| | | Post: 413 | Registrato il: 21/07/2009 | Sesso: Femminile | Invincible Fan | | OFFLINE |
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23° CAPITOLO
Michael è appena andato via, dal suo appartamento mi giunge la sua voce insieme a quelle dei suoi ospiti, decido quindi, di uscire sulla bellissima terrazza per dare un’occhiata fuori e per prendere finalmente una boccata d’aria.
C’è ancora un sole splendente e guardando in basso, vedo un meraviglioso parco con almeno sei o sette piscine, quasi tutte comunicanti tra loro, immerse nel verde. Lo spettacolo che mi si offre è talmente allettante che decido di scendere per andarmi a fare un bagno e prendere, se possibile, un po’ di sole.
In fretta, torno in camera da letto, prendo la borsa da viaggio, ci frugo dentro e finalmente trovo un bikini, che indosso con sopra un vestitino bianco con le bretelline, che fortunatamente mi ero portata come cambio, mi infilo le infradito, prendo con me un grande telo da bagno ed esco dalla suite.
Nel corridoio seduto su una poltrona scorgo Tommy che sta chiacchierando con un’altra guardia del corpo. Non appena mi vede uscire si alza di scatto, viene verso di me, questa volta con un’espressione meno torva delle altre volte e, accennando ad un pallido sorriso, mi chiede dove desidero andare.
Gli rispondo sorridendo, se mi può accompagnare alle piscine e lui molto educatamente mi dice che lo farà con piacere.
Stupefatta da tanta gentilezza, lo guardo un po’ di sottecchi, poi, sorridendogli nuovamente, lo ringrazio.
Lui mi fa strada fino all’ascensore e, dopo aver aperta la porta con la chiave mi cede il passo per farmi entrare.
Una volta dentro, per rompere il ghiaccio, gli dico:
“Mi dispiace averti disturbato, sarei potuta scendere anche da sola, ma Michael ha tanto insistito per farmi accompagnare da qualcuno.”
Al che lui sempre accennando ad una specie di sorriso mi risponde:
“Nessun disturbo, è il mio lavoro. Mr. Jackson, mi ha riferito che tu preferivi che ti accompagnassi io, e a me fa piacere farlo.”
Lo guardo di nuovo sorridendo, ma mentre aggiungo che, da parte sua, è gentile dirmi, che è contento di accompagnarmi, penso che caspita sia venuta in mente a Michael di fargli credere che preferivo essere accompagnata da lui. Boh, vallo a capire!
Comunque ormai siamo arrivati a destinazione, usciamo dall’ascensore e Tommy mi fa strada; attraversiamo una grandissima sala dove sono disposti divani, poltrone e tavolini, con pareti tutte a vetri, dalla parte opposta infatti si esce nel bellissimo giardino dove sono situate le piscine.
Arrivati all’esterno, il mio accompagnatore, sempre con quella specie di sorriso che, a guardarlo bene, sembra più un ghigno, con un mezzo inchino mi dice:
“Ecco madam, qui ci sono le piscine. Se hai bisogno di qualcosa, io sono qui dentro.”
Lo guardo sconcertata, ma per meglio dissimulare la mia sorpresa, sempre sorridendo gli chiedo:
“Come resterai qui? Ti ringrazio ma davvero non c’è alcun bisogno che tu ti trattenga qui per me. Puoi tranquillamente ritornare su, o andare dove preferisci, ma non voglio che tu te ne stia qui ad aspettare i miei comodi.”
Mentre gli parlo vedo che lui fissandomi con un’aria un po’ imbarazzata, scuote la testa e mi risponde:
“Senti, per me non è nessun problema aspettare qui. Mr. Jackson me lo ha chiesto espressamente, mi ha raccontato, infatti, che non ti sei sentita bene e lui è più tranquillo se vicino a te c’è qualcuno dei suoi, visto che in questo momento lui è impegnato. Anzi, mi ha anche detto di preoccuparmi affinchè tu possa mangiare qualcosa.”
Sono sempre più stupita e, questa cosa mi sta facendo innervosire alquanto, ma vedendo che Tommy ha assunto un’aria da cane bastonato, poiché, forse intuendo la mia reazione, non osa nemmeno più guardarmi ma anzi continua a fissare un punto non meglio precisato del pavimento, non me la sento di infierire contro di lui, che poveraccio, tutto sommato sta solo facendo il suo lavoro, ubbidendo agli ordini di Mr. Jackson.
Per cui facendo buon viso a cattivo gioco, ma fulminandolo con lo sguardo aggiungo:
“Ok. Aspettami pure qui, se questo ti ha ordinato il tuo capo!”
Mi avvio verso le piscine ma sono talmente furibonda con Michael che
se lo avessi qui davanti lo strozzerei. Mi chiedo, se è possibile che si debba fare sempre quello che vuole lui, e non solo, prima fa finta di assecondarmi, per poi fregarsene altissimamente di quello che effettivamente desidero.
Capisco che sia un po’ preoccupato per il mio malore, ma tutta questa premura, tanto da mettermi alla costole un cane da guardia mi sembra davvero eccessiva.
Immersa nelle mie elucubrazioni mentali su Michael, arrivo a grandi passi di fronte ad una grande piscina di forma rotondeggiante e senza nemmeno guardare chi ci sia intorno butto l’asciugamano su un lettino, mi sfilo il mio abito e mi tuffo, sperando così di far sbollire la rabbia.
Faccio le prime vasche nuotando con una tale furia che a qualche osservatore potrebbe sembrare che mi stia allenando per i mondiali, poi riacquistando un po’ di calma, rallento il ritmo e comincio a godermi maggiormente, la piacevolezza di essere immersa in un’acqua così tiepida, che mi avvolge come una morbida coperta.
Cambio stile per rilassarmi, nuotando a dorso, che tra l’altro è quello che mi riesce meglio. Continuo a pensare a Michael, non so nemmeno quante volte riesco a fare su e giù senza riposarmi, poi però, sentendo che il fiato diventa un po’ corto, mi fermo per riposarmi un pochino, verso il bordo più basso della vasca.
Appoggiata al gradino, guardandomi intorno, noto che ci sono non molte persone che stanno sedute o distese sui letti a prendere il sole, mentre qualche cameriere, si aggira tra i viali, pronto a rispondere alle chiamate degli ospiti. Tutto intorno ci sono degli alberi verdissimi e delle enormi fioriere, piene di bellissimi fiori dai sgargianti colori.
E’ davvero un posto incantevole ed inevitabilmente, mi ritrovo a pensare a quanto tutto ciò, sarebbe piaciuto alla mia bambina.
Il pensiero di mia figlia, che sta dall’altra parte del mondo e che non vedo ormai da quattro giorni, mi provoca una nostalgia così struggente che di colpo mi riporta con i piedi per terra.
Il desiderio di rivederla ed abbracciarla è così forte che spazza via ogni altro desiderio, se non quello di tornare a casa il più presto possibile, poiché mi rendo conto, che senza la sua costante presenza, i suoi abbracci, i suoi baci e le sue continue dichiarazioni d’amore, io non potrei vivere.
Mi domando, come se improvvisamente davanti ai miei occhi si fosse squarciato un velo, cosa diavolo ci faccio qui, in compagnia dell’uomo più famoso del pianeta, che ora nella sua suite super lussuosa sta discutendo dei suoi affari che valgono milioni di dollari, mentre io, sto nuotando in piscina per ingannare l’attesa, aspettando che mi conceda un po’ del suo preziosissimo tempo.
La risposta è una sola, niente! Perché so con certezza matematica che questo non porterà a niente, non può portare a niente di positivo.
Troppo distanti, nei luoghi, nei tempi, negli affetti; troppo diversi, nella vita passata, presente e futura, nelle aspirazioni, nella mentalità, nelle esperienze.
So per certo, che nonostante io abbia amato Michael e, continui ora ad amarlo ancora più di prima, mai potrei rinunciare alla mia vita per lui e, tantomeno lui, che non so nemmeno se mi ami o se sia semplicemente infatuato, possa rinunciare a qualcosa della sua vita per me.
So per certo anche, e questo è quello che mi terrorizza maggiormente, quando penso al mio futuro prossimo, che tutto ciò mi porterà sofferenza, poiché, il dolore che proverò nel lasciarlo sarà tale e tanto che mi farà star male da morire e per lungo tempo; tale dolore poi, sarà ancora di più alimentato dalla consapevolezza che probabilmente non lo rivedrò mai più.
Ora, sono talmente triste che lo sconforto mi sovrasta, quindi, mentre mi do dell’idiota per essermi fatta sopraffare dai sentimenti, invece che dalla razionalità, come sarebbe stato saggio fare, per evitare sofferenze sicure e già provate, non riesco a trattenere le lacrime.
Nel mio cuore c’è l’inferno, da una parte vorrei scappare, perché so che, se lo facessi ora, forse riuscirei a venirne fuori con meno ammaccature possibili; dall’altra però il solo pensiero di poter passare ancora del tempo con l’uomo che amo, sentire la sua voce, la sue risate, vedere i suoi occhi così belli, espressivi, intensi che non sanno nascondere le emozioni, assaporare i suoi baci dolci e appassionati, perdermi nei suoi abbracci, sentire il suo corpo contro il mio e fare di nuovo l’amore con lui, mi provoca un tale turbamento ed un tale desiderio di lui da farmi star male.
Per la prima volta nella mia vita non so davvero cosa fare, sono triste, confusa, arrabbiata con me stessa, nonchè con la sorte, che me lo ha fatto incontrare di nuovo, ma sono, soprattutto, disperata, dato che non riesco a ragionare con lucidità.
Mentre esco dalla piscina per andarmi a riscaldare al sole, pur continuando a domandarmi cosa devo fare, quale sia la cosa migliore da fare, non riesco a darmi una risposta.
Mi stendo al sole ancora così presa dai miei lugubri pensieri, che quasi non mi accorgo, che uno zelante cameriere si è avvicinato per chiedermi se desiderassi qualcosa.
Lo guardo con aria stralunata, però senza rendermene conto, gli rispondo in italiano che vorrei un succo d’arancia, poi accortami dell’errore, sto per ripeterlo in inglese, quando il cameriere, sorridendo tutto contento, mi risponde che ha capito benissimo.
Sono sorpresa, ma lui, sempre sorridendo, aggiunge con aria complice:
“Signora, non si preoccupi, sono italiano anch’io.”
Il potere della conterraneità, quando si è all’estero, è davvero straordinario. Sentire quest’uomo parlare la mia lingua in questo momento, sarà stupido, ma mi riempie di gioia, mi fa sentire meno sola, mi conforta, mi scalda l’anima, è come aver ritrovato un amico che si pensava perso per sempre.
Lo guardo grata e gli chiedo da dove viene e da quanto tempo vive in America.
Lui mi risponde che è Toscano di un paesino vicino Lucca, e che vive qui ormai da trent’anni. Era venuto in America, con la scusa di far visita a dei suoi parenti che vivono in California, per vedere se fosse riuscito a trovare lavoro poiché, il suo sogno era trasferirsi qui ed Infatti, così era stato.
Gli chiedo allora come si è trovato e se sia pentito della sua scelta, e lui con un po’ di malinconia nella voce mi dice che sì qui sta bene, è contento, ha una moglie americana, due figli che studiano, tuttavia la nostalgia dell’Italia è forte e non vede l’ora di poter andare in pensione per tornare al suo paese.
Replico che lo capisco, tanto più che la Toscana è una delle regioni più belle d’Italia e che Lucca in particolare è un gioiello, quindi niente a che vedere con Las Vegas così finta e artificiale.
Mi sorride compiaciuto, poi mi chiede se invece io sia qui per turismo. Gli rispondo di sì, ma che mi tratterrò forse solo fino a domani. Gli domando come si chiama e lui mi risponde:
“Piero, ma qui mi chiamano tutti Peter, sa è più facile in inglese.”
Gli dico che se non gli dispiace io continuerò a chiamarlo Piero e
lui sempre sorridendo afferma:
“Certo che mi garba, ci mancherebbe, è il mio vero nome. Ora però, bella signora, le porto il suo succo d’arancia.”
Ricompare dopo qualche minuto con un bicchiere enorme decorato da piccoli frutti tropicali e tutto soddisfatto, mentre me lo porge, mi dice:
“Mi sono permesso di aggiungere qualche rinforzino, qui se c’è una cosa che sanno fare bene, è preparare queste bevande che solo a guardarle ti vien l’acquolina in bocca. Questo è un succo speciale per una signora speciale come lei.”
Lo ringrazio, sorridendogli grata per la sua simpatia, cordialità e gentilezza.
Poi sempre gentilmente mi mette davanti un cartoncino e mi dice:
“Ecco signora, se vuole scrivere qui, il numero del suo appartamento con la sua firma, le verrà addebitato direttamente sul suo conto.”
A queste parole vengo presa dal panico, oddio adesso che faccio, se scrivo il numero dell’appartamento di Michael con la mia firma,
rischio che si venga a sapere che sono sua ospite e, se poi qualcuno, magari Piero stesso, si volesse vendere l’informazione alla stampa, potrebbe succedere un tale caos, che al solo pensarci mi vengono i sudori freddi.
Al che, cercando di mantenere una calma apparente e, con fare disinvolto, chiedo a Piero se non sia possibile pagare direttamente, visto che essendo ospite di amici non voglio far gravare sul loro conto anche le mie consumazioni extra.
Lui mi guarda con un’aria un po’ strana, però mi risponde che pensa si possa fare, ma deve andare a chiedere.
Dopo un po’ torna e, sorridendo, mi annuncia tutto soddisfatto che posso pagare, se lo desidero, con la carta di credito.
Tiro un respiro di sollievo e, cercando nella borsa, che fortunatamente ho portato dietro, trovo la mia Visa, gliela porgo con un sorriso smagliante, ringraziando il cielo per avermi fatto incontrare un cameriere italiano e, per lo scampato pericolo:
Quando Piero ritorna con lo scontrino da firmare per la transazione eseguita, gli allungo grata 10 dollari di mancia; se li è meritati tutti.
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