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G. Mazzola, intervistato da "Invincible Mag", racconta del suo rapporto con Michael Jackson

Ultimo Aggiornamento: 06/01/2017 01:01
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27/09/2016 07:39
 
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Il nostro Giuseppe Mazzola (Mangu_7) non ha mai amato parlare delle esperienze private vissute con Michael Jackson. Fan da sempre, il fotografo e artista palermitano - nonché staff member di MJFanSquare - conobbe il Re del Pop nel lontano 1996, instaurando con lui un rapporto diretto destinato a durare molti anni.

Per la prima volta in assoluto, Giuseppe ha voluto rendere pubblici parte di quei ricordi tanto gelosamente custoditi. E lo ha fatto in un'intervista concessa alla più celebre rivista jacksoniana al mondo in lingua francese, Invincible Mag, in uscita il prossimo 30 settembre; e della quale vi proporremo, in esclusiva, la traduzione integrale in italiano.

Un'occasione per scoprire qualcosa in più su Michael, attraverso la testimonianza di chi ha avuto l'immensa fortuna di conoscere l'Uomo che è stato, prima ancora che l'entertainer.

Seguite questo topic per i prossimi aggiornamenti.

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EDIT 06/10/2016

::: INTERVISTA ESCLUSIVA :::

G. MAZZOLA: «VI RACCONTO DI ME E MICHAEL JACKSON»




Pubblichiamo di seguito - in esclusiva italiana - la traduzione integrale dell'intervista concessa da Giuseppe Mazzola​ a Invincible Mag​, nella quale il fotografo e artista palermitano - nonché staff member di MJFanSquare - racconta, per la prima volta in assoluto, il suo rapporto personale con Michael Jackson​.

Ripercorrendo i ricordi di quegli anni della sua vita, come sentieri indelebili di un luogo lontano ma mai dimenticato, Giuseppe ci offre uno scorcio di inestimabile valore sull'aspetto più umano, intimo e spirituale del Re del Pop.
Lo fa attraverso aneddoti inediti e riflessioni personali, dalle quali emergono un amore e un'ammirazione che trascendono qualsiasi residuo di fanatismo, per far spazio a un'amicizia discreta e leale, empatica e stimolante, potente e liberatoria.

Quello di Giuseppe e Michael è l'incontro tra due anime simili, accomunate dalla passione per l'arte ma anche da un'elaborazione del dolore del tutto personale; trasmutato e orientato a una perpetua attenzione verso l'esterno, alla cura degli ultimi e degli invisibili, ai valori dell'umiltà e della gentilezza, all'ascolto sincero e alla comprensione di ogni diversità.

Grazie ai racconti dell'artista palermitano, abbiamo oggi l'ennesima testimonianza di come Michael riuscisse sempre a "vedere oltre", penetrando gli strati superficiali della coscienza umana e cogliendone gli aspetti più oscuri e contraddittori, per poi dissolverli. Senza mai critica né giudizio, ma con un abbraccio di premure e amorevoli raccomandazioni che solo persone di straordinaria sensibilità sanno dispensare (e ricevere).

Vi lasciamo all'intervista, sicuri che sarà di vostro gradimento [SM=g27823]

*** Prefazione, revisione e impaginazione a cura di Vincenzo Compierchio​ per MJFanSquare ***




TU SEI UN PITTORE E UN FOTOGRAFO. REALIZZI RITRATTI, FOTO DI PAESAGGI, SPETTACOLI E REPORTAGE. IL TUO TALENTO MI IMPRESSIONA. HAI SEMPRE FATTO ENTRAMBE LE COSE? E COME SEI RIUSCITO A COSTRUIRTI UNA VITA DA TUTTO CIÒ?

Sono molto contento di questa domanda, perché solitamente non ci domandiamo dove le cose cominciano.
Detto questo, ho cominciato da bambino con il disegno e la pittura. Sono approdato alla fotografia durante l’adolescenza, intorno ai 15 anni, tramite i corsi di fotografia del liceo.

La scoperta del mio talento nasce da una punizione: in seconda elementare la maestra mi punì perché giocavo con il mio compagno di banco durante la lezione. Quel giorno la maestra, che era una suora, mi vietò di giocare con i miei compagni di classe durante la ricreazione. Rimasi per quasi mezzora da solo in classe.

Non so il motivo, ma istintivamente presi in mano dei gessetti colorati e disegnai il volto di Gesù alla lavagna. Ricordo che era pieno di tratti artistici prematuri per un bambino di 5/6 anni che disegna per la prima volta. La maestra rimase impressionata: chiamò tutti i miei compagni e quelli delle altre classi, poi i genitori che alla fine della giornata venivano a prendere i propri figli. Insomma, dall’errore e la punizione alla scoperta e glorificazione di un talento. Fu la mia gioia ma anche la mia rovina.

Guadagnare col disegno e la pittura, oggi, è quasi impossibile. L’arte figurativa è elitaria, classista, quasi sempre snob e piena di cliché. La definizione d’artista e la quotazione di un’opera, oggi, dipendono più da come ti vendono che da cosa proponi.
Io coltivo l’arte figurativa quasi esclusivamente come strumento di comunicazione con me stesso. Una specie di terapia ed esorcismo dei miei fantasmi.

Con la fotografia è diverso. È l’arte del futuro, la più potente, creativa, immediata e plasmabile tra le arti figurative.
Come fotoreporter non guadagno cifre da milioni di euro, alti e bassi fanno parte del mio mestiere. Lavoro documentando eventi musicali, spettacoli, cerimonie, eventi culturali e di cronaca; ma non lo faccio in maniera narrativa, cerco sempre di cogliere un aspetto visionario e introspettivo delle cose: cogliere lo straordinario dall’apparente banale è il mio mestiere!


QUALI SONO STATE LE TUE ISPIRAZIONI DALL'INFANZIA FINO AD ORA?

Fin da bambino ho avuto paura dell’ovvietà e di tutto quello che porti al giudizio tramite le apparenze e i luoghi comuni. Questo timore mi ha sempre condotto a cercare ispirazioni non dirette.
Da bambino ero molto affascinato dai mondi lontani, impossibili ma probabili: gli anime giapponesi di carattere sentimentale/fantasy (Kimagure Orange Road, Creamy, Merveilleuse Creamy, Video Girl Ai…), il cinema americano fantasy e horror.
I miei miti erano Freddie Krueger e i Ghostbusters; sognavo di essere un membro dei Goonies e speravo di avere, un giorno, un vicino di casa come Jerry Dandridge, il vampiro di Fright Night.
Insomma, amavo l’occulto e l’inspiegabile, e la fantasia del cinema rendeva tutto ciò simpatico ed eroico.

Michael Jackson è stato il fulcro di ispirazione umana. Da piccolo volevo essere lui: il salvatore del mondo delle idee attraverso qualcosa di esaltante e colorato come la sua musica. Non sono mai stato un fanatico, ma ho letteralmente idolatrato il suo pensiero, tanto che la mia fede verso l’umanità e il mondo si basa sulle sue parole, scritte nei testi delle canzoni e negli atti di vita e umanitari che arricchiscono la sua biografia.
Michael mi ha dato la forza per credere che il dolore esiste ma la sofferenza la scelgo io: “Posso farcela perché mi amo” è la più grande sostanza di questa ispirazione.

Figurativamente Jackson è stata la mia più grande e vera fonte di fervore artistico: la sua immagine è un’icona da riprodurre come la più bella delle Madonne da studiare; la sua mente, il mondo più complesso e affascinante nel quale perdermi. In una società dei consumi come la nostra, che nessuno si scandalizzi se oggi i nuovi Santi, le nuove Madonne, sono miti e pagani divulgatori di messaggi universali come lui.




HAI AVUTO LA POSSIBILITÀ DI FOTOGRAFARE MOLTE STAR INTERNAZIONALI. MA COME FAN DI MICHAEL JACKSON, FOTOGRAFARLO È STATO UN ESERCIZIO PIÙ DIFFICILE O PIÙ FACILE, DATO L'AFFETTO CHE PROVAVI PER L'ARTISTA?

Fotografare Michael Jackson è stato il sogno e l’ambizione più estrema di ogni fotografo. Parliamo dell’artista più eclettico, immenso e popolare della storia dell’occidente e non solo. La mia fortuna nel poterlo fotografare ha rappresentato un privilegio che all’inizio mi ha disorientato. Temevo di non essere all’altezza della sua grandezza. Riconoscevo la sua immensità artistica e l’importanza mediatica e comunicativa di ogni istante vicino a lui.
Fotografarlo non è mai stato facile. Ogni volta avvertivo la fragilità della sua carica emotiva, trascinata e assorta nella condivisione universale. Ero sempre con gli occhi lucidi e pronto a piangere. Non parlo di coinvolgimento fanatico, ma di empatia. La consapevolezza di un sentimento non astratto e avvertito, ma plastico.

Ricordo ancora una sua conferenza stampa a New York nel febbraio 2000. Era il giorno di San Valentino e Michael aveva scelto quel giorno per discutere dei problemi dell’infanzia, senza tralasciare la sua.
Mentre folle isteriche elogiavano il suo dolore, come se oggi essere un bambino abusato fosse un premio, io mi preoccupavo di realizzare un servizio fotografico.
Quel giorno ho visto un Michael Jackson umano, credo l’abbiano visto in tanti; perso nella fragilità del suo fisico gracile e segnato dall’insoddisfazione del suo tempo. Occhi grandi, quasi disegnati, labbra serrate, un’infinita ombra sul suo volto scavato e nascosto sotto lunghe chiome nere. Non era il Michael di MTV, non era il fenomeno da palcoscenico, non era l’atmosfera dei Grammy Awards, che tante volte l’avevano fatto entrare nei guinness dei primati.

Per la prima volta, su quel palco, c’era un uomo stanco, che parlava al mondo come se stesse parlando al vento. Da quel giorno divenni più umano anch’io; cominciai a capire dall’interno come una leggenda vivente, la più grande icona Pop, fosse vittima di un sistema da lui stesso creato. Jackson aveva sempre perseguito e perseguitato l’impero artefatto e plastificato della società contemporanea, senza mai accontentarsi di quello che per qualsiasi artista potrebbe essere abbastanza.
Ricordo la difficoltà nel fotografarlo quel giorno. Non avevo davanti a me la più grande stella della musica contemporanea idolatrata da mezzo mondo; avevo davanti a me un uomo messo a nudo nelle proprie ferite emotive che chiedeva (anche a me) di essere preso sul serio. E l’ho fatto. Ma ogni volta è stato un dolore immenso, misto alla gioia di poter dire “io c’ero!”.

Rimane incorrotta la consapevolezza di come l’arte di Michael sconfini oltre le più immaginabili collisioni, democratizzando tutto e nulla, sulla falsariga della citazione al classico, dell’autocelebrazione esasperata; trasferito poi,
con il suo nome e la sua immagine, su tutto, in ogni contesto commerciale veicolo di visibilità, vendita, sdoganamento totale.
Con queste parole spero di aver spiegato perché quasi tutto il mio lavoro su Michael Jackson rimanga inedito. Lui non stava bene, c’era molto dolore in lui, non avrebbe apprezzato che certe foto lo rappresentassero a livello mondiale.
Una volta mi chiese se cortesemente potessi tenere per me le foto della “Heal The Kids Conference”; alcuni scatti li avevo pubblicati, capii la sua richiesta e misi nel cassetto quei negativi.




LO HAI ANCHE INCONTRATO PIÙ VOLTE. CI PUOI DIRE QUANDO E COME È SUCCESSO?

Ho avuto l’onore, il privilegio di conoscere Michael Jackson anni fa. Era il 1996, in occasione dei World Music Awards. Io ero ancora un adolescente, il classico quindicenne con tanti sogni e un unico grande mito; eppure potevo vantare già anni e anni di fede sincera per lui. Quel primo incontro fu fortuito, ci incontrammo dentro una cristalleria dove si apprestava a fare shopping. Lui notò un mio quadro e volle incontrarmi. Assaggiai, per la prima volta, il privilegio di poter vedere realizzato il più grande sogno della mia vita, riportandolo alla mia realtà. Non potevo crederci!
Fu lui a dirmi “Vieni, abbracciami”. Io gli risposi “Grazie Michael, ma c’è troppa folla, ho paura di farti male… Non ti chiedo nemmeno una foto”. Lui prese una foto che avevo fra le mani, l’autografò e mi disse “Non lo dimenticherò”. Mi strinse la mano mentre la security lo trascinava via. Quel primo incontro scivolò nel caos.
Negli anni successivi ho incontrato Michael diverse volte in diverse parti del mondo: Londra, Milano, Monaco di Baviera, New York, Los Angeles.


HAI AVUTO L'OPPORTUNITÀ DI MOSTRARGLI IL TUO LAVORO?

Certamente! La prima volta durante l’HIStory Tour, in occasione della tappa di Milano. Mi trovavo davanti all’hotel dove lui soggiornava; un uomo della security venne da me e mi disse “Michael ha visto il tuo disegno e lo vorrebbe. Puoi darmelo?”. Chiaramente gli risposi di sì. Dopo un paio d’ore quest’uomo tornò da me con una foto di Michael autografata e mi disse “Michael si scusa per non poterti ricevere ma in questo momento non è possibile. Mi ha detto di riferirti che il tuo modo di disegnare è molto materno e ti ringrazia”. Quello fu il primo contatto artistico con il Re del Pop.

La svolta avvenne nel 1999. Jackson riconobbe un mio disegno; avevo realizzato un ritratto di Michael riprendendo la cover del singolo di "Smile", con molti elementi contro il nazismo e il razzismo. Mi trovavo davanti all’hotel dove lui stesso alloggiava, in quel di Monaco di Baviera, in Germania. Michael chiese al suo Tour Manager di organizzare un incontro e, da lì a poche ore, il punto d’arrivo divenne un’informale, quanto incredibile chiacchierata tra due amanti dell’arte.
Quindici, forse venti minuti, io e Michael soli nella sua stanza a discutere della città, delle altre città, dell’arte, la sua, la mia, l’arte tutta. Entrambi gocce del Pop, lui figlio e sovrano, io suddito; avevo con me una raccolta di miei disegni dedicati a lui, glielo diedi e mi disse “Chi è l’artista che ha realizzato questi ritratti? Sei stato tu?”. Ero stato io, voleva autografarli, gli dissi che erano parte di un regalo per lui. Strinse a sé quei disegni e rimase in silenzio.

Mi domandò se mi creava imbarazzo il fatto che mi fissasse mentre parlavo. Risposi di si, lui rimase in silenzio. E allora cominciò a parlare di arte, domandandomi quali fossero i miei pittori preferiti, come creavo i miei disegni, cosa sentivo nel mio cuore quando la matita graffiava il foglio. Era tutto surreale, si erano invertiti i ruoli.
Quel giorno mi portò alla finestra e mi disse “Metti fuori la mano… Salutali”. Io non obbedii per timidezza, ma mossi la tenda e ci furono due o tre urla di delirio. “Vedi, non importa chi sia o come mi sento, basta che gli dai Michael Jackson, per molti va bene così”. “Giuseppi (con la “i”, non con la “e”), tu vai mai al supermercato?”. Dissi di si. “Bene, vacci più spesso, è una fortuna poter decidere cosa mangiare. E mangia, devi mangiare, da come disegni so che devi mangiare, è una promessa”.

Pur non capacitandomi di come uno sconosciuto potesse cogliere le mie fragilità da due o tre affermazioni sul mio processo creativo, gli promisi che lo avrei fatto. E mentii: qualche anno più tardi entrai in terapia per disturbi alimentari e anoressia. Forse quei disegni e la mia storia avevano detto tanto a Michael, e io stupido non avevo capito nulla.
Dopo quel giorno cominciai a lavorare per lui, impiegando le mie energie nella collaborazione artistica con uno dei maggiori Fan Club americani, l’unico autorizzato da lui.
Col passare del tempo, sono diventato sempre più una mosca sul muro quando c’era Michael nei paraggi; perché la bramosia di studiare e capire questo artista (che per me rimane un genio smisuratamente indiscutibile) superava ogni forma di fanatismo ed esaltazione.

Nel corso degli anni, fra il 2001 e il 2003, ci siamo sentiti raramente al telefono (era sempre lui a farlo, io non possedevo il suo numero). Le telefonate erano incentrate sull’arte; lui era schivo, non parlava quasi mai di se stesso e io non domandavo.
Voleva sapere cosa facessi durante le giornate, se mangiassi… Mi domandava “Hai comprato da mangiare?”. Io sapevo perché me lo chiedeva. Soccombevo nel silenzio perché non mi sono mai sentito pronto a dare un nome a certe stanze buie della mia vita; forse stanze analoghe alle sue più dolorose sfumature.

Un giorno mi disse: “Devi fare una scelta, o indossi una t-shirt con il mio viso e mi chiedi foto e autografo, o ti vesti per come sei e ti siedi vicino a me…”. Scelsi la seconda tra le due opzioni. Era il 2003, a ridosso della catastrofe più irrimediabile della storia di Michael. Da quel giorno non avrei più avuto alcuna testimonianza di me e lui, però avrei potuto godere di qualche attimo al suo fianco a Neverland e dell’onore di essere apprezzato da lui per il mio talento.




QUAL È LA COSA PIÙ IMPORTANTE CHE HAI IMPARATO DAI TUOI VARI INCONTRI CON LUI E CHE VUOI TRASMETTERE A COLORO CHE NON HANNO AVUTO QUESTA POSSIBILITÀ?

Da Michael ho imparato tante cose morali, la mia intera esistenza morale si basa sul suo pensiero. Non ho mai emulato le sue azioni per sentirmi simile a lui, ma ho fatto della sua vita uno strumento per analizzare e guardare me stesso, per capirmi ed essere una persona migliore.
Grazie a lui ho imparato che nella vita l’umiltà e la gentilezza sono le due armi più potenti per poter affrontare ogni male.
Ho imparato che l’ascolto è un dono che ci permette di scoprire e capire le diversità, così da poterne fare tesoro e arricchimento personale. Mi ha insegnato che la parola è più potente di una bomba atomica; ho capito grazie a lui che l’amore vero è incondizionato ed è così alto da fondersi con la fede (in qualcosa) fino a diventare il vero senso di tutta una vita.

Mi ha insegnato che le apparenze sono solo maschere e che mai e poi mai bisogna giudicare il prossimo. Mi ha insegnato che abbiamo tutti un cuore, anche quando gli eventi ci rendono cattivi; mi ha insegnato che l’amore è davvero l’unica cura a qualsiasi malattia dell’anima.
E ho capito che per cambiare il mondo devi avere fame, coltivare un frutto, raccoglierlo e condividerlo. E dopo avermi mostrato il significato vitale della fame, mi ha insegnato a non dimenticare mai di mangiare.
Se oggi sono quella bella persona che ascolta e aiuta e ama il prossimo, come dicono, lo devo anche e soprattutto a lui.


QUALE UNIVERSO VISIVO TI PIACEREBBE ESPLORARE SE OGGI AVESSI LA POSSIBILITÀ DI LAVORARE PER LUI?

Mi sarebbe piaciuto fare due cose con lui: la prima è realizzare un reportage fotografico di denuncia, nei luoghi dove la natura ha bisogno del nostro aiuto e dove la gente sta diventando invisibile per colpa della povertà e dell’indifferenza dei paesi ricchi; un po’ come i servizi di National Geographic o come le pubblicità di sensibilizzazione dell’Unicef.
Sono sicuro che la verità del creato e l’emergenza umanitaria - così affini al credo di Michael - sarebbero stati una grandissima fonte di spunti morali e artistici, e che gli sarebbero piaciuti.

La seconda è riproporre la storia dell’arte attraverso il foto-pittorialismo, utilizzare la macchina fotografica pensando all’immagine come una pittura e poi ritoccare lo scatto attraverso il disegno per dare al ritratto un aspetto più drammatico e surreale. Lo avrei fatto utilizzando il suo viso e il suo carisma, ricostruendo i grandi ritratti del XV e XVII secolo, secondo le metodologie e le intuizioni artistiche dei grandi maestri. Un ritratto di Michael secondo le linee sintetiche e mistiche di Leonardo Da Vinci o mediante la costruzione plastica e drammatica tipica della pittura sanguigna e viscerale di Caravaggio. Avrei voluto fare questo con lui, riproporre la grande storia dell’arte attraverso la mia arte e avendo come soggetto/musa l’emblema fisico e culturale dell’arte contemporanea (MJ, appunto).

Sono sicuro che entrambi i miei sogni sarebbero piaciuti a Michael, moralmente e artisticamente.




UN ANEDDOTO, MAGARI PER CONCLUDERE, SULLA COSA PIÙ PAZZA CHE HAI FATTO PER LUI COME FAN E FOTOGRAFO?

Di aneddoti ce ne sono tanti. Di cose pazze non credo di averne mai fatte, sono sempre stato concentrato sull’aspetto emozionale dei miei incontri con lui e ho lasciato poco spazio all’esuberanza del mito.
Però c’è un aneddoto che vorrei raccontarvi e che riguarda due tra i più grandi artisti del XX secolo: Michael Jackson e David Lynch.

Nel 2003 mi trovavo a Los Angeles e ho avuto l’ennesima occasione di incontrare Michael. Parlammo di cinema e mi chiese quale regista mi sarebbe piaciuto vedere in un suo video. Gli dissi che David Lynch, con le sue cupe indagini sulla natura umana e le sue sfumature morbose, era perfetto per uno short-film dai toni noir ed ermetici. Chiaramente sapevo
che Lynch aveva diretto il teaser di Dangerous, e ne dedussi che Michael stimasse il lavoro di Lynch. Sognando un autografo di entrambi, e pur avendo pattuito con Michael di non chiedergli mai autografi, portavo con me una foto che li ritraeva insieme.

Michael mi disse che non ricordava molto del commercial e io gli feci notare che su Internet qualche foto, forse due, si trovavano. Gli mostrai la foto, la guardò e disse “Ce ne sono altre?”. “No Michael, non credo. Però se vuoi le cerco”. Dove le avrei dovute cercare? Lui capì che ci tenevo molto a quella foto, così la prese e, camminando per la stanza, la autografò. Mi disse: “L’autografo è pessimo, hai un’altra copia?”; risposi di no, sorrise e con un altro pennarello fece scarabocchi e disegni sulla foto. Aggiunse: “Sono sicuro che non lo venderai mai… Anche se è veramente brutto”. Ci facemmo una risata. Ammetto che volevo morire, un autografo… E pure brutto! Ma va bene così.

Esattamente 10 anni dopo, 9 Ottobre 2013, ho lavorato con David Lynch per due giorni interi. Quale migliore occasione per completare l’opera!
Gli ho portato la foto e gli ho chiesto l’autografo. La guarda e mi dice “Sì, ricordo di aver fatto con lui il commercial per un suo disco. Ci sono foto di quel lavoro?”. Rispondo: “Signor Lynch, su internet ci sono parecchie foto di lei e il signor Jackson, sia del making del commercial che dello shooting fotografico”. Mi risponde stupito: “Non lo sapevo, non ho mai visto quelle foto in vita mia!”.
Gli do la foto e la autografa. Si sofferma sul volto di Michael, passa qualche secondo di silenzio, capisco che c’è un ricordo o un’emozione che sta maturando nella mente del regista. Poi mi dice: “Senza sogni non si va da nessuna parte. Anche se non si realizzano, i sogni sono una strada per la felicità. L’arte esorcizza il male. Quest’uomo ha vissuto di sogni e di arte fino alla fine”.

Rimasto senza parole, scosso, riprendo la foto e ripenso a quel giorno in cui Michael mi disse “Sono sicuro che non la venderai mai”. Tutto vero, una foto senza prezzo, un ricordo dal valore inestimabile.
Faccio una foto con David Lynch. Quella foto che non ho mai fatto con Michael ma che forse avrei dovuto fare. Ritorno al lavoro… Così va la vita.




Questo articolo è stato tradotto, rielaborato e impaginato dal "Michael Jackson FanSquare - MJJ.it" con il consenso esclusivo di Giuseppe Mazzola. Vietata la riproduzione, anche parziale, su altre piattaforme web. Tutti i diritti riservati.


[Modificato da dollarboy77 06/10/2016 13:41]
27/09/2016 18:47
 
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Molto interessante, Peppe ne ha davvero tantissime da raccontare sono molto curioso!

Darth-Ragiu. Postato 25 Giugno 2009. Ore 21.33

voglio vedere la gente che si strappa i capelli, ma dove siete????
l'avete capito che mancano 17 schifosissimi giorni???

Bubbles. Postato 28 Giugno 2009. Ore 23.40

uno dei post + tristi in assoluto! alle ore 21.33: a 2 ore circa dalla fine!
tutto polverizzato: un grumo d emozioni polverizzato in un solo colpo, un grumo di aspettative,
di ansie per l'evento per l'attesa dei biglietti, le emozioni per aver preso un biglietto, il conto alla rovescia,
insomma un piccolo istante(l'istante in cui si muore) ha cancellato settimane, mesi di emozioni.

Posts tratti dal thread: "Topic delle emozioni pre/cum/post concerto" di MJ Junior

27/09/2016 22:30
 
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[SM=g27836]
Queste si che sono cose veramente intessanti da leggere e sapere....
Seguirò questo topic sicuramente...
Un grazie in anticipo a Mangu per queste chicche.
27/09/2016 22:53
 
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Peppuzzo facce sognà!!
28/09/2016 11:06
 
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non avevo visto questo topic.... sono un pò timidamente imbarazzato (con fanciullesca emozione).
29/09/2016 09:23
 
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[SM=g27811] Grande Giuseppe

La musica è una sostanza pesante senza effetti collaterali. (Gigi D'Agostino)
29/09/2016 10:11
 
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Bellissima la foto in apertura del topic.
Un grazie anticipato per quello che hai deciso di condividere
Mangu [SM=g27811]


Aveva pensato che se gli esseri umani non si esercitavano in continuazione ad aprire e chiudere la bocca,
correvano il rischio di cominciare a far lavorare il cervello.
D.Adams

Il sarcasmo con certe persone è utile quanto lanciare meringhe ad un castello.
Terry Pratchett

29/09/2016 16:29
 
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Resto in attesa di sogno diventato realtà.

Di tutte le cose che farai la gente ricorderà solo le peggiori e se non le hai mai fatte le creerà dal nulla!
Michael Jackson

I love you more

La morte, per chi muore, è la fine di tutto; per chi resta è l'inizio del ricordo.
30/09/2016 01:12
 
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Non vedo l'ora di conoscere il contenuto dell'intervista rilasciata da Mangu, che ringrazio anticipatamente. [SM=x3072554]

02/10/2016 00:21
 
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Re:
Neverland1973, 27/09/2016 22.30:

[SM=g27836]
Queste si che sono cose veramente intessanti da leggere e sapere....
Seguirò questo topic sicuramente...
Un grazie in anticipo a Mangu per queste chicche.



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