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WATCH ME FLY (in corso). Rating: verde

Ultimo Aggiornamento: 03/04/2013 21:44
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01/07/2012 18:05
 
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Salve a tutti.Anche io mi sono decisa di scrivere una ff. Le altre purtroppo non le ho lette,ma saranno tutte bellissime. Devo ammettere che non sapevo proprio come cominciarla. In mente ho un sacco di idee tutte per lo sviluppo futuro.Spero non sia banale perchè a volte ho una fantasia troppo particolare. Buona lettura!!!

Capitolo primo

Santa Barbara-California 1992

Era una fresca mattina di inizio primavera. Nella piccola “casa famiglia” si respirava un’aria particolare. Nell’aria c’era…….agitazione.
“Allora ragazzi, mi raccomando, siate educati e non invadenti”.
Queste erano le raccomandazioni che la sig.na Stevens ,direttrice dell’istituto ,impartiva con una certa nota di rigidità ai suoi protetti da circa una settimana. Poi li osservò uno ad uno finchè non si fermò con un sospiro sconsolato su di uno spazio vuoto. Si voltò verso due istruttrici e chiese:
” Ebbene, dov’è stavolta Clara?”
Le due si scambiarono un’occhiata e alzarono le spalle.
“In giardino sul retro?!”
Così, miss Stevenson si diresse impettita al luogo ipotizzato e come da presentimento ,la ragazza era lì.
“Clara!!”gridò innervosita.
La giovane impegnata a dar da mangiare ad un suo caro amico uccellino, trovato tempo prima nel giardino, si voltò di scatto.
“Cosa combini qui quando noi siamo tutti in attesa del nostro ospite d’onore?” che sborserà fior di quattrini, aggiunse col pensiero.
“I-Io dovevo vedere come ogni mattina il mio amichetto e lasciargli come sempre qualche briciola degli sprechi della nostra colazione” . Al limite dello sconforto la signorina alzò gli occhi al cielo. "Tu e le tue trovate!"
Stufa cacciò con una manata l’uccellino dalla mano di Clara e afferrò la carrozzella spingendola verso la porta.
“Perché lo ha cacciato via così poverino?!”
“Invece di criticarmi dovresti ringraziarmi ,hai 28 anni e ancora ti tengo mentre potevo lasciarti alle badanti. Voglio rispetto ragazza!!”
Clara strinse i pugni sulle ginocchia e abbassò il capo. Avrebbe voluto piangere, come spesso le accadeva d’altronde. Lì dentro nessuno la capiva e neanche si era mai sforzato di farlo. Non era mai passato nessuno per lei. Spesso si sentiva dire che la causa era la sua condizione. La direttrice la condusse in fila con gli altri accanto a lei. Regnava un silenzio religioso che solo Clara ,persa nel suo mondo e nella tristezza non udiva. Ad un tratto , qualcuno suonò. Ricevuto il permesso di entrare si fece avanti un uomo possente vestito di scuro con un sacco colmo ed una valigetta. Scrutò lo spazio, si voltò all’esterno e fece un cenno .In quel momento si intravide sull’uscio una figura aggraziata oscurata dall’accecante luce del sole. La preside invitò al saluto. Tutti procedettero. Tutti tranne Clara che ebbe bisogno di una pacca sulla spalla per tornare presente. Alzò la testa e dovette socchiudere gli occhi per il bagliore .Quando li riaprì la figura era entrata e si era delineata. Ebbe un tuffo al cuore.
Dentro di sé esclamò: ”Meraviglia!”.
“Hi! I’ m Michael Jackson!” .
La signorina Stevenson si precipitò a dargli la mano e cominciò a fare tutti gli elogi del caso. Risultò grottesca e anche il famoso ospite doveva averlo capito perché gli si stampò sulle labbra un sorriso che nascondeva una risata. Si limitava a risponderle con “grazie”, ”è un onore” molto umili. Gli occhi di Clara erano illuminati. Ammirandolo sorrise. Cominciava a sentire qualcosa di speciale in quella persona che sapeva avere molta fama ma di cui mai si era interessata. Come parlava e come era perfettamente proporzionata e delicata la stava affascinando. In lei cominciò a scuotersi la curiosità. Voleva conoscerlo, capire chi era.
02/07/2012 09:07
 
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Posta il prossimo per sapere come farà a conoscere Michael e se riuscirà ad andarsene dall'istituto dove non riceve amore.
02/07/2012 21:05
 
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Ringrazio tutti coloro che hanno letto il mio primo capitolo e spero sia piaciuto. Ora senza perdermi in chiacchiere varie vi presento il secondo. Buona lettura!!

Capitolo secondo

Michael Jackson cominciò con il passare tra tutta la piccola folla ,composta, per le varie presentazioni. Clara lo seguiva con lo sguardò da solita osservatrice silenziosa che era ,porgere la mano e chiedere il nome. Quando stava per arrivare il suo turno però d’istinto chinò il capo e strinse i braccioli della carrozzella. Si sentiva imbarazzata, forse per la prima volta. Ora le era davanti.
Vide la sua mano e di getto la strinse e disse d’un fiato: ”Clara”. Alzò allora la testa sperando che fosse passato oltre ma rimase con il fiato sospeso. Se lo trovò inginocchiato. Sorrideva.
“Hai dei bellissimi occhi. È un peccato nasconderli.”
Avrebbe voluto rispondere anche i suoi ma in quel momento la signorina Stevenson si intromise.
“La scusi ma è fatta così. Su Clara stai dritta.”.
Clara la guardò storto.
“Forza, una sedia per il signor…”
“No grazie. Non ce n’è bisogno.” fece lui tornando in piedi.
Detto questo si posizionò sul pavimento. Si fece porgere dall’uomo che entrò per primo il sacco e rovesciò a terra il contenuto.
“Ecco, sono dei piccoli pensierini per voi. Prendete pure".
Sparsi qua e là vi erano giochi per i più piccoli e per i più grandicelli. Tutti si adoperarono per la scelta in un rigore che cominciava a vacillare. Alle istruttrici fu presentata invece la valigetta con il denaro. Non si fecero ripetere due volte di controllare il contenuto. Clara rimase al suo posto. Osservava stupita tanta generosità.
“ Te quanti anni hai Clara?” La domanda le arrivò improvvisa. Trasalì.
“Io 28”.
“ A, allora lei è un’ istruttrice? “
Clara scosse il capo. “No, sono anche io un'...accudita”.
“ Uhm….. mi spiace,per te però.. non ho nulla. Non so cosa..”
“Oh no, non si preoccupi! “
Michael Jackson si guardò intorno poi quando vide che tutti erano impegnati a godersi i doni le si avvicinò trasportandosi con le mani.
“ Da quanto sei qui?”
“Da sempre credo.”
“Quindi non hai mai visto i tuoi genitori.”
“No.”
Michael Jackson si tolse il borsalino che indossava e lo rigirò tra le mani. Sembrava essere divenuto pensieroso .Miss Stevenson che con la coda nell’occhio aveva seguito la scena richiamò l’attenzione del suo ospite invitandolo a fare un giro nell’edificio.
“Ne sarò felice” fu la risposta.
Si rivolse poi verso la ragazza e le sussurrò: “Appena tornerò vorrei continuare a conoscerti.”
Clara sorrise e annuì sicura con una punta di…felicità forse? Così tutti ricevettero l’ordine di congedarsi e tornare nelle proprie stanze lasciando che ad accompagnare fossero le istruttrici e la preside. Clara invece se ne restò lì in attesa. Avrebbe avuto un attimo per conoscerlo? Si sentiva quasi a disagio nel pensare che di lui sapeva solo l’essere un cantante.
[Modificato da chiarajackie 02/07/2012 21:06]
03/07/2012 14:34
 
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Ciao, la tua ff é interessante e scritta bene..brava!
Foxy
03/07/2012 15:20
 
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Conoscerà il suo lato umano che è dolce
04/07/2012 16:39
 
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Grazie per i commenti a Foxy e Streetwalker e a tutti quelli che la leggono. Sono felice che appreziate. Ci sto mettendo tutto il mio cuore per scriverla. Per me è una grande emozione scrivere di Michael. Ora non mi dilungo di più. Vi lascio alla storia. Buona lettura!!

Capitolo terzo

Dopo alcuni minuti tornarono nella sala. Michael Jackson guardò la ragazza e chiese il permesso di essere lasciati soli. Miss Stevenson si sorprese. Passò con lo sguardo dall’uno all’altra interrogandosi sul motivo di quell’insolita richiesta. Alla fine diede il suo accordo. Come poteva mancare di rispetto a qualcuno di così…..ricco?
“Vorrei solo parlare un po’ con lei.”
“C-certo! Fate pure. Noi andremo a svolgere le nostre mansioni intanto.”
Nelle parole della direttrice c’era un po’ di nervosismo. Sperava con tutta sé che Clara non iniziasse a raccontare cose strane. Le lanciò una delle sue occhiate gelide. Clara non si lasciò penetrare.
“Signor Jackson mi segua.” Disse una volta soli facendo strada.
“Dove andiamo?”
La vide dirigersi verso una porta sul retro dove ad un tratto si bloccò. Allora le andò incontro. C’era uno scalino che con fatica prese a superare. Gli venne la tentazione di aiutarla. Stava per afferrare i manubri della carrozzina quando dovette ripensarci. Ci era riuscita con una forza improvvisa.
“è bellissimo!” esclamò.
“Si lo so, ma dobbiamo andare dietro quell’albero!” e indicò un faggio secolare che formava un piccolo spazio tra esso e la cancellata ,coperta da siepi, che circondava l’edificio.
“Ma anche qui..”
“No, siamo osservati.”
“Da chi?”
Aggrottò la fronte. “Da loro- alzò la testa verso una finestra da cui si ritrassero appena miss Stevenson e le altre istruttrici- lo fanno sempre .”
Poi lo guardò e gli sorrise. “Lì dietro non potranno però!”
“Non c’è un buon clima in questo posto, dico bene?” disse Michael Jackson sistemandosi a terra addossato alla siepe.
Clara che gli era difronte dalla parte del tronco sospirò. “Non con me.”
“E perché?” chiese lui scuotendo il capo incapace di capire.
“Perché sono un peso .”
“Però tutte questo tempo….”
“Nello stesso momento sono anche una buona fonte! Ecco perché mi tengono.” Abbassò lo sguardo sulle gambe.
“ Di cosa?”
“Di soldi. Lo stato paga di più con me qui.”
L’espressione del suo interlocutore si fece disgustata. Anche lui prese a guardarsi le gambe che teneva incrociate.
“è una cosa orribile.”
Clara strinse gli occhi. “Perché io sono su questa stupida sedia da sempre. Nessuno mi è mai venuto a cercare, nessuno mi ha dato mai un briciolo di fiducia.” Ora cominciavano le lacrime. Il dolore di Clara aveva superato gli argini. Qualcosa le stava facendo vuotare il peso di tanti pianti trattenuti per lungo tempo. Inconsciamente il suo cuore si stava fidando di un’ estraneo. “Io non sono libera di fare nulla. Qui tutti mi guardano e additano. Se non ci fossero i bambini qui, sarebbe un incubo. Sono gli unici a cui non sembro strana.” Strinse i braccioli. “ Io sono solo uno strumento. Una macchina. Non servo a nulla. A volte invidio gli uccelli che sanno volare e non guardano mai male nessuno. E…” Si interruppe. Senti qualcosa fasciarle la testa. Aprì gli occhi. Michael Jackson la stava abbracciando.
“Da quanto tempo non piangevi.”
Clara si scostò. Si sentiva in imbarazzo.
“io..scusi..non..”
“Innanzitutto smettila di darmi del lei soprattutto dopo che mi hai rivelato così tanto. Poi..non devi scusarti.”
Gli sorrise. “Non volevo fare pietà.”
“Non hai fatto pietà. Ti sei solo sfogata. A volte serve qualcuno che ascolti. Lo so bene.Hai detto cose anche bellissime sai?”
Clara si asciugò gli occhi. “Sei una persona stupenda. Anche se non ti conosco bene. Lo sento.”
“Ma tu non sai chi sono?”
“No. È Grave?” Si sentì quasi pentita di averlo detto.
“Oh sì, moltissimo!” scherzò lui e si risedette. “Bene, allora è il mio turno. Sarò sintetico perché…come dire…è un po’ difficile dire tutto.”
Così passarono una mezz’oretta a raccontare. Michael le spiegò un po’ della sua vita. Del rapporto con il padre e del problema che aveva alla pelle.
“Tanto diversi non siamo vedi? Tutti abbiamo dei difetti.”
Clara era interessata e alternò risate a tristezza nel seguire il racconto. Poi venne il momento in cui Michael dovette ripartire. Rientrati però dopo averci pensato a lungo, mentre erano ancora soli, le si avvicinò.
“Ti faccio una promessa.” La guardò dritta negli occhi. “Ti porterò via di qui.”
Clara trasalì.
“Verranno a prenderti appena il mio tour sarà finito. A Dicembre prossimo. Ho una casa qui vicino. Sono sicuro che ti piacerà. “
A queste parole la giovane non sapeva se limitarsi a ringraziare o saltargli al collo. Optò per la prima scelta.
“Per ora però che rimanga tra noi.”
Lei annuì. In quel momento la sala si ripopolò. E dopo i saluti generali Clara lo vide sparire dentro una macchina. Ora anche lei sarebbe stata libera, perlomeno da quel posto.
Tutte le giornate faceva ipotesi e si immaginava in una nuova vita. L’attesa sarebbe stata lunga ma si convinceva che ne valeva la pena attendere. Michael era davvero una persona magnifica. Senza dubbi.
05/07/2012 16:36
 
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Finalmente quando Michael avrà finito il suo tour porterà via Clara e potrà conoscerlo meglio e ricevere l'affetto e l'amore che non aveva ricevuto stando nell' istituto
08/07/2012 19:49
 
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Ciao a tutte. Finalmente ho concluso il quarto capitolo. Vorrei scrivere ogni giorno ma purtroppo gli impegni e le pause di..riflessione non me lo consentono. Spero vi soddisfi. Buona lettura!!

Capitolo quarto

Il tempo passò in fretta. Finalmente quel Dicembre arrivò. Con sé portò i trent’anni di Clara e l’aumento della speranza che non si era affievolita neanche dopo un susseguirsi di strani fatti che erano circolati.

Clara era intenta ad aiutare a servire il pranzo delle istruttrici e della signorina Stevenson. Lo vide. “MICHAEL JACKSON GIVE MONEY TO EXCULPATE HIMSELF ABOUT MINOR ABUSE” scorreva in basso sullo schermo del televisore. Non poteva crederci. Si stava parlando dello stesso Michael Jackson che si era seduto lì a terra distribuendo doni? Lo stesso che l’aveva ascoltata e confortata? Assistendo incredula a quella notizia un piatto che stava per posare al tavolo le cadde finendo a terra in frantumi. “Clara!”. Ancora una volta era la voce di miss Stevenson a riportarla alla realtà. “Maldestra ragazzina guarda cos’hai combinato” le urlò. La ragazza aveva farfugliato delle scuse ma l’intransigente direttrice la obbligò ad andarsene nella sua camera. Clara si spostò veloce. Quell’ordine non lo aveva mai così tanto apprezzato. Voleva stare sola. Chiuse la porta alle sue spalle e restandole davanti guardò fuori dalla finestra. La sua mente era naufraga in mille pensieri. Era mai possibile ciò che aveva udito? “Certo che no!” “Sono tutte fandonie” Lei aveva visto bene come sorrideva, come si atteggiava. Aveva anche ascoltato un po’ della sua vita e in quelle parole aveva trovato una persona forse fragile, stravagante, ma dolce e umana. Avanzò verso il letto e facendo leva con le braccia sul materasso si portò sopra fino a sdraiarsi su un fianco. “Non è così-continuava a ripetere cercando di convincersi- stupidaggini da televisione”. Poi un sorriso. “Michael non ha fatto niente. “ disse decisa."Non devo dubitare!"

Natale era ormai alle porte quando Clara fu svegliata da Miss Stevenson di mattino presto in uno strano modo.
“Avanti Clara. Oggi è un grande giorno per te!”
Neanche nel giorno del suo compleanno aveva sentito parlare di” gran giorno”. La guardò interrogativa.
“Vieni forza tesoro!”
“Tesoro?!!?”
La aiutò con il vestirsi e a risedersi sulla sedia. Arrivarono nella sala all’ingresso . Seduto al tavolo accostato al muro vi era un uomo forse sulla cinquantina. La sua figura incuteva quasi soggezione.
“Clara, questo è Joan. È qui per adottarti.”
Lui le fece un grosso sorriso che sciolse per quell’attimo lo stile rigido.
Clara indietreggiò un po’. Sentì il mondo crollarle.
“Il signor Joan ha detto di averti visto una volta. Le sei subito sembrata simpatica.”
“M-ma non è…” Avrebbe voluto dire che non era affatto vero ma la frase le morì in gola trasformandosi in un nodo.
“Pensa, ha pagato subito, così oggi stesso potrai seguirlo.” Sul tavolino erano infatti posate due valigette contenenti del denaro.
“Piacere di conoscerti ragazza. Vedrai da me starai bene. “ e le accarezzò il capo affettuosamente.
Clara si sforzò di sorridere. “E Michael?” pensò. In cuor suo provava ora solo delusione. Il mese era quasi agli sgoccioli e di lui neanche l’ombra. Se il problema era ciò che poteva aver udito circa l’accaduto doveva stare tranquillo. In lei non era cambiato affatto il modo di considerarlo.In un attimo fu circondata da tutti i membri dell’istituto. Clara fingendosi felice decise di rassegnarsi al suo destino. Miss Stevenson le andò incontro quando era già sulla porta. La abbracciò, ma in quell’abbraccio non vi era calore. I suoi compagni invece la strinsero forte e lei provò con sua sorpresa nostalgia. Nostalgia di lasciare quei piccoli amici di sempre per andare con uno sconosciuto che se l’era comprata con l’inganno. Joan la sollevo poi dalla carrozzella per condurla in macchina. L’auto era una sorta di suv nero lucentissimo con i vetri oscurati. Clara fu sorpresa nel vedere le sue dimensioni. Le sembrava persino più grande dei pulmini usati per le uscite mensili che compivano di solito. La fece accomodare sul sedile posteriore che al tocco era morbido e confortevole, le allacciò la cintura e caricò nel portellone dietro la sedia. Entrò anche lui e si allontanarono dal cancello.
“Va tutto bene ragazza?”
Clara che guardava distratta il paesaggio che scorreva annuì solamente. Joan aggiustò allora lo specchietto sul tettino per guardarla. “Vedrai ti troverai bene”
“Da cosa lo deduce?” chiese alzando gli occhi al cielo.
“Lo so e basta. Vedrai.”
Dopo alcuni chilometri giunsero davanti ad un piccolo cancello che si spalancò. Agli occhi della ragazza apparve una villa immensa che somigliava quasi ad un castello. Intorno vi era un verde sconfinato. Joan la fece scendere aiutandola, poi la trasportò sino davanti ad una porta coperta da arbusti rampicanti. Qualcuno uscì. Gli occhi di Clara si fecero grandi e il cuore sembrò fermarsi. Sorrise.
08/07/2012 23:19
 
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Joan la porta da Michael. Nel prossimo vivrà a Neverland un posto da favola
12/07/2012 15:47
 
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Ciao! Il caldo mi stava fermando ma ora sono dinuovo quì. (Non mi ha sconfitta). Buona lettura!!

Capitolo Quinto

“MICHAEL!”
Lui era lì, sulla porta e in quel momento anche sul suo volto si stampò un sorriso. Vedendola corrergli incontro spalancò le braccia e si chinò un po’. Clara affondò il viso nella sua vita e strinse un pugno di stoffa della camicia convulsamente. Le lacrime le uscirono improvvise.
“Sentivo che avresti mantenuto la promessa anche se oggi non ci speravo quasi più!”
“Non avrei mai mentito. Sono felice che almeno tu hai continuato a credermi. “
Lo guardò in viso. “Lo so.”
“Mezzo mondo ormai” disse alzando le spalle rassegnato.
“E non nascondo che all’inizio ho avuto un bel da pensare. Ma non importa. “
“Grazie Clara.”
Intanto Joan si era fermato dietro di lei. “Scusate, vorrei posare la valigia della ragazza.”
Clara la guardò sbalordita. “La mia valigia? Ma non l’avevo.”
“Me l’ha lasciata miss Stevenson prima di salire in macchina.”
“Dovrai averla pagata proprio bene Michael!”
“Un po’. Con una così non potevo fare altrimenti.” Mise le mani in tasca e guardò in alto dondolandosi avanti e indietro.
Risero.
“Comunque, ora vieni, io e Joan ti mostreremo la casa.”
“Mi è venuto a prendere lui per motivi di privacy giusto?” provò ad indovinare Clara.
“Esatto. Non potevo fare altrimenti.” Si voltò ed entrarono.
Michael al comando la accompagnò per i tre piani spiegandole stanza per stanza. Al primo visitarono la sala maggiore piena di mobili semplici ma raffinati, quasi ottocenteschi. Poi la cucina e una stanza che lui chiamava “Receptions” perché lì si incontrava con ospiti di un certo livello. Musicisti per lo più. Poi salirono al secondo. Joan si offrì di prendere in braccio Clara per fare le scale, ma Michael lo fermò.
“Tu prendi la sedia, io la porto su. “
Il cuore di Clara sobbalzò. La sollevò delicatamente e la accostò a sé. Era estremamente imbarazzata ma le piaceva. Chiuse gli occhi per tutto la salita.
“Eccoci arrivati, grazie di aver viaggiato con noi” scherzò Michael.
Riaprì gli occhi di scatto e fu di nuovo al suo posto.
Lì le fece vedere le camere da letto. Ben sette.
“Questa è tua.” E le indicò una camera con un letto matrimoniale al centro . Sulla parete opposta alla porta vi era uno scrittoio marrone e una sedia rivestita in pelle. Un armadio, di un bianco anticato finiva di coprirla. Accanto al letto una porta conduceva ad un terrazzino.
“Che bella distesa verde!” esclamò Clara sbalordita osservando tra le grate il panorama.
“Bella vero? “
“è immensa. Sembra il parco delle meraviglie che vidi una volta in un libro.” Annusò poi l’arietta che sapeva di erba fresca appena annaffiata e tigli.” Finalmente una natura rispettata. Quella dell’istituto era un giardino curato una volta sì e cento no. Che tristezza.”
“Povera natura” sospirò Michael.
“Ma qui è tutto così magico!” L’espressione di Clara si fece giuliva.
“E lo diventa ancor di più quando arrivano i bambini a giocare. “
“Ah ,mi hai raccontato infatti della presenza a volte di piccoli visitatori a casa tua-si grattò il mento-ma non credevo avessero così tanto spazio.”
“Si chiama Neverland e questa è solo una piccola parte dello spazio. Tutt’intorno alla casa vi sono attrazioni. Avevi detto bene. È come un giardino delle meraviglie.”
Calò il silenzio.
“Ma-riprese-penso che sia tutto finito. Capisci il motivo no?”
Clara scosse il capo. “Non ci credo! Rinunci a tutto per una stupida causa. Non possono metterti al tappeto così. Michael io, dalla prima volta che ti ho visto, ho creduto subito di avere capito che tipo sei e non mi sono sbagliata.”
“Sono belle parole, ma non lo so.” Rientrò a testa bassa e Clara lo seguì. Joan era rimasto nella stanza e doveva aver capito cosa aveva il suo capo.
“Ora c’è da visitare l’ultimo piano.” Riprese un po’ di volontà. La risollevò ma stavolta non si godette il momento. Non riusciva a non pensare a ciò che covava la sua anima.
Entrarono in una biblio-videoteca enorme.
“è meravigliosa!”
“Qui potrai prendere quando vuoi i libri. Ti piace leggere non è così?”
“Oh se mi piace” Cercava di trattenere l’euforia che però fu ben visibile.
“Mi piace vedere che c’è ancora qualcuno in grado di stupirsi come un bambino.”
“Sì ma questa è la mia stranezza sai?”
“Anche la mia forse-sorrise- Ma strano non è.”
“Esatto!”
Visitarono poi una sala giochi e una sala piena di dipinti e ritratti anche di se stesso.
“Adoro l’arte in ogni sua forma. Non si vede vero?”
Clara si avvicinò ad uno di quei quadri. Raffigurava una ragazza somigliante alla Venere del Botticelli che se ne stava seduta ai piedi di un grande pesco e teneva su un dito un grazioso uccellino.
“Sembra il mio amichetto della ”Casa famiglia”.
“Ma tu guarda! Che sia un veggente?!” Posò una mano su un fianco e con il dito di quella opposta si indicò. Aveva assunto una buffa espressione interrogativa.
“é semplice ma il pittore ha dato un valore profondo. Complimenti” Allungò una mano e lo sfiorò appena.
“Ho dato lo stesso giudizio anche io”
Tornarono nella sala da cui erano partiti. La tavola era apparecchiata.
“Tra un po’ pranzeremo.”
“Se io non devo fare più nulla signore vado a controllare…” disse Joan.
“Ma non pranzi con noi?” chiese Clara.
“Sì dai, resta e…suvvia, abbandona per un po’ questa tua formalità!” aggiunse Michael.
“Ecco cosa manca!” esclamò poi dandosi una pacca sulla fronte. “ tu se vuoi proprio controlla Joan ,andiamo in un poso intanto”.
Così detto, si diressero in una stanza con finestroni per pareti piena di registratori e ogni qualsivoglia per fare musica. Al cento un pianoforte.
“Questo è il posto in cui creo le mie canzoni. O meglio, non creo nulla, attuo ciò che il cielo mi manda.”
“La tua musica.”
“Proprio così. Poi ti farò ascoltare qualche mia canzone…dal vivo. Ok?” le fece l’occhiolino.
“Certo, sarebbe bellissimo!”
Si stava guardando un po’ attorno. “Nulla a che vedere con la mia ex vita” Una nota di allegria le attraversò l’anima. Era come stare in una sorta di castello sfarzoso ma semplice nello stesso tempo. Nulla di più bello.
“Non potevo tralasciare questo. Ecco ora hai visto la casa, oggi faremo invece una gita quà fuori.Ti va?”
Clara annuì quando la sua attenzione si concentrò su una statua all’esterno di Peter Pan.”
“Bella vero?” le fece sporgendosi in avanti posando una mano sul bracciolo della carrozzella.
“Molto. È così realistica!”
“Adoro quella fiaba. La rileggerei o rivedrei mille volte.”
“Svelato anche il nome di questo posto.” Si illuminò lei.
“Perspicace la ragazza!”
Clara gli fece una linguaccia. Stava bene con lui, non credeva di avere il senso dell’ironia dopo tutto quel tempo di austerità.
Poi scorse in un angolo delle foto incorniciate. C’era lui da bambino, con qualche celebrità che aveva visto a volte in televisione.
“Quelli invece sono i miei fratelli e loro i miei genitori.”
“è vero, mi raccontasti un po’ anche della tua infanzia.” Una ruga le si disegnò in fronte.
“Andiamo a pranzo ora. Sarai affamata” disse all’improvviso per distoglierla da chissà quali brutti pensieri.
“Ha un grande cuore.” Concluse dentro di sé su quella esile donna che aveva introdotto nella sua vita. “Spero solo possa essere felice veramente con me”
“Andiamo Michael!” Si era già avviata e come una bambina non seguendola ora lo richiamava impaziente.
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