà e mi ha detto di chiederti se per te è possibile aspettarlo nella sua auto, perché non vuole che qualcuno ti veda andartene via con lui, sai per evitare che la stampa possa scrivere qualcosa di falso, e per i paparazzi, che stanno aspettando all’esterno dei cancelli. Lui non ama che si parli della sua vita privata e soprattutto non desidera che inventino cose sulle persone che frequenta e su di lui, non vere. Se vuoi ora ti accompagno, così potrai sederti ed aspettarlo lì. Mi ha anche detto che si scusa con te per questo, ma come saprai la stampa gli rende la vita impossibile e non solo quella.”
Mentre il mio interlocutore parla, lo guardo con un’espressione sempre più stupita, ma alla fine, afferrando il senso del discorso, e soprattutto ridendo tra me perché non sapevo affatto che la stampa gli stava rendendo la vita impossibile, dando fondo a tutte le mie conoscenze della lingua inglese, rispondo:
“Certo, è una richiesta un po’ strana per me, visto che non mi sono mai trovata in questa situazione, ma se Mr. Jackson lo ritiene necessario, per me va bene, anche se ancora faccio fatica a credere a tutto quello che mi sta succedendo.”
Il body-guard, sempre con quel ghigno che passa per un sorriso, replica solo con un laconico:
“Lo capisco.”
Mi fa un cenno con la mano indicandomi di stargli dietro, e tenendomi a debita distanza lo seguo, dopo aver fatto però un giro largo e guardandomi ripetutamente intorno per vedere se ci fossero occhi indiscreti. Non posso tuttavia, fare a meno di sorridere pensando all’assurdità e alla stranezza di questa situazione, che mi sembra del tutto simile ad un film di spy-story, comunque, non vedendo nessuno, mi avvicino all’auto mentre lui sta parlando con l’autista, almeno credo che sia l’autista poiché, come sono lì d’appresso, questi scatta ad aprirmi lo sportello, che chiude immediatamente non appena sono entrata all’interno della vettura.
Mi siedo e comincio a guardarmi intorno, dato che è la prima volta che mi capita di stare seduta in una limousine, e che forse mai mi capiterà più nella mia vita. Lo spazio tra le due file di sedili a tre posti, collocate l’una di fronte all’altra, è enorme, ci potrebbe entrare un tavolinetto da thè. Tutto è confortevole, c’è un mobiletto bar, il telefono, la televisione e un impianto stereo di ultima generazione, che sta suonando vecchi successi di musica americana.
Mi accomodo meglio sul sedile, stringendomi la stola di pashmina intorno alle spalle per un sopraggiunto brivido di freddo, ed inseguo i miei pensieri che si rincorrono senza tregua, a proposito dell’avventura che sto vivendo.
Intanto mi chiedo, come mai il grande Michael Jackson, con tutte le belle donne, molto più vistose e sexi di quanto lo fossi io, che erano presenti a questa serata, abbia concentrato l’attenzione su di me, che sì, non sono proprio così male, ma che in confronto alla maggior parte di quelle presenti, rientro senz’altro nei canoni di bellezza normali, e che oltretutto non mi sono nemmeno dichiarata come una sua fan, dal momento che ho dovuto confessare di non aver nemmeno visto un suo concerto.
Penso che, forse, è stato attirato proprio da questo, abituato com’è sicuramente ad essere adorato, incensato ed omaggiato in tutto il mondo, soprattutto dal gentil sesso.
Mentre sono concentrata su questi pensieri, sento un tramestio e delle voci che si stanno avvicinando, non oso guardare fuori i finestrini oscurati, perché sono preda di un’agitazione mai provata prima e, l’unica cosa a cui riesco a pensare, è che non so se riuscirò a parlare inglese e soprattutto non so di cosa parlare con lui.
Man mano che le voci si avvicinano, sento le mie mani sudare freddo e sono presa da un tale senso di imbarazzo che vorrei scappare a gambe levate. Non so cosa fare, forse per la prima volta nella mia vita ho un vero e proprio attacco di panico e non so come gestire questa situazione che mi sembra davvero surreale. Non riuscendo a muovere un solo muscolo, giro soltanto gli occhi per vedere ferme davanti alla portiera un gruppetto di persone, poi, dopo altro vociare, di cui non capisco neppure mezza sillaba, finalmente, si fa per dire, lo sportello si apre e Michael entra da solo, sedendosi dalla parte opposta alla mia, mentre io mi rannicchio il più possibile sul mio sedile, pregando mentalmente di diventare talmente piccola da scomparire.
Mentre l’auto comincia a muoversi, lui si gira verso di me e guardandomi con un sorriso imbarazzato mi dice:
“Scusa se ti ho fatto aspettare qui, sei stata molto gentile ad accettare il mio invito.”
Sono ancora talmente agitata che non riesco a formulare un frase di senso compiuto, ed istintivamente mi avvolgo ancora di più nella mia stola, abbozzando una parvenza di sorriso.
Michael accorgendosi del mio gesto mi chiede subito premuroso:
“Ma hai freddo? Non so come scusarmi. Vuoi qualcosa da bere per riscaldarti un po’?”
Facendomi forza, cercando di riassumere una postura meno contratta ed imbarazzata, e schiarendomi la gola, per far uscire un suono intellegibile gli rispondo, cercando di vincere l’imbarazzo:
“No, grazie, non preoccuparti non ho freddo. Ma da bere cosa c’è, io non amo molto l’alcol, bevo pochissimo, però in compenso fumo.”
Lui mi guarda e sempre sorridendo ribatte:
“Anch’io non bevo, e nemmeno fumo. Non so cosa ci sia da bere, ora guardo.”
Apre il mobile e comincia ad elencare:
“Allora vediamo! C’è del whisky, gin, rum, vodka, cola, acqua…………”
Lo interrompo per dirgli:
“Un po’ di vodka, la berrei volentieri, è l’unica cosa che mi piace, insieme al vino rosso.”
Mi guarda ancora sorridendo e versa un po’ di liquore in un bicchiere, che mi porge spostandosi sul sedile centrale, vicino al mio.
Nell’afferrare il bicchiere che mi sta offrendo tocco inavvertitamente la sua mano, istintivamente la ritraggo chiedendo subito scusa, ma lui scoppia a ridere e mi chiede:
“Perché ti scusi? Non mi hai fatto mica male. Ho sentito però che hai le mani freddissime, eppure siamo a luglio e mi sembra che faccia anche caldo. Forse non ti senti bene?”
Gli rispondo, sforzandomi di trovare i vocaboli adatti, che mi succede anche d’estate di avere piedi e mani freddi, e che non deve preoccuparsi.
Con il mio bicchiere in mano poi, gli chiedo di bere qualcosa anche lui, solo per tenermi compagnia, ed infatti vedo che ha afferrato una lattina di Coca-Cola, che alza verso di me simulando un brindisi a cui rispondo con il medesimo gesto.
Comincio a sorseggiare la mia Vodka, che immediatamente mi dà una sensazione di calore e di discreto benessere, mentre anche lui butta giù qualche sorso della sua bibita in un silenzio imbarazzato, rotto solo dalla musica che arriva dallo stereo e che non è più quella di prima ma si tratta di musica classica, per l’esattezza mi sembra di riconoscere dalle prime note lo Schiaccianoci di Tchaikovsky, ed io, che amo moltissimo la musica sinfonica, manifesto il mio compiacimento dicendo però in italiano:
“Ah, questo è Tchaikovsky, bellissimo.”
Michael, che forse l’unica cosa che ha capito è il nome del musicista, si gira verso di me e sorridendomi con un’espressione, che a me sembra un po’ sorpresa, fa di sì con la testa e aggiunge:
“Sì, è lo ………………………Ti piace?”
Ovviamente non capisco la parola, ma immagino che abbia detto il titolo dell’opera, in inglese, per cui rispondo:
“Non so che cosa hai detto, perché non conosco la parola nella tua lingua, ma in italiano è Lo Schiaccianoci, e sì, mi piace molto. Tutta la musica classica mi piace molto, e non solo quella. la bella musica mi piace tutta.”
A questa mia affermazione, lui, per niente modesto, ridendo, ribatte:
“Allora ti piace anche la mia.”
Un po' mentendo, perché non conosco così bene la sua musica, tranne, ovviamente, i brani più famosi sentiti e risentiti ovunque, con una leggera inflessione ironica, ma sorridendo, gli rispondo:
“Sì, certo. Mi piace molto anche la tua.”
Poi mi chiede quali siano miei musicisti classici preferiti ed io gli rispondo:
“Mozart, Beethoven, Baach, Prokovief, Tschostakovich, Mendelsson e tutta la musica Barocca, oltre alla mia opera preferita che è i Carmina Burana di Carl Orff che pur essendo stata scritta negli anni trenta, si basa su canti medievali.”
Mentre sto enunciando le mie preferenze musicali, mi accorgo che il suo sguardo è molto attento e concentrato e nel sentire menzionare i Carmina Burana ho come la sensazione che sia un po’ trasalito, infatti indirizzandomi un largo sorriso mi dice che anche lui ama molto gli stessi musicisti e che la sua opera preferita è proprio quella di Orff, poi come soprapensiero aggiunge:
“Che coincidenza, abbiamo gli stessi gusti, e vedo che te ne intendi anche molto.”
Gli rispondo che le mie cognizioni non sono affatto così profonde, ma che avendo studiato pianoforte da piccola, questo mi ha fatto amare molto la musica, e che adesso, non suonando più da anni, mi diletto solo ad ascoltarla.
Michael, dopo aver saputo che ho studiato il piano, mi appare sempre più interessato a saperne di più sul mio conto e vuole conoscere se oltre alla musica io abbia altri interessi.
Resto un po’ perplessa da tutte queste domande, perché di lui mi ero fatta un’opinione del tutto diversa, non credendolo così interessato alla cultura e, dalla sua reazione, ritengo, che anche lui abbia avuto di me un’impressione differente al riguardo; forse pensava di trovarsi di fronte ad una donna un po’ più fatua e vuota. Comunque alla sua domanda rispondo:
“Mi piace molto l'arte in ogni sua manifestazione, sia essa figurativa come la pittura, scultura e architettura, oppure quella scritta, come la letteratura e la poesia, o quella espressiva come il cinema ed il teatro, che oltretutto frequento a livello dilettantistico.”
Nel parlare di teatro poi, mi soffermo un po’ più a lungo per descrivere, su sua richiesta, le rappresentazioni a cui ho partecipato, sempre però con grande difficoltà linguistica, e con momenti di vera ilarità da parte di entrambi, per poter, io trovare i termini esatti per fargli capire cose che invece lui non riesce a capire, fino a dovermi esprimere a gesti.
Mentre gli parlo, nonostante il mio inglese, molto spesso “maccheronico”, lui mi segue sempre con crescente attenzione e noto che non distoglie mai il suo sguardo da me, sorridendo e muovendo la testa con cenni d’assenso per quello che sto raccontando, poi spiazzandomi completamente, a bruciapelo mi chiede:
“Posso chiederti se sei sposata o se hai qualcuno che ti aspettando a casa?”
Lo guardo con curiosità, perché non capisco a che proposito mi abbia fatto questa domanda, comunque sorridendo gli rispondo:
“No, non sono sposata e non ho nessuno che mi sta aspettando a casa, sono, per così dire, felicemente single. E tu?”
Ora è lui a guardarmi con un’espressione sorpresa e ridacchiando mi dice:
“Ma tu di me non sai proprio nulla! Comunque no, non sono sposato e in albergo………….ih, ih, ih, ih……………….. non mi aspetta nessuno………”
Mentre parla, a stento si trattiene dal ridere, ma sull’ultima frase, la sua risata esplode fragorosa ed inarrestabile, accompagnata da parole spezzate, di cui riesco solo a capire, perché ripetuta più volte:
“It’s fanny.”
Resto sconcertata, non capisco cosa ci trovi di tanto comico in questa cosa. Per cui, mentre Michael sta continuando a sghignazzare, tento di farmi spiegare il perché di tutta questa sua ilarità, che tuttavia sta contagiando anche me, e senza saperne il motivo, gli vado dietro, cominciando a ridere anch’io, mentre continuo a chiedergli:
“Scusa, ma cos’è buffo?”
Ci vuole qualche minuto, prima che entrambi riusciamo a riacquistare una parvenza di serietà. La prima sono io, e non avendo ancora ricevuta risposta gli chiedo nuovamente:
“Adesso puoi dirmi che cos’è buffo? Forse sono io buffa visto che ti faccio così ridere.”
Michael, ora riesce a guardarmi con un’espressione leggermente più seria, e sempre con un tono ridanciano mi risponde:
“Scusa, non volevo dire che tu sei buffa, ma quello che mi hai chiesto è buffo, perché sei una delle poche persone a questo mondo che non sa nulla di me. Non sai nemmeno se sono sposato o no. Trovo strano solo che tu non lo sappia. Scusami davvero, se mi sono messo a ridere, ma è la prima volta che mi capita. Di solito le persone con le quali parlo, di me sanno tutto, o perlomeno pensano di sapere tutto, perché i media non fanno altro che parlare di me. I giornali inventano storie sul mio conto, e i paparazzi sono sempre a caccia di qualche foto esclusiva, da vendere a prezzi altissimi. Davvero credimi non mi era mai capitato prima.”
E’ chiaro che ormai, mi sento davvero in imbarazzo per quello che gli ho chiesto e non sapendo cosa controbattere cerco di rimediare dicendo:
“Mi dispiace, spero solo di non averti offeso. Ma davvero non lo sapevo, non ho mai letto i giornali scandalistici e non seguo, di norma le vicende private delle persone famose. Non ho molto interesse per questo genere di cose. E se ti può far piacere, non so neanche nulla di altre star, come ad esempio, Bruce Springsteen, Sting, Madonna, Bob Dylan, Ray Charles, tanto per citare quelli che mi piacciono, Madonna esclusa ovviamente, perché quella proprio non la sopporto, e questo per quanto riguarda la musica; ma lo stesso vale per le star del cinema. Mi piacciono moltissimo De Niro, Dustin Hoffman, Paul Newman, Kevin Kostner ed altri che non sto a nominare, ma di loro no so se sono sposati o se convivono, se hanno figli o meno. Nemmeno del grande Freddie Mercury per il quale nutro una vera e propria adorazione, prima che morisse, non ho mai cercato notizie sulla sua vita privata, tranne il fatto di aver saputo quando era ancora vivo che era gay, perché qualcuno me lo ha detto, e non certo per averlo letto su qualche tabloid. A me gli artisti interessano solo per quello che mi comunicano con la loro arte, se sono bravi nel loro lavoro per me è più che sufficiente per seguirli, non mi interessa sapere se sono sposati, quanti figli hanno, se sono etero, gay o bisex, o se sono religiosi, atei o miscredenti, perché queste cose non aggiungono o tolgono niente alla loro capacità. Ti sembrerà buffo, ma è così. Quindi se non so nulla di te, non è perché quello che fai non mi piace, ma perché ciò che mi interessa è solo ed esclusivamente la tua arte. Il resto sono solo pettegolezzi, che spesso sono lontanissimi dalla verità.”
Noto che, mentre parlo, Michael mi guarda con un’attenzione crescente e quasi incredula, quindi finita la mia requisitoria, con un tono molto serio mi risponde:
“Non ti devi scusare, e non sono affatto offeso, anzi, sono contento di aver incontrato una persona come te, che sappia così poco della mia vita privata, e vorrei davvero che tutti la pensassero così. Invece, la maggior parte della gente, vuole sapere tutto di un personaggio famoso e questo non lo capisco. Ho sempre cercato di tenere la mia vita privata fuori dai riflettori, ma purtroppo, quelli, quando non hanno niente da scrivere, le cose se le inventano e la gente ci crede. Il potere dei media è enorme, riescono a far passare per vere cose totalmente false e per false cose che invece sono vere. Io odio questo sistema.”
Più rinfrancata da questa sua spiegazione, e comunque ancora incuriosita per la domanda che inizialmente mi ha fatto, gli domando perché mi abbia chiesto se sono sposata.
Lui abbassa gli occhi, e con un leggero imbarazzo mi dice:
“Volevo saperlo per chiederti se ti va di venire da me in hotel, perché mi piace molto parlare con te, e vorrei continuare questa conversazione che trovo anche molto divertente. Potremmo sentire anche un po' di bella musica e veramente mi piacerebbe conoscerti meglio.”
Lo guardo stupita e sul primo momento non so cosa dire. Mi sembra così assurdo che lui, la super-star più famosa del pianeta, possa trovare interessante una conversazione, che si sta svolgendo tra l’altro con una che parla un inglese stentato e traballante, quindi ironizzando su me stessa, rispondo ridendo:
“Mi stai invitando da te, perché forse possiedi un vocabolario di inglese -italiano, così almeno riuscirai a comprendere meglio quello che dico, poiché credo che fino ad ora tu non abbia capito un granchè. Mi scuso, lo so che il mio inglese è pessimo, ma l’ho studiato a scuola e non ho avuto molte occasioni per parlarlo. Immagino che per te debba davvero essere divertente ascoltarmi, anch’io, se fossi al tuo posto, mi troverei molto buffa e non solo perché di te non so nulla.”
Lui scoppia a ridere e mi risponde:
“Non è come pensi, ho capito tutto, o almeno credo! Non parli così male e comunque hai un’ottima pronuncia e per le parole che non conosci ti fai capire benissimo. No, sul serio, non intendevo dire che sei divertente per come parli l’inglese…………….”, poi fermandosi a fissare il mio sguardo incredulo, visto che lo sto osservando con il sopracciglio alzato e un sorrisetto di compiacimento, rettifica, ridendo nuovamente “……………….solo poche volte sei stata un po’ buffa. Dai, davvero sei molto simpatica, aperta e mi piace molto quello che dici. Comunque se non ti va, non ci sono problemi.”
Senza riflettere ulteriormente rispondo:
“Ok. Se davvero ti fa piacere, vengo volentieri, e ti chiedo scusa se a volte ti guardo con un’espressione un po’ idiota, ma a dirti la verità, non mi sembra possibile che io in questo momento stia nella tua macchina a parlare con te, del più e del meno. Ogni tanto penso che sto sognando e che tra un po’ mi risveglierò.”
Lui allora mi guarda sempre sorridendo, ma un po’ più serio e ribatte:
“Perché pensi questo, guarda che anch’io sono un essere umano come tutti, anche se spesso mi descrivono come un extraterrestre.”
A questa sua battuta, replico immediatamente:
“Non volevo dire questo. Quello che intendevo è che tu sei così famoso, sei abituato a frequentare le persone più famose e potenti delle terra e mi sembra impossibile che tu desideri passare un fine serata a parlare con una donna come me, che non ha niente di speciale, ma che anzi è assolutamente normale e comune a tante altre. Comunque, questa cosa mi fa enormemente piacere e sono davvero onorata del tuo invito.”
Michael mi guarda e sempre sorridendo, parlandomi con un tono di voce dolcissimo, mi dice:
“Non penso affatto che tu sia una donna così comune. Ti trovo invece molto interessante perché oltre ad essere colta, sensibile ed amante dell’arte, ma questo l’ho scoperto solo ora, hai avuto un atteggiamento che la maggior parte delle persone non hanno, quando sono in mia presenza.
Con me ti sei comportata in maniera molto semplice, naturale, come se ti trovassi a parlare con uno qualsiasi degli ospiti che erano in quella casa, senza pregiudizi e preconcetti, che quasi tutti hanno nei miei confronti ed io questo l’ho percepito e, ora ne ho avuto anche la conferma; questo tuo modo di fare mi piace molto.
Di solito la gente, quando mi conosce si comporta in maniera diversa da come è normalmente, molti pensano che io sia un presuntuoso, uno che si sente al di sopra di tutto e di tutti, ma non è così; sono molto timido quando mi trovo a tu per tu con le persone e questo viene scambiato per arroganza. Solo pochi lo capiscono e credo che tu l’abbia capito subito, perché sei stata molto gentile, ma nello stesso tempo anche molto sincera; quando mi hai detto infatti che non avevi assistito al mio concerto, in un primo momento ci sono rimasto male, perché io vorrei piacere a tutto il mondo, ma poi ho apprezzato che tu non abbia cercato di compiacermi, come invece fanno quasi tutti, dicendo magari una bugia che tanto nessuno avrebbe potuto smentire, io per primo, perché certo non posso sapere chi sia venuto a vedermi o meno, per me dal palco è impossibile riconoscere dei volti.
Non hai nemmeno cercato, come fanno di solito molte donne, di attirare la mia attenzione con atteggiamenti forzati o esibizionisti, sei stata semplicemente te stessa, e questo mi è piaciuto molto, ecco perché ho voluto conoscerti.
Di solito quando sono in tour, vengo a contatto con tantissima gente, la maggior parte della quale, nella migliore delle ipotesi, mi avvicina solo per potersi vantare con gli altri di avermi conosciuto, di avermi stretto la mano o di essere stati a cena con me, e nella peggiore delle ipotesi per poter avere un ritorno economico, o di immagine, soprattutto se è gente che gira nel mondo dello spettacolo.
Ecco perché di solito non amo dare molta confidenza, ed ecco perché la maggior parte del tempo, quando non mi esibisco, la passo da solo; non mi fido molto di coloro che mi avvicinano, ovviamente questo non vale per i miei fan che magari passano le giornate e le nottate intere sotto le finestre dell’albergo solo per vedermi affacciare ad una finestra per qualche minuto. Ecco in quel caso, se io potessi, vorrei scendere in strada in mezzo a loro per poterli abbracciare tutti e ringraziarli ad uno ad uno del loro amore, della loro dedizione e del loro supporto, che da parte loro c’è sempre, ovunque io vada. Ma non posso farlo perché a volte per dimostrarmi il loro amore si scatenano e questa cosa mi fa paura, perché può diventare molto pericolosa.
Tu non hai idea di che cosa sia vedersi circondato da centinaia di persone, a volte anche migliaia, che vogliono toccarti, abbracciarti, baciarti o prendersi qualcosa di te che ti appartiene, è una sensazione tremenda, di paura vera. Questa cosa però mi fa molto soffrire, e ogni tanto voglio incontrare qualcuno di loro per poterli conoscere e ringraziarli di tutto quello che fanno per me. Lo so che gli altri ci restano male e mi dispiace, ma non posso incontrarli tutti, perché per poterlo fare ci vorrebbero giornate intere.
Con te però è stato diverso, lo so che non sei una mia fan, l’ho capito subito, ma so, e credo di non sbagliarmi, che di te mi posso fidare. Hai qualcosa nello sguardo di così dolce ma anche intenso e penetrante, quando parli i tuoi occhi esprimono quello che dici, sono sinceri e buoni, e questo è quello che mi ha subito attratto, per questo desidero saperne di più di te, e questo come ti ho appena detto non capita spesso.”
Mentre Michael mi parla molto lentamente e con un’ottima pronuncia inglese per facilitare la mia comprensione, presto a questa sua lunghissima confessione tutta l’attenzione di cui sono capace, interrompendolo solo poche volte per farmi spiegare meglio qualcosa che non ho capito appieno, e mentre continuo a domandarmi per quale motivo egli senta il desiderio di confidarsi con una che ha appena conosciuto, mi assale nei suoi confronti una indicibile tenerezza, perché ciò che più mi colpisce nel suo racconto, è saperlo profondamente solo.
Improvvisamente riesco anche a dare una risposta a tutte le mie domande; egli desidera solo un po’ di calore umano, come tutti del resto, e di poter parlare, solo per poche ore magari, in una calda fine serata di questa estate romana, con una donna normale come appunto sono io, conosciuta per caso in una festa in suo onore, che non essendo né del suo ambiente, né una sua fan e sapendo molto poco di lui come personaggio, possa capirlo ed apprezzarlo semplicemente come uomo, proprio perché libera da sovrastrutture e da stupidi pregiudizi, che di solito la maggior parte delle persone nutre, nei confronti dei personaggi famosi.
Egli desidera solo mettere a nudo la sua anima, per potersi liberare, anche se solo per un esiguo lasso di tempo, di quella maschera che deve sempre indossare ogni qualvolta si espone in pubblico.
Per questo, mi viene spontaneo, dopo averlo sentito parlare così, anche se all’inizio con un po’ di titubanza, prendergli la mano per stringerla tra le mia in un gesto di pura amicizia, per fargli sentire tutta la mia umana solidarietà, sperando con questo piccolo gesto, di potergli alleviare la sofferenza della sua anima, che mi appare immersa in una sterminata solitudine.
Michael mi guarda di nuovo con intensità, e rispondendo alla mia stretta, mi dice quasi bisbigliando:
“Grazie! Non mi sono sbagliato sul tuo conto.”
Poi, togliendo la sua mano dalla mia, mi abbraccia forte attirandomi verso di sé. Dopo un brevissimo momento di perplessità rispondo al suo abbraccio, dapprima timidamente, ma poi con maggiore intensità perché sento che lui in questo momento, ha bisogno di questo.
La sua guancia è contro la mia, ed io sento i suoi capelli morbidissimi sul mio volto e sono letteralmente inebriata dal suo profumo. Penso, anche di essermi impazzita, per accettare un invito da un uomo che conosco da appena un paio d'ore. Ma stando seduta accanto a lui, mi sento così tranquilla e rassicurata che non temo niente.[Modificato da malabi 23/05/2010 21:22] |