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Intervista a Harrison Funk: «Vi racconto il Michael Jackson che non avete mai conosciuto»

Ultimo Aggiornamento: 27/06/2018 17:19
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22/06/2018 00:40
 
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Il fotografo ufficiale di Michael Jackson: “Lui non si identificava in un solo genere”



Harrison Funk ha trascorso tre decenni di montagne russe immortalando la straordinaria vita del re del pop. Qui rivela le storie che si nascondono dietro i suoi scatti preferiti, dagli abbracci con Mandela al maneggiare un piumino da cipria nel backstage.

“Io e Michael avevamo il nostro linguaggio”, dice Harrison Funk. “La parola d’ordine era sempre la stessa. Lui chiedeva ‘Harrison, puoi fare una magia?’ Nulla di meno era accettabile”. Funk fu il fotografo che si avvicinò a Michael Jackson più di chiunque altro, lavorando con il cantante dalla fine degli anni ’70 dritto fino alla sua morte nel giugno del 2009, testimoniando e immortalando tutti i suoi cambiamenti, il modo in cui la star è diventata la persona più famosa del pianeta.

Funk nacque 12 giorni prima di Michael Jackson, il 17 agosto 1958, appena fuori da Brooklyn. Venne ispirato a prendere in mano la macchina fotografica da suo zio, Leo Friedman, un famoso fotografo di Broadway. Iniziando con la fotografia di strada e facendo servizi fotografici per le partite di basket locali, Funk lavorò fino a raggiungere riviste come Time, Life e Newsweek. Ma l’occasione di incontrare Michael Jackson al famoso nightclub Studio 54 di New York portò la carriera di Funk in tutt’altra direzione.

Impressionato dalla sua versatilità, Jackson assunse Funk come fotografo personale del Victory Tour dei Jacksons nel 1984. Funk racconta di aver percepito in fretta il circo mediatico che stava iniziando a crearsi intorno al cantante: “I collaboratori di Rupert Murdoch chiamarono e praticamente mi pregarono di rilasciare una foto di Michael durante le prove. Lo dissi a Michael e ci ridemmo su – ma il fatto che glielo avessi riferito stabilì un rapporto di fiducia.”

Successivamente, durante il Victory Tour, a Funk venne dato un accesso al cantante senza precedenti. Una foto privata scattata da Funk immortala Jackson mentre si applica del makeup, fatto di cui è molto orgoglioso. “Lui e Jermaine [Jackson] adoravano truccarsi da soli”, racconta il fotografo, il quale aggiunge che Michael divenne sempre più interessato al suo aspetto esteriore, più determinato ad apparire curato, sotto l’influenza di mentori come Gene Kelly, Fred Astaire e James Brown.



La routine del trucco di Jackson, aggiunge Funk, era anche segno della fluidità di genere del cantante: “Non si trattava tanto di femminilità in Michael quanto di androginia – era flessibile nel genere. Michael non aveva interesse ad assegnare un genere a nessuno”. In quel periodo, ricorda, “non si identificava apertamente in nessun genere particolare”. Ad ogni modo, quando Jackson diventò padre, la sua immagine cambiò in quella “di padre”, dice Funk. “Diventò un uomo forte in quel senso”.

Nel corso del Victory Tour, Funk assistette ad occasionali momenti di crisi emotive. “Non fatevi ingannare”, dice lui. Michael visse momenti molto impegnativi. Se non gli piaceva qualcosa, te lo faceva sapere. Michael non mi mise mai in ridicolo, ma se qualcuno metteva in disordine il design del suo palco, allora gli avrebbe urlato contro. Lui si aspettava la perfezione”.

Il sold out del Victory Tour fu un punto di svolta per Jackson. Soltanto due anni prima aveva pubblicato Thriller con acclamazioni stratosferiche e il circo mediatico stava iniziando ad andare fuori controllo. Le immagini tuttora più iconiche di Funk su Jackson non appartengono al suo indiscusso regno degli anni ’80, ma a quello degli anni ’90 – quando gli album Dangerous e HIStory segnarono un’evoluzione del cantante in un artista più socialmente consapevole, che poteva essere sia profondo (Black of White) che ridicolo (il complesso del messia in Earth Song fu così sconvolgente da portare Jarvis Cocker ad assaltare il palco durante i Brits del 1996).

In uno degli scatti preferiti da Funk di quel periodo, si può vedere Jackson mentre tiene le braccia in una posa quasi biblica. “La gente pensa che Michael avesse il complesso di Gesù”, dice, “ma questo mi fa irritare molto, perché non era affatto vero. C’era una ragione pratica per cui avevo scattato quella foto. Michael aveva delle mani molto grandi e volevo sfruttarle al massimo data la loro espressività – e dargli modo di abbracciare il mondo. A quel punto, la sua intera esistenza puntava verso la guarigione del mondo, quindi avere mani grandi ed espressive era un modo molto importante di comunicare con la gente. Per il modo in cui comunicava con le mani” aggiunge il fotografo “avresti pensato che fosse italiano!”

Un’altra foto di Funk mostra Jackson che si tiene un libro di fronte al viso. È una fotografia estremamente personale concepita come pubblicità della World Book Enciclopedia, che sarebbe stata poi distribuita nelle classi scolastiche americane. “Il direttore artistico mi diede carta bianca per fare ciò che volevo, quindi volli davvero spingermi oltre i limiti del possibile. Gli occhi di Michael erano la sua caratteristica più significativa, molto più dei suoi piedi. Sapevo di poter catturare la sua anima focalizzandomi sui suoi occhi ed è esattamente ciò che accadde con quella foto”.



Ma Jackson si stava davvero coprendo il viso per via della timidezza? “Forse. Ma la sua timidezza e introversione non ostacolò mai la pubblicità di lavorare con me come fotografo. Michael sapeva esattamente cosa voleva artisticamente, fino probabilmente agli ultimi due anni della sua vita, in cui era stato influenzato dalle persone sbagliate e non era più in grado di pensare con la sua testa.

Questo era il periodo del This Is It Tour, che Funk avrebbe dovuto fotografare. Jackson era pronto a suonare 50 date in rapida successione all'O2 Arena di Londra. Ma, 20 giorni prima della serata inaugurale, è morto per arresto cardiaco, innescato da un'intossicazione acuta da anestetici. “Per quanto non mi piaccia parlare della sua fine”, dice Funk, “dirò che è stato distrutto da persone che avevano a cuore solo i propri interessi finanziari. Posso dirvi che gran parte dei suoi piani che avrebbero seguito il This Is It Tour riguardavano il lavoro di beneficenza e l’usare la sua influenza per migliorare l'umanità”.

Nel 2003, Jackson fu accusato di molestie su minori, solo per essere assolto in seguito. Il ricordo fa tuttora arrabbiare Funk. “Tutte le accuse e le schifezze che ha subito”, dice. “Lasciate che vi chieda questo: qual è un modo migliore per rovinare qualcuno che sta facendo enormi cambiamenti positivi per i bambini del mondo piuttosto che screditarli?”

La consapevolezza di Jackson circa il potere della fotografia fu forse illustrata meglio nei primi anni '90, quando chiese a Funk di immortalarlo con Elizabeth Taylor e Nelson Mandela, che era stato recentemente rilasciato dal carcere. L'immagine, che Funk descrive come il momento clou della sua carriera, mostra il trio che sorride in modo contagioso.



“Mandela era così entusiasta di incontrare Michael,” racconta Funk. “Volò con tutta la sua famiglia in via eccezionale. I pubblicitari mi dissero che non avevo tempo per scattare fotografie, ma Michael li buttò tutti fuori e mi diede tempo. Non volevo una foto noiosa, quindi suggerii che si saltassero addosso e si abbracciassero l’un l’altro. Liz Taylor disse: “Harrison, lo sai che ho mal di schiena!” E Nelson disse di essere troppo vecchio e scherzando voleva invece alzare i piedi all’insù. Provai ad immortalare la gioia di questo incredibile momento.”

Funk guardò poi i tre entrare in una sala riunioni per discutere dei piani per rovesciare l'apartheid, migliorare i diritti delle donne, affrontare la crisi dell'Aids e affrontare il crimine in Africa. Egli sostiene che Jackson fosse molto consapevole di come la fotografia potesse aiutare la campagna di Mandela per la presidenza sudafricana.

“Quell’immagine finì in qualcosa come 400 giornali. Fu davvero potente. L’anno successivo, Michael andò in Africa per girare il video di They Don’t Care About Us. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per Nelson – Michael e Liz offrirono alla sua campagna presidenziale una donazione molto generosa. Credo che lui e Nelson andassero così d’accordo perché Michael era come il Mandela della musica, anche lui aveva rotto molte barriere. Ricordiamoci, Michael è stato uno dei primi neri a diventare una superstar mondiale.”

Ma l’immagine di Jackson cominciò a cambiare drasticamente. Alcuni critici accusarono il cantante di vergognarsi del colore scuro della sua pelle e di avere una pericolosa ossessione per la chirurgia plastica. In una recente intervista, il produttore di Thriller, Quincy Jones, ha detto: “Ero solito bloccare [Michael] con la chirurgia plastica, amico. Ma lui avrebbe sempre giustificato e avrebbe detto che era a causa di qualche malattia che aveva. Cazzate... aveva un problema con il suo aspetto perché suo padre gli aveva detto che era brutto e lo aveva maltrattato. Che cosa ti aspetti?”

Funk, comunque, insiste sul fatto che Jackson sia stato effettivamente vittima di una campagna mediatica “crudele” e che soffriva di vitiligine, una malattia della pelle che distrugge i pigmenti (un fatto confermato dal dott. Christopher Rogers, che ha effettuato l'autopsia di Jackson). “Erano tutte un mucchio di cazzate”, dice Funk di quelle accuse. “Non voleva sembrare bianco o trovare una via di fuga. Era immensamente fiero di essere un uomo di colore. Michael soffriva di una terribile malattia della pelle, che cambiò il suo aspetto, e come suo fotografo dovevo adeguarmi a questo e adattare l’illuminazione. Credo che il problema fosse che Michael voleva che la sua pelle fosse di un tono uniforme. Allora non avevo Photoshop a disposizione, quindi illuminavo Michael e avevo tecniche specifiche per farlo apparire al meglio.”

Funk, che sembra avere una serie infinita di storie riguardo a Jackson, parla sottovoce con un accento newyorkese, rievoca energicamente i loro nove giri consecutivi sulla Space Mountain a Disneyland. Jackson tentò di convincere Funk a fare un decimo giro, ma a quel punto il fotografo si sentì male e le sue gambe si erano trasformate in gelatina. I due erano soliti fare un giro anche sulla barca dei vichinghi al Neverland ranch di Jackson.

“Ero seduto di fronte a Michael”, racconta Funk, “gli scattavo foto con la mia macchina fotografica, mentre diceva al tizio che guidava la corsa di andare sempre più in alto. Gridai a Michael che mi avrebbe fatto perdere la macchina fotografica. Lui gridò a sua volta: “Non voglio perdere i miei biscotti!” Li teneva nella tasca della camicia.

Eppure, nonostante tutto il divertimento che hanno condiviso, il ricordo più caro di Funk legato a Jackson è di un momento buio. Ricorda di essersi seduto con il cantante nel teatro del suo Neverland ranch mentre guardava “What’s Love Got To Do With It”, il film biografico del 1993 sulla relazione violenta tra Ike e Tina Turner, quando Jackson iniziò a piangere. “Stava andando in onda la scena in cui Ike picchiava Tina e Michael ha iniziato a piangere. Gli chiesi se volesse che staccassi il film, ma lui fece cenno di continuare. Mi strinse forte la mano. Ho davvero sentito la sua umanità in quel momento.
Dopo la fine del film, uscimmo dal teatro e Michael mi chiese di andare a giocare agli autoscontri con lui” ride Funk. “Giocammo abbastanza selvaggiamente e ci divertimmo davvero molto. Era come un ragazzino”.

Jackson non è stata l'unica star che si è rivolta a Funk. Il fotografo sta attualmente organizzando una mostra londinese del suo lavoro, che comprende anche scatti di David Bowie, Tina Turner e Amy Winehouse, anche se, naturalmente, il re del pop predominerà. Questo sarà un poscritto interessante per On the Wall, la mostra che sta per aprire alla National Portrait Gallery che analizza come Jackson sia stato ritratto nei dipinti e nella fotografia.

Funk, che ha sede a Los Angeles, è abbastanza felice di lasciare che la sua carriera venga delineata dai suoi scatti di Jackson. Mentre sogna ad occhi aperti, a volte sente la voce del cantante pregarlo ancora una volta. “Facciamo magie”, sente dire.



Fonte The guardian


Traduzione a cura di Vittoria Moccia e Giusy Mascolo per MJFS
[Modificato da Morphine95 22/06/2018 01:18]




22/06/2018 10:15
 
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22/06/2018 16:40
 
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Interessante....Grazie.
23/06/2018 15:28
 
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un riassunto biografico degli ultimi 30anni di mj. Bellissima intervista,e non sapevo che voleva girare il video di TDCAU un africa. Grazie morphine. [SM=g27811]

La musica è una sostanza pesante senza effetti collaterali. (Gigi D'Agostino)
23/06/2018 19:09
 
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Non so voi, ma a me la parte dei biscotti in tasca ha fatto impazzire. Che soggetto!

Poi devo dire che veder difendere Michael così a spada tratta da un personaggio pubblico che può dire di averlo conosciuto BENE è stata una soddisfazione.




23/06/2018 21:08
 
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Si fa ridere molto

La musica è una sostanza pesante senza effetti collaterali. (Gigi D'Agostino)
25/06/2018 07:48
 
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Come dicevo sul gruppo fb grazie mille per aver tradotto quesTa intervista. Ancora ogli ne sto parlando mi ha colpita molto e per doversi aspetti.
Grazie per tutto il lavoro che fate per noi e per mantenete vivo il suo ricordo.
27/06/2018 17:19
 
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Bellissima questa intervista. Grazie di averla scovata [SM=g27811]


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